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Atrio gotico d'un antico castello; in fondo
cancello di ferro aperto, che mette in un bosco; a destra in
fondo torre con porta pratticabile; a sinistra, circa la metà,
una branca di scale che conduce nel palazzo di Corradino. Trofei
militari in marmo adornano l'atrio e due lapidi presentano
scritto l'una: 
        A CHI ENTRA NON CHIAMATO 
        SARÀ IL CRANIO FRACASSATO 
e I'altra: 
        CHI TURBAR OSA LA QUIETE 
        QUI MORRÀ Dl FAME E SETE 
Spunta il sole. Villani e villanelle con canestre di frutta ed erbaggi, ch'entrano pian piano condotti da Egoldo, indi Ginardo dalla scala con un gran mazzo di chiavi in mano.
CORO 
Zitti; nessun qui v'è: 
Possiam muovere il piè 
Con libertà. 
Gli erbaggi qui posiam, 
Guardiam, giriam, vediam 
Di qua, di là. 
EGOLDO 
Questo è il castello - Inaccessibile 
Dove comanda - Quell'uom terribile, 
Pazzo, pazzissimo, - Stravagantissimo, 
Che mai dai sudditi - Veder si fa, 
Che sempre armato - Sempre accigliato 
Con brusca faccia - Tutti minaccia 
E mai non seppe - Cosa è pietà. 
EGOLDO e CORO 
Oh! Che ridicolo! - Ah, ah, ah, ah, 
È un bel palazzo! - Che ve ne par? 
Già che siam soli - Vogliam guardare: 
Minutamente - Tutto osservare. 
Che bel!e cose! - Che rarità! 
GINARDO 
Chi va là? 
EGOLDO e CORO 
(aggruppandosi spaventati) 
Misericordia! 
GINARDO 
Chi vi guida a queste mura? 
Qui passeggia la paura 
Qui periglio è il respirar. 
(scende) 
Se all'intorno voi leggete 
Quella scritta sepolcrale, 
Su la testa sentirete 
Brontolarvi il temporale. 
Dove regna Corradino 
È il sepolcro ognor vicino, 
Meditate quel linguaggio 
Cominciate a palpitar. 
EGOLDO e CORO 
Siamo gente di villaggio 
Non sappiamo compitar. 
GINARDO 
(conduce i villani e legge) 
«A chi entra non chiamato 
Sarà il cranio fracassato» 
EGOLDO e CORO 
Bagattelle! 
GINARDO 
Non è niente. 
V'è di peggio. 
EGOLDO e CORO 
Eh!.. Peggio ancor? 
GINARDO 
(leggendo come sopra) 
«Chi turbar osa la quiete 
Qui morrà di fame e sete.» 
EGOLDO e CORO 
Sete! e fame... 
GINARDO 
Non è niente. 
V'è di peggio. 
EGOLDO e CORO 
Eh!.. Peggio ancor? 
GINARDO 
Il feroce Corradino, 
Odia il sesso feminino 
EGOLDO e CORO 
Veh! che bestia! 
GINARDO 
Belle o brutte, 
Se son donne le odia tutte. 
EGOLDO e CORO 
Tutte! Tutte? 
GINARDO 
Sì signor. 
È un leone, un orco, un diavolo, 
Ha di ferro in petto il cor. 
EGOLDO 
Questi frutti e questi erbaggi, 
Consueti nostri omaggi... 
Esce un servo che distribuisce delle monete ai villani e reca al palazzo i canestri. S'ode una campana.
EGOLDO e CORO 
Ah! che freddo batti-cuore! 
Che paura, che tremore! 
Che cosa è questa campana, 
Che don, don facendo va? 
GINARDO 
Chi ha prudenza si allontana, 
Ché il padrone scenderà. 
Se viene il Cerbero - Fioccano i guai 
I cuor più intrepidi - Farà gelar. 
E della grandine - Peggiore assai 
Le teste in aria - Sa far saltar. 
CORO 
Pianin pianissimo - Andiamo via 
Con il proposito - Di non tornar. 
Adesso aiutami, - Gambetta mia. 
Or s'ha da correr, - S'ha da volar. 
I villani e le villanelle in fretta partono con Egoldo.
GINARDO 
Vanno via come il vento. Eh! la paura 
Ai podagrosi ancor mette le penne. 
Ehi! Udolfo... Udolfo... 
(Viene Udolfo, cui consegna il mazzo di chiavi ritenendone
sola una.) 
Visita ed osserva 
I nostri prigionieri. 
Costui che venne ieri 
Di Don Raimondo Lopez 
Unico figlio, io stesso 
Adesso osserverò. Brusche parole, 
Rumor di chiavistelli, brutte faccie, 
Frasi orrende, minaccie: 
Ma, ciò ch'è il concludente: 
Fa' peraltro che lor non manchi niente. 
Udolfo s'inchina e torna nel palazzo;
Ginardo entra nella torre. 
Si ascolta un preludio di ghitarra spagnuola ad uso degli improvisatori; indi si ascolta di lontano Isidoro e poi si vede dal bosco avvanzarsi, cantando, nel castello.
ISIDORO 
«Intanto Erminia fra le ombrose piante 
D'antica selva dal cavallo è scorta 
Né già più regge il fren la man tremante 
E mezza quasi par...» Cosa m'importa? 
Ho una fame, una sete ed un freddo 
Che fra poco una mummia divento. 
Sto in divorzio coll'oro e l'argento 
Ed il rame veder non si fa. 
Biondo Apollo, bellissimo nume, 
Perché mai son sì barbari i fati; 
Che i poeti son tutti spiantati, 
E non trovan pagnotte o pietà? 
La miseria del volto patetico 
Si capisce da un quarto di miglio. 
Hanno sempre al comando poetico 
Il singhiozzo, il sospir, lo sbadiglio, 
E una fame... che fame eloquente! 
Ed in tasca non hanno poi niente... 
Ma peraltro alla fine del canto 
Grandi evviva!.. gran plausi!.. Ed intanto 
Manco un soldo! Già questo si sa. 
Ma questo castellano 
Sarà di larga mano; 
Don Isidoro, allegro, 
Preparati a scialar. 
Ginardo esce, chiude la porta della torre, ed accorgendosi d'Isidoro viene a lui correndo e gridando; indi Corradino.
GINARDO 
Chi siete? Che volete? Ah vi salvate; 
Che qui tutto è pericolo. 
