Atto primo

Scene 1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 | 9 | 10 | 11 | 12 | 13 | 14 | 15



Atrio gotico d'un antico castello; in fondo cancello di ferro aperto, che mette in un bosco; a destra in fondo torre con porta pratticabile; a sinistra, circa la metà, una branca di scale che conduce nel palazzo di Corradino. Trofei militari in marmo adornano l'atrio e due lapidi presentano scritto l'una:
        A CHI ENTRA NON CHIAMATO
        SARÀ IL CRANIO FRACASSATO
e I'altra:
        CHI TURBAR OSA LA QUIETE
        QUI MORRÀ Dl FAME E SETE


Scena prima

Spunta il sole. Villani e villanelle con canestre di frutta ed erbaggi, ch'entrano pian piano condotti da Egoldo, indi Ginardo dalla scala con un gran mazzo di chiavi in mano.

CORO
Zitti; nessun qui v'è:
Possiam muovere il piè
Con libertà.
Gli erbaggi qui posiam,
Guardiam, giriam, vediam
Di qua, di là.

EGOLDO
Questo è il castello - Inaccessibile
Dove comanda - Quell'uom terribile,
Pazzo, pazzissimo, - Stravagantissimo,
Che mai dai sudditi - Veder si fa,
Che sempre armato - Sempre accigliato
Con brusca faccia - Tutti minaccia
E mai non seppe - Cosa è pietà.

EGOLDO e CORO
Oh! Che ridicolo! - Ah, ah, ah, ah,
È un bel palazzo! - Che ve ne par?
Già che siam soli - Vogliam guardare:
Minutamente - Tutto osservare.
Che bel!e cose! - Che rarità!

GINARDO
Chi va là?

EGOLDO e CORO
(aggruppandosi spaventati)
Misericordia!

GINARDO
Chi vi guida a queste mura?
Qui passeggia la paura
Qui periglio è il respirar.

(scende)
Se all'intorno voi leggete
Quella scritta sepolcrale,
Su la testa sentirete
Brontolarvi il temporale.

Dove regna Corradino
È il sepolcro ognor vicino,
Meditate quel linguaggio
Cominciate a palpitar.

EGOLDO e CORO
Siamo gente di villaggio
Non sappiamo compitar.

GINARDO
(conduce i villani e legge)
«A chi entra non chiamato
Sarà il cranio fracassato»

EGOLDO e CORO
Bagattelle!

GINARDO
Non è niente.
V'è di peggio.

EGOLDO e CORO
Eh!.. Peggio ancor?

GINARDO
(leggendo come sopra)
«Chi turbar osa la quiete
Qui morrà di fame e sete.»

EGOLDO e CORO
Sete! e fame...

GINARDO
Non è niente.
V'è di peggio.

EGOLDO e CORO
Eh!.. Peggio ancor?

GINARDO
Il feroce Corradino,
Odia il sesso feminino

EGOLDO e CORO
Veh! che bestia!

GINARDO
Belle o brutte,
Se son donne le odia tutte.

EGOLDO e CORO
Tutte! Tutte?

GINARDO
Sì signor.
È un leone, un orco, un diavolo,
Ha di ferro in petto il cor.

EGOLDO
Questi frutti e questi erbaggi,
Consueti nostri omaggi...

Esce un servo che distribuisce delle monete ai villani e reca al palazzo i canestri. S'ode una campana.

EGOLDO e CORO
Ah! che freddo batti-cuore!
Che paura, che tremore!
Che cosa è questa campana,
Che don, don facendo va?

GINARDO
Chi ha prudenza si allontana,
Ché il padrone scenderà.

Se viene il Cerbero - Fioccano i guai
I cuor più intrepidi - Farà gelar.
E della grandine - Peggiore assai
Le teste in aria - Sa far saltar.

CORO
Pianin pianissimo - Andiamo via
Con il proposito - Di non tornar.
Adesso aiutami, - Gambetta mia.
Or s'ha da correr, - S'ha da volar.

I villani e le villanelle in fretta partono con Egoldo.

GINARDO
Vanno via come il vento. Eh! la paura
Ai podagrosi ancor mette le penne.
Ehi! Udolfo... Udolfo...
(Viene Udolfo, cui consegna il mazzo di chiavi ritenendone sola una.)
Visita ed osserva
I nostri prigionieri.
Costui che venne ieri
Di Don Raimondo Lopez
Unico figlio, io stesso
Adesso osserverò. Brusche parole,
Rumor di chiavistelli, brutte faccie,
Frasi orrende, minaccie:
Ma, ciò ch'è il concludente:
Fa' peraltro che lor non manchi niente.