ISIDORO 
E adesso dove svicolo! 
Ma perché ho da scappar? 
GINARDO 
Se Corradino 
Improvviso qui viene: 
Non vi resta più sangue nelle vene, 
ISIDORO 
Felicissima notte! 
GINARDO 
Ah! presto, andate. 
ISIDORO 
Ma come? Se le gambe 
Ballano la furlana, 
E il core ha la quartana? Invan ci provo; 
Vorrei far mille miglia e non mi muovo. 
GINARDO 
Presto, per carità. 
ISIDORO 
Vado, sì vado. 
GINARDO 
In tempo più non siete. 
Ecco qui Corradino. 
ISIDORO 
Oimè! Vorrei 
Fare a correr col vento: 
Ma mi vanno le forze in svenimento. 
Nel momento che Isidoro, tremando, tenta fuggire, comparisce Corradino con quattro armigeri in cima della scala, armato.
CORRADINO 
Alma rea! Perché t'involi? 
Fuggi invano i sdegni miei. 
L'ira mia provar tu dei, 
E cadermi esangue al piè. 
No, placarmi; no, calmarmi, 
Più possibile non è. 
ISIDORO 
Io... signore... 
CORRADINO 
Taci. 
GINARDO 
Taci. 
ISIDORO 
Dir... vorrei... che... 
CORRADINO 
Zitto. 
GINARDO 
Zitto. 
CORRADINO 
Il parlare anche è delitto 
A chi viene innanzi a me. 
GINARDO 
Il decreto là sta scritto. 
Più speranza no, non v'è. 
ISIDORO 
Tremo tutto. Ohimè! Son fritto! 
Chi mi presta un gabriolè? 
CORRADINO 
Di': chi sei? 
ISIDORO 
Don Isidoro. 
CORRADINO 
Nome molle, effeminato! 
ISIDORO 
Sessant'anni l'ho portato; 
Ma se vuol lo cambierò. 
CORRADINO 
Cosa fai? 
ISIDORO 
Faccio il poeta, 
Me lo legge scritto in fronte. 
Sono il nuovo Anacreonte. 
CORRADINO 
Ed a me chi ti mandò? 
ISIDORO 
In sua lode a cantar vengo 
O sonetti, o pur canzoni. 
CORRADINO 
Io non soffro adulazioni. 
ISIDORO 
Le sue belle io vuo' cantar. 
CORRADINO 
(con eccesso di collera) 
Le mie belle! 
GINARDO 
Che dicesti! 
ISIDORO 
(confuso) 
Le sue brutte. 
GINARDO 
Testa, addio. 
CORRADINO 
(investendo Isidoro con la lancia) 
Più non freno il furor mio 
Di mia man ti vuo' svenar. 
GINARDO 
Pagherai col sangue il fio 
Del tuo stolto vaneggiar. 
ISIDORO 
Ah! Si fermi, padron mio: 
Un po' più vorrei campar. 
CORRADINO 
(in atto di vibrare il colpo) 
Mori. 
ISIDORO 
Ah! no. 
Aliprando dalla scala, e detti.
ALIPRANDO 
Deh! V'arrestate. 
Empio vanto è un cor feroce. 
Sospendete il colpo atroce: 
Vi sorrida in sen pietà. 
Bella è l'ira in mezzo al campo 
Degli acciari al vivo lampo; 
Ma infierir contro un imbelle 
Questa è troppa crudeltà. 
CORRADINO 
(da sé) 
A ragion di sdegno avvampo 
Tenta invan trovargli scampo, 
Meditò quell'empio imbelle 
Qualche nera iniquità. 
GINARDO 
(da sé) 
Ah! Non so se trova scampo; 
Viene il tuono appresso al lampo. 
Sventurato quell'imbelle, 
Qui sua vittima cadrà. 
ISIDORO 
(da sé) 
È un portento se la scampo; 
Ho veduto in aria il lampo. 
Va a finir che la mia pelle 
Crivellata resta qua. 
CORRADINO 
(tirando a sé Aliprando e forzandolo ad osservare Isidoro)
Dottor, guarda che ceffo. 
È un assassino o spia. 
ISIDORO 
Ah! Di fisonomia 
Qui meglio è non parlar. 
CORRADINO 
Cioè? 
GINARDO 
Cioè? 
CORRADINO e GINARDO 
Rispondi. 
ISIDORO 
Conciosiacosaché 
Fra voi, fra lui, fra me 
Cera di galantuomini 
Qui non si può trovar. 
CORRADINO 
Ribaldo! Incatenatelo. 
Un armigero reca una catena e la pone ad Isidoro.
ISIDORO 
Perdono. 
CORRADINO 
Non ascolto. 
In carcere gittatelo. 
ALIPRANDO 
Pietà. 
CORRADINO 
Pietà non v'è. 
Di te no, non mi fido 
Tu piangi, io me la rido, 
Chi sa qual nera insidia 
Veniva a macchinar! 
Con quella faccia squallida, 
Mi fece il cor gelar. 
ISIDORO 
Credea dal mare infido 
Lieto saltar sul lido; 
Ma un improvviso vortice 
Già mi rimbalza in mar. 
ALIPRANDO 
(ad Isidoro) 
Voi compassion mi fate, 
No, no; non dubitate, 
Ruggir, sfogar lasciamolo; 
Io vi saprò salvar. 
GINARDO 
Andiam, marciam, che fate? 
Il passo accelerate. 
In un profondo carcere 
Venite a villeggiar. 
(brusco) 
Presto in carcere. 
ISIDORO 
(questionando con Ginardo, che lo afferra) 
Vengo... vengo... vengo, 
E perché tanta fretta? 
Dopo che son venuto per staffetta 
Per satollar le mie gloriose brame, 
(Vale a dire la fame!) 
Se in ferri a sbadigliare andar degg'io 
Ci voglio andare col comodo mio. 
CORRADINO 
(voltandosi improvvisamente, feroce) 
Presto: che si fa qui? Non son tranquillo, 
Se nol vedo in prigione. 
ISIDORO 
Altezza serenissima, ha ragione. 
(parte con due armigeri e Ginardo) 
ALIPRANDO 
Prence, Matilde, giovanetta figlia 
Dell'illustre Shabran, morto in battaglia, 
E a voi raccomandata 
Sul letto della gloria 
Da quel figlio immortal della vittoria, 
Vi domanda l'onore 
Di venir nel castello. 
CORRADINO 
Venga. Il padre 
Era un forte campion. Splendido alloggio 
Tu le prepara, o mio dottor; ma tremi 
Di presentarsi a me senza un mio cenno. 
Udisti? 
ALIPRANDO 
Udii. (Sta' pure allegro, o matto.) 
(esce dal castello) 
GINARDO 
(tornando) 
Prence, di Don Raimondo 
Il figlio prigionier, quando sull'alba 
Come imponeste voi, lo visitai 
Immerso in largo pianto lo trovai; 
Forse quel cor si cangia. 
CORRADINO 
A me lo guida. 
Ginardo apre la torre e vi entra.
Alfin questo superbo, 
Che osò per via di contrastarmi il passo, 
Cadde ne' lacci miei: quel folle orgoglio 
Pentito al piede io rimirar qui voglio. 
Ginardo conduce Edoardo incatenato fuori della torre, lo lascia con Corradino, indi entra nel palazzo.
EDOARDO 
Eccomi, e ognor lo stesso. 
CORRADINO 
E risolvesti? 
EDOARDO 
Disprezzarti per sempre. 
CORRADINO 
Oh! Quale ardire! 
EDOARDO 
Qual delirio crudel! 
CORRADINO 
Sai che son io 
Il fatal Cuor di ferro; e pur, se vuoi 
Prostrarti al piede mio, cessar vedrai 
Della tua schiavitù tutti gli affanni. 
EDOARDO 
Che io mi abbassi con te!.. Quanto t'inganni! 
Piange il mio ciglio è vero; 
Ma per viltà non piange. 
È ver, son prigioniero; 
Ma ti disprezzo ancor. 
Ché questa tua catena 
Solo la man mi frena; 
Ma non fa schiavo il cor. 
D'un tenero padre 
Pensando al dolore, 
In lagrime il core 
Sciogliendo si va. 
No: vile non sono, 
Non cerco perdono; 
Sospira quest'anima 
D'amor, di pietà. 
Si peni, si palpiti, 
Ma senza viltà. 
CORRADINO 
Se fra i paterni amplessi 
Tu brami ritornar, la via t'è nota; 
Chiamami vincitore un sol momento. 
EDOARDO 
Non compro a questo prezzo il mio contento. 
Tu vincitor, che armato 
Di lorica, di scudo, in me vibrasti 
La smisurata tua spada, mentr'io 
T'opposi il solo acciaro e il petto mio? 
Chi più grande di noi? Uomo feroce, 
Tu parli di valor? Tu che mi sfidi 
Per un stolto diritto, ed hai nel seno 
La sola crudeltà? 
CORRADINO 
Menti. Ginardo, 
Togli que' ceppi. 
Ginardo accorre, e fa cenno ad un armigero che tolga le catene ad Edoardo.
Dammi 
Fede di cavaliero, ed il castello 
Tua prigione sarà, finché non vuoi 
Prostrarti al domator di tanti eroi. 
EDOARDO 
Del dono che mi fai 
Abusar non saprò. Dal duolo oppresso 
Piangerò il padre e sarò ognor lo stesso. 
(entra nel castello) 
GINARDO 
Signor, del bosco per la via s'avvanza 
Matilde di Shabran col tuo dottore. 
CORRADINO 
Fuggasi un sesso infido, 
Che snerva la virtù. Sposo, danari, 
Io le darò. Del padre 
Adempir vuo' così l'ultima speme; 
Ma femmina e valor non stanno insieme. 
(entra nel castello seguito dagli armigeri) 
GINARDO 
Fa' pure il bell'umore 
Fino che dorme amore; 
Ma se si sveglia, e ognun lo sa per prova, 
L'avere un cor di ferro a nulla giova. 
(entra appresso a Corradino) 
Magnifica ed antica galleria nel palazzo di Corradino adorna di statue di antichi paladini. Porta in mezzo. Matilde entrando con Aliprando.
MATILDE 
Di capricci, di smorfiette, 
Di sospiri, di graziette, 
Di silenzi eloquentissimi, 
Di artifizi sublimissimi, 
Quali Armida l'inventò, 
O un poeta li sognò, 
Io ne ho tanta quantità... 
Corradin si piegherà, 
Al mio piè si prostrerà, 
Piangerà, sospirerà, 
Schiavo mio restar dovrà. 
ALIPRANDO 
Di minaccie, di fierezze, 
Di furori, di stranezze, 
Di decreti bizzarissimi, 
Di terrori orribilissimi, 
Quali un orso l'inventò, 
O un demonio li sognò, 
Ei ne ha tanta quantità... 
Corradin resisterà, 
A crollar ci penserà 
Fremerà, s'infurierà, 
E spavento vi farà. 
MATILDE 
Ma tu ridere mi fai. 
ALIPRANDO 
Quanto è fiero tu non sai. 
Egli è un uom d'un'altra pasta. 
MATILDE 
Io son donna, e tanto basta. 
ALIPRANDO 
Ah! Ragazza, ci scommetto 
Che avrai molto da penar. 
MATILDE 
Se riesce il mio progetto, 
Voglio farlo sdrucciolar. 
(passeggiando) 
Qual ti sembro? 
ALIPRANDO 
Assai vezzosa. 
MATILDE 
Il colore? 
ALIPRANDO 
È d'una rosa. 
MATILDE 
I miei labbri? 
ALIPRANDO 
Son rubini. 
MATILDE 
E questi occhi? 
ALIPRANDO 
Malandrini! 
MATILDE 
Il mio piede? 
ALIPRANDO 
Uh! Benedetto! 
MATILDE 
Il mio tutto? 
ALIPRANDO 
Un idoletto. 
MATILDE 
Il sorriso? 
ALIPRANDO 
Incantatore. 
MATILDE 
Il mio pianto? 
ALIPRANDO 
Spezza il core. 
MATILDE 
E non basta? 
ALIPRANDO 
Ancora no. 
Ah! Di ferro un cuore armato 
La natura a lui formò. 
MATILDE 
Medichetto mio garbato, 
Ci ho un segreto, e vincerò. 
ALIPRANDO 
(da sé) 
Ah! di veder già parmi 
Quel core all'ire avvezzo 
Armarsi di disprezzo, 
Di collera avvampar. 