Udolfo s'inchina e torna nel palazzo; Ginardo entra nella torre.

Scena seconda

Si ascolta un preludio di ghitarra spagnuola ad uso degli improvisatori; indi si ascolta di lontano Isidoro e poi si vede dal bosco avvanzarsi, cantando, nel castello.

ISIDORO
«Intanto Erminia fra le ombrose piante
D'antica selva dal cavallo è scorta
Né già più regge il fren la man tremante
E mezza quasi par...» Cosa m'importa?

Ho una fame, una sete ed un freddo
Che fra poco una mummia divento.
Sto in divorzio coll'oro e l'argento
Ed il rame veder non si fa.

Biondo Apollo, bellissimo nume,
Perché mai son sì barbari i fati;
Che i poeti son tutti spiantati,
E non trovan pagnotte o pietà?

La miseria del volto patetico
Si capisce da un quarto di miglio.
Hanno sempre al comando poetico
Il singhiozzo, il sospir, lo sbadiglio,

E una fame... che fame eloquente!
Ed in tasca non hanno poi niente...
Ma peraltro alla fine del canto
Grandi evviva!.. gran plausi!.. Ed intanto
Manco un soldo! Già questo si sa.

Ma questo castellano
Sarà di larga mano;
Don Isidoro, allegro,
Preparati a scialar.

Scena terza

Ginardo esce, chiude la porta della torre, ed accorgendosi d'Isidoro viene a lui correndo e gridando; indi Corradino.

GINARDO
Chi siete? Che volete? Ah vi salvate;
Che qui tutto è pericolo.

ISIDORO
E adesso dove svicolo!
Ma perché ho da scappar?

GINARDO
Se Corradino
Improvviso qui viene:
Non vi resta più sangue nelle vene,

ISIDORO
Felicissima notte!

GINARDO
Ah! presto, andate.

ISIDORO
Ma come? Se le gambe
Ballano la furlana,
E il core ha la quartana? Invan ci provo;
Vorrei far mille miglia e non mi muovo.

GINARDO
Presto, per carità.

ISIDORO
Vado, sì vado.

GINARDO
In tempo più non siete.
Ecco qui Corradino.

ISIDORO
Oimè! Vorrei
Fare a correr col vento:
Ma mi vanno le forze in svenimento.

Nel momento che Isidoro, tremando, tenta fuggire, comparisce Corradino con quattro armigeri in cima della scala, armato.

CORRADINO
Alma rea! Perché t'involi?
Fuggi invano i sdegni miei.
L'ira mia provar tu dei,
E cadermi esangue al piè.
No, placarmi; no, calmarmi,
Più possibile non è.

ISIDORO
Io... signore...

CORRADINO
Taci.

GINARDO
Taci.

ISIDORO
Dir... vorrei... che...

CORRADINO
Zitto.

GINARDO
Zitto.

CORRADINO
Il parlare anche è delitto
A chi viene innanzi a me.

GINARDO
Il decreto là sta scritto.
Più speranza no, non v'è.

ISIDORO
Tremo tutto. Ohimè! Son fritto!
Chi mi presta un gabriolè?

CORRADINO
Di': chi sei?

ISIDORO
Don Isidoro.

CORRADINO
Nome molle, effeminato!

ISIDORO
Sessant'anni l'ho portato;
Ma se vuol lo cambierò.

CORRADINO
Cosa fai?

ISIDORO
Faccio il poeta,
Me lo legge scritto in fronte.
Sono il nuovo Anacreonte.

CORRADINO
Ed a me chi ti mandò?

ISIDORO
In sua lode a cantar vengo
O sonetti, o pur canzoni.

CORRADINO
Io non soffro adulazioni.

ISIDORO
Le sue belle io vuo' cantar.

CORRADINO
(con eccesso di collera)
Le mie belle!

GINARDO
Che dicesti!

ISIDORO
(confuso)
Le sue brutte.

GINARDO
Testa, addio.

CORRADINO
(investendo Isidoro con la lancia)
Più non freno il furor mio
Di mia man ti vuo' svenar.

GINARDO
Pagherai col sangue il fio
Del tuo stolto vaneggiar.