(a Matilde) 
Combatti, o mia guerriera 
T'affretta a trionfar. 
MATILDE 
(da sé) 
Ah! di veder già parmi 
Quel core all'ire avvezzo 
Vinto dal mio disprezzo 
D'amore sospirar. 
(ad Aliprando) 
Largo alla gran guerriera: 
Io volo a trionfar. 
ALIPRANDO 
Sì, vezzosa Matilde, a voi confido 
Di Corradin la testa. A quel cervello 
E l'Etna e il Mongibello 
Hanno prestati i fumi. 
Stravaganti ha l'idee, pazzi i costumi. 
Non sa che cosa è amore, 
Recita da cannibale, 
Vanta di bronzo il cuore; 
Scolpita e disegnata 
Una femmina ancor gli dà molestia 
MATILDE 
Vale a dir che quest'uomo è una gran bestia. 
Senz'amore! E ancor vive? E come fa? 
Io, per me non lo credo in verità. 
Ma tu, caro dottore 
Come reggesti mai con questo matto, 
Giacché tale mi sembra al suo ritratto? 
ALIPRANDO 
Dirò: parla, sospira e quasi sogna 
Sempre guerre, battaglie, armi, ruine, 
Furor, carneficine, 
Inseguir, guerreggiar, porre in scompiglio 
Popoli e nazioni 
Per montagne, per valli e boschi e grotte 
Come sognava il quondam Don Chisciotte; 
Ma se gli duol la testa. 
Se prende un raffreddore, 
Diventa un cagnolin, corre al dottore. 
MATILDE 
E al!ora? 
ALIPRANDO 
E allor profitto 
Del felice momento 
E lo piego a mie voglie, o almen lo tento.. 
Adesso spero in te. 
MATILDE 
Vedrai. 
Ginardo e detti.
GINARDO 
Dottore, 
Prevedo un grand'imbroglio. 
Ferocissima in vista, e tutta orgoglio 
Vien la Contessa d'Arco. Ella ha saputo 
Di Matilde l'arrivo. 
Sputa veleno, e vuole 
Vederla, strapazzarla, 
Dal castello cacciarla. 
MATILDE 
A Matilde Shabran? Chi è mai costei? 
ALIPRANDO 
È una certa contessa 
Biliosa per natura, 
Cui fu promesso Corradino in sposo 
Per finire una guerra. Corradino 
Dette l'assenso, e il ritirò all'istante 
Per l'orrore invincibile 
Al sesso femminino, e si conchiuse 
Fra le famiglie allora, che in compenso 
Non avrebbe altra donna egli sposata 
Se non costei, ch'è matta spiritata. 
MATILDE 
Mentre a tutti si niega, a lei s'accorda 
Franco l'ingresso? 
ALIPRANDO 
Corradin ciò crede 
Disprezzo e non favor. 
GINARDO 
(guardando alla porta) 
Venir la sento. 
ALIPRANDO 
Pare un tono di marzo. 
GINARDO 
Non temete. 
ALIPRANDO 
Ci son io. 
GINARDO 
Ci son io. 
MATILDE 
Temer? Perché? 
Oh! venga pur, l'avrà da far con me. 
La Contessa d'Arco e detti; indi Corradino con sei armigeri.
CONTESSA 
(entrando e guardando Matilde con disprezzo) 
Questa è la Dea? Che aria! 
Povera scioccarella! 
MATILDE 
Piano: mi assorda il timpano. 
Più bassa la favella. 
ALIPRANDO 
Lontano il tuon già mormora. 
GINARDO 
Già scoppia la procella. 
CONTESSA e MATILDE 
Guardatela, guardatela. 
Oh che caricatura! 
La fece la natura 
E poi se ne pentì. 
GINARDO e ALIPRANDO 
(Si guardano, minacciano. 
Che ceffo! Che figura! 
E tengo gran paura 
Che non finisca qui.) 
CONTESSA 
Forse è colei cui preme 
Far la volata in su? 
MATILDE 
Forse è colei che teme 
Precipitare in giù? 
CONTESSA e MATILDE 
Ah! ah! mi vien da ridere; 
Ma compassion mi fa. 
La Venere del secolo 
Chi vuol vederla è là. 
GINARDO e ALIPRANDO 
(cercando di farle tacere; ma gridando ancor essi) 
Per carità, politica, 
O andate via di qua, 
Pestatevi, graffiatevi; 
Ma zitte per pietà. 
CORRADINO 
(entrando dal mezzo con seguito d'armigeri, che rimangono in
fondo) 
Che strepito è mai questo? 
Due femmine qui stanno? 
Le leggi mie si sanno: 
Chi mai l'osò sprezzar? 
CONTESSA 
Sai, Corradin, che t'amo. 
Mi desti la tua fede. 
Costei qua volse il piede; 
Comincio a sospettar. 
CORRADINO 
(a Matilde fierissimo con disprezzo) 
Ehi! Donna? 
MATILDE 
Uomo, che vuoi? 
CORRADINO 
Che altera! 
MATILDE 
Che villano! 
Vieni a baciar la mano; 
Mi devi corteggiar. 
CORRADINO 
(con rabbia) 
Ginardo! Presto i ferri: 
L'opprimi di catene. 
MATILDE 
Buffon! non fate scene, 
Venitevi a umiliar. 
CORRADINO 
A Corradin!.. Chi sei? 
MATILDE 
(con energia, ma non senza capriccio) 
Son donna, e tutto ho detto. 
Portatemi rispetto, 
O ve la fo pagar. 
CONTESSA 
E non la fa svenar? 
GINARDO e ALIPRANDO 
S'imbroglia assai l'affar. 
CORRADINO 
E non mi so sdegnar! 
(con meraviglia di sé stesso, guardandoIa sempre) 
Dallo stupore oppresso 
Ignoto incanto io provo. 
Ricerco invan me stesso, 
Me stesso in me non trovo: 
Mi si trasforma l'anima, 
Sento cangiarmi il cor. 
MATILDE, GINARDO e ALIPRANDO 
Dallo stupore oppresso 
Ignoto incanto ei prova. 
Ricerca invan sé stesso, 
Sé stesso non ritrova: 
Gli si trasforma l'anima, 
Sente cangiarsi il cor. 
CONTESSA 
Da' miei sospetti oppressa 
Il mio furor rinnovo. 