ISIDORO
Ah! Si fermi, padron mio:
Un po' più vorrei campar.

CORRADINO
(in atto di vibrare il colpo)
Mori.

ISIDORO
Ah! no.

Scena quarta

Aliprando dalla scala, e detti.

ALIPRANDO
Deh! V'arrestate.
Empio vanto è un cor feroce.
Sospendete il colpo atroce:
Vi sorrida in sen pietà.

Bella è l'ira in mezzo al campo
Degli acciari al vivo lampo;
Ma infierir contro un imbelle
Questa è troppa crudeltà.

CORRADINO
(da sé)
A ragion di sdegno avvampo
Tenta invan trovargli scampo,
Meditò quell'empio imbelle
Qualche nera iniquità.

GINARDO
(da sé)
Ah! Non so se trova scampo;
Viene il tuono appresso al lampo.
Sventurato quell'imbelle,
Qui sua vittima cadrà.

ISIDORO
(da sé)
È un portento se la scampo;
Ho veduto in aria il lampo.
Va a finir che la mia pelle
Crivellata resta qua.

CORRADINO
(tirando a sé Aliprando e forzandolo ad osservare Isidoro)
Dottor, guarda che ceffo.
È un assassino o spia.

ISIDORO
Ah! Di fisonomia
Qui meglio è non parlar.

CORRADINO
Cioè?

GINARDO
Cioè?

CORRADINO e GINARDO
Rispondi.

ISIDORO
Conciosiacosaché
Fra voi, fra lui, fra me
Cera di galantuomini
Qui non si può trovar.

CORRADINO
Ribaldo! Incatenatelo.

Un armigero reca una catena e la pone ad Isidoro.

ISIDORO
Perdono.

CORRADINO
Non ascolto.
In carcere gittatelo.

ALIPRANDO
Pietà.

CORRADINO
Pietà non v'è.

Di te no, non mi fido
Tu piangi, io me la rido,
Chi sa qual nera insidia
Veniva a macchinar!
Con quella faccia squallida,
Mi fece il cor gelar.

ISIDORO
Credea dal mare infido
Lieto saltar sul lido;
Ma un improvviso vortice
Già mi rimbalza in mar.

ALIPRANDO
(ad Isidoro)
Voi compassion mi fate,
No, no; non dubitate,
Ruggir, sfogar lasciamolo;
Io vi saprò salvar.

GINARDO
Andiam, marciam, che fate?
Il passo accelerate.
In un profondo carcere
Venite a villeggiar.

(brusco)
Presto in carcere.

ISIDORO
(questionando con Ginardo, che lo afferra)
Vengo... vengo... vengo,
E perché tanta fretta?
Dopo che son venuto per staffetta
Per satollar le mie gloriose brame,
(Vale a dire la fame!)
Se in ferri a sbadigliare andar degg'io
Ci voglio andare col comodo mio.

CORRADINO
(voltandosi improvvisamente, feroce)
Presto: che si fa qui? Non son tranquillo,
Se nol vedo in prigione.

ISIDORO
Altezza serenissima, ha ragione.
(parte con due armigeri e Ginardo)

ALIPRANDO
Prence, Matilde, giovanetta figlia
Dell'illustre Shabran, morto in battaglia,
E a voi raccomandata
Sul letto della gloria
Da quel figlio immortal della vittoria,
Vi domanda l'onore
Di venir nel castello.

CORRADINO
Venga. Il padre
Era un forte campion. Splendido alloggio
Tu le prepara, o mio dottor; ma tremi
Di presentarsi a me senza un mio cenno.
Udisti?

ALIPRANDO
Udii. (Sta' pure allegro, o matto.)
(esce dal castello)

GINARDO
(tornando)
Prence, di Don Raimondo
Il figlio prigionier, quando sull'alba
Come imponeste voi, lo visitai
Immerso in largo pianto lo trovai;
Forse quel cor si cangia.

CORRADINO
A me lo guida.

Ginardo apre la torre e vi entra.

Alfin questo superbo,
Che osò per via di contrastarmi il passo,
Cadde ne' lacci miei: quel folle orgoglio
Pentito al piede io rimirar qui voglio.

Scena quinta

Ginardo conduce Edoardo incatenato fuori della torre, lo lascia con Corradino, indi entra nel palazzo.

EDOARDO
Eccomi, e ognor lo stesso.

CORRADINO
E risolvesti?

EDOARDO
Disprezzarti per sempre.