Cerco calmar me stessa, 
Ma calma non ritrovo: 
Sento che m'arde l'anima, 
Ho mille furie in cor. 
Signor, men vado o resto?
CORRADINO 
(con freddo disprezzo) 
Indifferente io sono. 
(a Matilde) 
Vieni a cercar perdono. 
MATILDE 
Anzi, tu il chiedi a me. 
CORRADINO 
A te?.. 
(a Ginardo) 
Catene. 
GINARDO 
(per partire) 
Io volo. 
CORRADINO 
T'arresta... sì... no... 
MATILDE 
(con tuono di leggerezza) 
Andate. 
Venite, incatenate 
La mano, il collo, il piè. 
CONTESSA 
Superba! 
GINARDO 
Audace! 
CORRADINO 
Zitti. 
ALIPRANDO 
Troppo è l'ardir. 
CORRADINO 
Tacete. 
(dopo aver pensato un istante, consegnando Matilde ad
Aliprando) 
In guardia voi l'avrete. 
Vita per vita io do. 
MATILDE 
(sotto voce, in modo che il dottore la senta, mentre Corradino
passeggia smanioso e sospira) 
Che io fugga ha già timore. 
L'amico già sta in gabbia. 
In debole furore 
Già terminò la rabbia. 
Da' tempo, e a poco, a poco 
S'accrescerà quel fuoco. 
(Mi guarda di soppiatto, 
Sospira come un matto. 
Oh! Quanto è mai ridicolo! 
Amor già lo molesta, 
Amor il cor gli rosica, 
Amor gli fa la festa. 
Tenetelo, legatelo; 
O ai pazzi se ne va.) 
CORRADINO 
(Più non intendo affatto. 
Sospiro come un matto: 
M'oscillano le arterie, 
Mi rotola la testa; 
Mi sento in petto un mantice, 
Nel sangue una tempesta; 
E sottosopra il cerebro 
Cosa pensar non sa.) 
GINARDO e ALIPRANDO 
(La guarda di soppiatto, 
Sospira come un matto. 
La vampa del Vesuvio 
Gli bolle nella testa. 
Nel petto tiene un timpano, 
Che batte e non s'arresta. 
Trema, vacilla e palpita 
Già è pazzo per amor.) 
CONTESSA 
(La guarda di soppiatto, 
Sospira come un matto. 
La vampa del Vesuvio 
Gli bolle nella testa. 
Nel petto tiene un timpano, 
Che batte e non s'arresta. 
La gelosia mi lacera; 
Ma il cor vendetta avrà.) 
Corradino parte con gli armigeri seguito da
Aliprando. 
Matilde, Contessa e Ginardo.
CONTESSA 
Alla Contessa d'Arco un tale oltraggio! 
Ombre degli avi miei, deh! m'ispirate 
Contro questa donnetta 
Strepitosa e tremenda aspra vendetta 
MATILDE 
Non incommodi gli avi, 
Mia vezzosa fanciulla; 
Ché tanto non fa nulla. Ci vuol altro 
Che gente morta ad ottener vittoria. 
Io sto nel campo, e mia sarà la gloria. 
CONTESSA 
Giuro ai quindici secoli 
Della mia nobiltà. 
MATILDE 
Giuro alla mia 
Decisa volontà. 
GINARDO 
Giuro alle sbarre 
E a tutti i chiavistelli 
Delle dodici torri. 
CONTESSA 
Che vincerò. 
MATILDE 
Che perderà. 
GINARDO 
Che in gabbia 
Andrete tutte e due. 
CONTESSA 
Di Corradino 
Io la sposa sarò. 
MATILDE 
Forse sì, forse no. 
CONTESSA 
Son tutta fuoco. 
MATILDE 
Ed io son tutta gelo. 
GINARDO 
Ma tacete: 
Prudenza, per pietà. 
CONTESSA 
Io di prudenza 
Sono il vero modello. Addio, sguaiata. 
(parte) 
MATILDE 
Malizia, fatti onore. 
(parte) 
GINARDO 
Oh! Chegiornata! 
(parte) 
Armigeri, indi Corradino pensoso, poi Aliprando.
CORO PRIMA PARTE 
Che ne dite? 
CORO SECONDA PARTE 
Pare un sogno! 
TUTTO IL CORO 
Una donna cosa fa! 
Al padrone poverello 
Il cervello se ne va! 
Fece il fiero il bell'umore, 
Si rideva dell'amore, 
Tutto altero; 
Ma gli eroi tutti poi 
Come noi han da cascar. 
Stiamo il pazzo a contempiar. 
CORRADINO 
Corradino dov'è? Come in un punto 
Il mio cor si cangiò. Di vena in vena 
Serpeggiando mi va rapido, immenso, 
Un torrente di fuoco e ghiaccio insieme. 
Chi vince il vincitor de' vincitori? 
Chi mi rovescia a terra? Ite, volate, 
Aliprando cercate, io più non reggo! 
Io mi sento morir. Presto, Aliprando. 
ALIPRANDO 
(Il leone ha la febre.) Ah, mio signore. 
CORRADINO 
Vieni, vieni dottore 
Senti qui... Senti qui... 
(gli fa toccare li polso ed il cuore) 
Tutte le arterie 
Mi rimbalzano... in petto 
Ho una smania... un incendio... un gelo... invano 
Tento di prender fiato 
Aliprando... Aliprando... io son cangiato. 
ALIPRANDO 
(Tanto meglio per noi.) 
CORRADINO 
Ma tu non parli? 
ALIPRANDO 
Che volete da me? 
CORRADINO 
Che mi guarisci. 
ALIPRANDO 
Da qual male? 
CORRADINO 
Nol so. 
Soffro, ognor soffro, 
Altro dirti non so. 
ALIPRANDO 
Misera voi, 
Altezza serenissima! Tremendo 
Fatale, immedicabile 
È il male, il male orrendo, 
Che sul cor vi piombò. 
CORRADINO 
Spiegati, dimmi: 
Come si chiama il male, 
Che mi scese nel core? 
ALIPRANDO 
È il terror de' mortali. È il mal d'amore. 
CORRADINO 
D'amore! 
ALIPRANDO 
Altezza sì, male profondo, 
Ed antico nel mondo. 
CORRADINO 
D'amore! Ed è un mal grande? 
ALIPRANDO 
Se bramate 
Conoscerne la storia, m'ascoltate. 
Giove un dì fremendo in collera 
Per le colpe del mortale, 
Il complesso d'ogni male 
Volle al mondo regalar. 
Prese gelo, prese fuoco, 
Zolfo, arsenico e spavento, 
Lungo duol, breve contento, 
Il sospiro, il batticuore, 
E compose il mal d'amore, 
E sull'uomo il fe' piombar. 
La terzana e la quartana, 
E ogni male il più rubello 
Si cavarono il cappello, 
Ed amore salutâr. 
E diceano sottovoce: 
Qui non val sanguigna o china, 
Non si trova medicina 
Che lo possa rimediar. 
Lo precede la speranza, 
Il timore l'accompagna, 
Sempre trema, ognor si lagna, 
E in delirio spesso va. 
Per lui fu visto un Ercole 
Filar come una donna: 
Fe' gorgheggiare Achille 
Col busto e colla gonna; 
Troia mandò in faville, 
Persepoli crollò. 
Voi compassion mi fate, 
Povero mio signore; 
Ma questo mal d'amore 
Io rimediar non so. 
È un mal che fa i cervelli 
Girare e rigirar; 
E al fine ai pazzarelli 
Fa l'uomo terminar. 
Corradino solo, indi una guardia, poi Isidoro fra sei armigeri.
CORRADINO 
Amor!.. Non è possibile. Sarebbe 
Un qualche sortilegio? E chi potrebbe 
Essere il negromante? Ah! sì: colui... 
Quell'Isidoro. Guardie: a me si rechi 
Quell'arrestato di stamane. Il core 
Ben se n'avvide alla fisonomia. 
Questa è pur troppo una fattucchieria! 
ISIDORO 
(Ride. Farà buon tempo.) 
Isidoro si avanza tremante; ma s'incoraggisce vedendo che Corradino gli fa buon viso.
CORRADINO 
Guarda. 
ISIDORO 
Dove? 
CORRADINO 
Osserva gli occhi miei: 
Vedi nulla? 
ISIDORO 
Negli occhi?.. Non saprei. 
E che devo vedere? 
CORRADINO 
Un tradimento. 
ISIDORO 
Dentro gli occhi? 
CORRADINO 
Sì; guarda: 
È tutta opera tua. 
ISIDORO 
Cosa? 
CORRADINO 
Quel foco 
Che mi bolle nel seno. 
ISIDORO 
Opera mia! 
CORRADINO 
Pur troppo! I miei tesori 
Si apriranno per te. Piastre, dobloni 
Ti pioveranno intorno. 
ISIDORO 
Non li fate cascar. 
CORRADINO 
Ma dimmi, narra: 
Chi ti mandò? Da chi mi viene il colpo? 
E come l'hai compito? Se non parli 
Da dieci de' miei cani 
Ti fo stracciare a brani, e su le piaghe 
Farò colar zolfo bollente: udisti? 
ISIDORO 
Udii; ma non capisco. 
CORRADINO 
Ancor resisti? 
ISIDORO 
Io no. 
CORRADINO 
Dunque mi spiega. 
ISIDORO 
Ma che cosa? 
CORRADINO 
Non farmi adesso il pazzo. 
ISIDORO 
(Ma guardate chi parla! Si potrebbe 
Giocare a chi l'è più.) 
CORRADINO 
Guardie, venite. 
Gli armigeri con le lancie investono Isidoro.
Copritelo di lancie a me d'innante, 
E uccidete a un mio cenno il negromante. 
ISIDORO 
Misericordia! Negromante! Altezza... 
CORRADINO 
O mi salva, o sei morto. 
ISIDORO 
Vi salverò. Che male avete? 
CORRADINO 
Amore. 
ISIDORO 
Che brutto male! È meglio 
Una sincope a freddo. 
Ginardo e detti, indi Matilde.
GINARDO 
Altezza, immersa 
In doloroso pianto, 
Matilde di Shabran chiede parlarvi. 
CORRADINO 
Matilde!.. E piange? 
GINARDO 
Al pianto suo dirotto 
Pianse ancora il dottor; ma d'irritarvi 
Ebbe qualche timore. 
CORRADINO 
Ah! Tiranno dottore! 
Forse un mostro son io? 
ISIDORO 
(Poco ci manca.) 
CORRADINO 
Venga... Venga Matilde. 
GINARDO 
Ma di venirvi innanzi 
Teme non ottener da voi perdono. 
CORRADINO 
(riprende l'asta e lo scudo) 
L'avrà; che venga. 
ISIDORO 
(E il negromante io sono!) 
CORRADINO 
(ad Isidoro) 
Or tu pensa a guarirmi. 
ISIDORO 
A questo penso. 
CORRADINO 
E la salute mia speri vicina? 
ISIDORO 
Purché dica di sì la mia dottrina. 
MATILDE 
(avvanzandosi tremante e piangente; ma non senza un poco di
vezzo) 
Signor, vi offesi: è ver Sul ciglio espresso 
Vedete il mio dolor. 
CORRADINO 
Tu piangi? 
MATILDE 
E come 
Il mio pianto frenar? L'anima mia 
Sognò un sorriso... un nettare... un incanto; 
Ma l'orfanella di Shabran... Matilde, 
È degna di pietà... Fu tutto un sogno. 
CORRADINO 
E che sognasti? 
MATILDE 
Ah! no. 
CORRADINO 
Lo voglio: parla. 
ISIDORO 
(Parlerà, parlerà.) 
MATILDE 
L'armi, i trofei, 
Gli armigeri, la stessa 
Aria marzial che qui si spira, in petto 
M'infiammarono il cor. Vi vidi... Ah! mai 
Non t'avessi veduto, 
Caro oggetto e fatal!.. Altezza, ah! no, 
Non vi sdegnate. È degli Dei la colpa 
Che v'impressero in volto 
Un non so che di grande, che rapisce, 
Che seduce e innamora... Ah! che mai dissi? 
CORRADINO 
Ah! segui... 
MATILDE 
No: non posso. 
(casca) 
Per sempre addio. Fu tutto un sogno. 
CORRADINO 
No, fermati. - Ginardo? 
(nel volgersi fissa gli occhi in Isidoro) 
Costui cosa fa qui? 
ISIDORO 
Sto in sentinella. 
CORRADINO 
Torni in carcere. 
GINARDO 
(chiamando) 
Guardie! 
CORRADINO 
Va' tu stesso, 
E lo vigila tu. 
GINARDO 
Or dunque andiamo. 
(Restiamo ad osservar.) 
(piano ad Isidoro) 
(Ah cuor di ferro, 
Io ti vedo in gran rischio.) 
ISIDORO 
(piano a Ginardo) 
(La commedia vedrem del merlo al vischio.) 
Isidoro e Ginardo rimangono celati dietro le
colonne. 
Corradino e Matilde; Ginardo ed Isidoro nascosti.
CORRADINO 
(da sé, nell'eccesso dell'interno contrasto) 
(Decidersi bisogna. 
Congedarla convien. Ogni suo detto 
Di cento e cento spade 
Mi penetra assai più.) 
MATILDE 
(da sé ridendo di furto) 
(Povero sciocco! 
In men d'un quarto d'ora 
Ti voglio giù.) 
CORRADINO 
(tremante) 
Matilde... 
(Ah! mi manca il coraggio.) 
ISIDORO 
(sotto voce, con pietà caricata) 
Pover'uomo! 
Ti vedo, e non ti vedo. 
GINARDO 
(ad Isidoro, ponendogli la mano alla bocca) 
Zitto. 
CORRADINO 
(confuso ed agitato) 
Voi... 
Cioè... voglio dir... io... (Che stato orrendo!) 
Perché... 
MATILDE 
No, no; tacete: intendo, intendo. 
(con finto eccesso di disperazione) 
Ah! Capisco: non parlate. 
Tutto intesi. - Che farò? 
Muto ancor mi fulminate. 
Voi volete? - Io partirò. 
CORRADINO 
(ondeggiando fra il volere e non volere) 
Non partir... Sì vanne, vola. 
No... Sì, parti. Arresta il piè. 
(Ah! se resta, il cor m'invola.) 
Corri, fuggi via da me. 
ISIDORO 
(Cento affetti nel suo cuore 
Stanno intanto a martellar.) 
GINARDO 
(Ma il martello dell'amore 
Farà il cuore in due spezzar.) 
MATILDE 
Dunque addio. Per sempre addio. 
Gel di morte il cor mi serra. 
(bacia piangendo la mano a Corradino) 
Questa man, che i forti atterra, 
Del mio pianto io vuo' bagnar. 
CORRADINO 
Ciel! Tu piangi!.. Tu!.. Che assalto! 
Non partire. Ah! no: ti arresta. 
L'alma, il senno, il cor, la testa 
Io mi sento ribaltar. 
CORRADINO 
(Di quel pianto al nuovo incanto 
Sento l'alma sfavillar.) 
MATILDE 
(Del mio pianto al nuovo incanto 
È vicino ad impazzar.) 
GINARDO e ISIDORO 
(Resta infranto da quel pianto, 
Già vicino è ad impazzar.) 
CORRADINO 
Cara, quel tuo sembiante 
L'alma mi mette in fuoco! 
MATILDE 
Voi siete principiante: 
Pazienza: a poco a poco. 
CORRADINO 
Ma... 
MATILDE 
Con la spada e l'asta 
Parlar d'amor mi vuoi? 
CORRADINO 
(gitta spada ed asta) 
Un sol tuo cenno basta; 
Amano ancor gli eroi. 
MATILDE 
Scostati, se mi tocchi 
Quel ferro orror mi fa. 
CORRADINO 
(gitta lo scudo) 
Ebben si toglierà. 
MATILDE 
Tu vuoi cavarmi gli occhi 
Con quelle penne là. 
CORRADINO 
(gitta l'elmo) 
L'elmo levato è già. 
GINARDO e ISIDORO 
(Signori, chi vuol trappole 
Lo spaccio eccolo qua.) 
CORRADINO 
Mercé ti chiedo, o cara. 
GINARDO e ISIDORO 
(Già marcia di galoppo.) 
MATILDE 
Prima ad amarmi impara. 
Pretendo, e non è troppo. 
CORRADINO 
(con entusiamo) 
Debellerò provincie. 
Farò sparir gli eserciti... 
MATILDE 
Questo per me non fa: 
Amore io voglio, amore, 
Clemenza e umanità. 
CORRADINO 
Parla, ed avrai, lo giuro. 
Dammi la man. 
MATILDE 
Ma piano; 
Le donne... altrui la mano 
Non usan dar così. 
CORRADINO 
Come? 
MATILDE 
Che so. 
GINARDO e ISIDORO 
(Che volpe! ) 
CORRADINO 
Spiegati... 
MATILDE 
Non saprei... 
CORRADINO 
Ma... forse... 
MATILDE 
(montando sullo scudo e sull 'asta) 
A' piedi miei... 
CORRADINO 
(si precipita a' piedi di Matilde, che lo contempla e lo
rialza) 
A' piedi tuoi son già. 
MATILDE 
Matilde tua sarà. 
MATILDE e CORRADINO 
Piacere egual gli Dei 
Non ponno immaginar. 
L'anima mia tu sei, 
Te solo/a voglio amar. 
GINARDO e ISIDORO 
Io rido come un matto, 
Amor lo canzonò. 
Se rido piano io schiatto, 
Frenarmi più non so. 
(si avanzano per goder meglio la scena, ma sorpresi da un
improvviso rollo di tamburo fuggono) 
Corradino e Matilde; indi subito Aliprando. Si ascolta una campana a martello, ed un improvviso rollo di tamburo.
CORRADINO 
Qual fragor? 
ALIPRANDO 
Signor... 
(osservando le armi di Corradino a terra) 
(Che vedo! 
Fece Amore il grand'effetto.) 
CORRADINO 
Parla: dimmi... 
ALIPRANDO 
(stupito e maravigliato) 
(A me non credo.) 
CORRADINO 
Via ti sbriga: vuoi parlar? 
ALIPRANDO 
Ah! Signor, signor correte, 
D'Edoardo viene il padre, 
Alla testa delle squadre 
Il suo figlio a ricercar. 
CORRADINO 
Il suo figlio ei cerca? Oh folle? 
ALIPRANDO 
Egli a' piedi è già del colle. 
CORRADINO 
E gli armigeri? 
ALIPRANDO 
Son pronti. 
CORRADINO 
Saprò i stolti far tremar. 
MATILDE 
Di mia man ti voglio armar. 
ALIPRANDO 
(da sé) 
Come mai lo fe' cascar! 
Partono.
Atrio del castello. 
S'ode il suono d'una marcia guerresca, e nel momento che Edoardo si aggira smanioso per la scena, escono gli armigeri in armi marciando in silenzio e si schierano in fondo guidati da Rodrigo, indi cantano.
EDOARDO 
Smarrito, dubbioso, - Al suono di guerra, 
Sospiro e non oso - Richieder perché. 
M'agghiaccia, m'attera - Un freddo sospetto; 
Mi palpita il petto - Vacilla il mio piè. 
CORO e RODRIGO
Marciamo, marciamo - Gli scudi battiamo. 
Si vada, si corra - Si voli a pugnar. 
Nel cuor de' superbi - S'immerga la spada. 
Si corra, si vada - Nel campo a trionfar. 
EDOARDO 
Smarrito, dubbioso, - Al suono di guerra, 
Sospiro e non oso - Richieder perché. 
M'agghiaccia, m'atterra - Un freddo sospetto; 
Mi palpita il petto - Vacilla il mio piè. 
RODRIGO 
Marciamo, marciamo - Gli scudi battiamo. 
Si vada, si corra - Si voli a pugnar. 
Nel cuor de' superbi - S'immerga la spada. 
Si corra, si vada - Nel campo a trionfar. 
EDOARDO 
Ma dite... 
CORO 
Si corra. 
EDOARDO 
Parlate. 
CORO 
Marciamo. 
EDOARDO 
Sentite. 
CORO 
Battiamo. 
EDOARDO 
Andate. 
CORO 
A pugnar. 
Dal castello escono Corradino seguito da Matilde, un paggio che reca le armi di Corradino, indi subito Ginardo ed Aliprando armati, in mezzo a cui Isidoro vestito con vecchia armatura, lunga spada al lato, bandiera in mano, chitarra dietro le spalle, ed al fianco rotolo di carte e gran calamaio con penne; poi la Cantessa.
GINARDO 
Altezza, guardate... 
ALIPRANDO 
Venir lo lasciate. 
GINARDO e ALIPRANDO 
Poeta di corte - Ei fatto s'è già. 
ISIDORO 
Il vostro Isidoro - Nel rischio crudele 
Con gamba fedele - Seguir vi potrà? 
Per scriver la storia, - Le fughe, le rotte, 
Le piaghe, le botte - Contando verrà. 
CONTESSA 
(con ismania a Corradino) 
Ah! Prence! Che pena! - Col pianto sul ciglio!.. 
Di Marte il periglio - Gelare mi fa. 
CORRADINO 
(prima alla Contessa, indi ad Isidoro, poi alla Contessa e a
Matilde, indi scorgendo Edoardo) 
Tu cessa... tu vieni - Che noia!.. mia vita! 
Oh gioia infinita - Tuo padre cadrà. 
EDOARDO 
Mio padre! Deh lascia - Ch'io voli al suo fianco. 
M'opprime l'ambascia - Mi sento mancar. 
MATILDE 
(con interesse innocente) 
Quel pianto deh mira... 
CORRADINO 
(con trasporto geloso) 
Infida, tu l'ami? 
MATILDE 
(come sopra) 
Il padre sospira. 
CORRADINO 
(come sopra) 
Mi fai sospettar. 
CONTESSA 
(Geloso sospira! - Mi vuo' vendicar.) 
MATILDE, CONTESSA, CORRADINO, EDOARDO, ISIDORO, GINARDO, ALIPRANDO e RODRIGO
Oh come mai quest'anima/quell'anima 
Sfavilla in un momento! 
Tutta in tempesta l'agita, 
L'idea d'un tradimento, 
Di vena in vena sentesi/sentomi 
Che si dirama un fuoco, 
E tutto a poco a poco 
Mi sembra in fiamme andar. 
Matilde pone l'elmo, lo scudo e la spada a Corradino e gli dà la lancia.
MATILDE 
Vanne, pugna: trionfante ritorna; 
Ma ricordati d'essere umano; 
T'armo io stessa di propria mia mano, 
E se vuoi volo al campo con te. 
CORRADINO 
(a Matilde) 
Tu qui resta, disponi, comanda. 
(come sopra, sotto voce) 
(Guai per te se tradirmi pensasti. 
Sai chi sono, ci pensa e ti basti.) 
(ad Edoardo) 
Alla torre riporta il tuo piè. 
CONTESSA 
(Egli l'ama. Vendetta m'accende.) 
MATILDE 
(Gelosia lo divora, e ne tremo.) 
EDOARDO 
(Forse è il padre dei giorni all'estremo!) 
CONTESSA, MATILDE, EDOARDO e CORRADINO
(Gelo, avvampo: non sono più in me.) 
TUTTI fuori d'ISIDORO 
Come allor, che dall'erte pendici 
Gorgogliando vien l'onda giù a basso, 
Mal s'oppone a quell'impeto un sasso, 
Che travolto, aggirato in un vortice 
Rotolando precipita giù. 
Alla piena di affanni, di smanie, 
Il cervello smarrito s'aggira, 
Salta, sviene, s'infuria, delira, 
Calma cerca; ma calma non trova; 
No, la pace per lui non è più. 
CORRADINO, GINARDO, ALIPRANDO, CORO
e RODRIGO 
Che si tarda? Si voli al cimento: 
Il mio/suo sdegno più freno non ha 
Trabalzato qual polvere al vento 
L'inimico a' suoi/miei piedi cadrà. 
CONTESSA, MATILDE ed EDOARDO 
Lento, lento un secreto tormento, 
L'alma in seno straziando mi va, 
Trabalzata qual polvere al vento 
La mia testa più posa non ha. 
ISIDORO 
(animando i soldati e facendoli porre in ordine di marcia per
andare alla battaglia) 
Dritti, lesti, da bravi, coraggio; 
Che fra i sassi si arriva alla gloria. 
Come canta il cantore di maggio, 
Cantar voglio la vostra vittoria, 
Patatim, patatam, patatum! 
A menare ciascuno sia pronto, 
Sia la mano pesante e sdegnosa, 
Delle gambe tenete gran conto, 
E il morire sia l'ultima cosa; 
Perché i morti non campano più. 
Che si tarda? Si voli al cimento, 
La mia febre calmarsi non sa. 
(piano da sé) 
(Ma nel caso fo a correr col vento: 
La mia gamba l'eguale non ha.) 
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