CORRADINO
Oh! Quale ardire!

EDOARDO
Qual delirio crudel!

CORRADINO
Sai che son io
Il fatal Cuor di ferro; e pur, se vuoi
Prostrarti al piede mio, cessar vedrai
Della tua schiavitù tutti gli affanni.

EDOARDO
Che io mi abbassi con te!.. Quanto t'inganni!

Piange il mio ciglio è vero;
Ma per viltà non piange.
È ver, son prigioniero;
Ma ti disprezzo ancor.

Ché questa tua catena
Solo la man mi frena;
Ma non fa schiavo il cor.

D'un tenero padre
Pensando al dolore,
In lagrime il core
Sciogliendo si va.

No: vile non sono,
Non cerco perdono;
Sospira quest'anima
D'amor, di pietà.
Si peni, si palpiti,
Ma senza viltà.

CORRADINO
Se fra i paterni amplessi
Tu brami ritornar, la via t'è nota;
Chiamami vincitore un sol momento.

EDOARDO
Non compro a questo prezzo il mio contento.
Tu vincitor, che armato
Di lorica, di scudo, in me vibrasti
La smisurata tua spada, mentr'io
T'opposi il solo acciaro e il petto mio?
Chi più grande di noi? Uomo feroce,
Tu parli di valor? Tu che mi sfidi
Per un stolto diritto, ed hai nel seno
La sola crudeltà?

CORRADINO
Menti. Ginardo,
Togli que' ceppi.

Ginardo accorre, e fa cenno ad un armigero che tolga le catene ad Edoardo.

Dammi
Fede di cavaliero, ed il castello
Tua prigione sarà, finché non vuoi
Prostrarti al domator di tanti eroi.

EDOARDO
Del dono che mi fai
Abusar non saprò. Dal duolo oppresso
Piangerò il padre e sarò ognor lo stesso.
(entra nel castello)

GINARDO
Signor, del bosco per la via s'avvanza
Matilde di Shabran col tuo dottore.

CORRADINO
Fuggasi un sesso infido,
Che snerva la virtù. Sposo, danari,
Io le darò. Del padre
Adempir vuo' così l'ultima speme;
Ma femmina e valor non stanno insieme.
(entra nel castello seguito dagli armigeri)

GINARDO
Fa' pure il bell'umore
Fino che dorme amore;
Ma se si sveglia, e ognun lo sa per prova,
L'avere un cor di ferro a nulla giova.
(entra appresso a Corradino)

Scena sesta

Magnifica ed antica galleria nel palazzo di Corradino adorna di statue di antichi paladini. Porta in mezzo. Matilde entrando con Aliprando.

MATILDE
Di capricci, di smorfiette,
Di sospiri, di graziette,
Di silenzi eloquentissimi,
Di artifizi sublimissimi,
Quali Armida l'inventò,
O un poeta li sognò,
Io ne ho tanta quantità...
Corradin si piegherà,
Al mio piè si prostrerà,
Piangerà, sospirerà,
Schiavo mio restar dovrà.

ALIPRANDO
Di minaccie, di fierezze,
Di furori, di stranezze,
Di decreti bizzarissimi,
Di terrori orribilissimi,
Quali un orso l'inventò,
O un demonio li sognò,
Ei ne ha tanta quantità...
Corradin resisterà,
A crollar ci penserà
Fremerà, s'infurierà,
E spavento vi farà.

MATILDE
Ma tu ridere mi fai.

ALIPRANDO
Quanto è fiero tu non sai.
Egli è un uom d'un'altra pasta.

MATILDE
Io son donna, e tanto basta.

ALIPRANDO
Ah! Ragazza, ci scommetto
Che avrai molto da penar.

MATILDE
Se riesce il mio progetto,
Voglio farlo sdrucciolar.
(passeggiando)
Qual ti sembro?

ALIPRANDO
Assai vezzosa.

MATILDE
Il colore?

ALIPRANDO
È d'una rosa.

MATILDE
I miei labbri?

ALIPRANDO
Son rubini.

MATILDE
E questi occhi?

ALIPRANDO
Malandrini!

MATILDE
Il mio piede?

ALIPRANDO
Uh! Benedetto!

MATILDE
Il mio tutto?

ALIPRANDO
Un idoletto.

MATILDE
Il sorriso?

ALIPRANDO
Incantatore.

MATILDE
Il mio pianto?

ALIPRANDO
Spezza il core.

MATILDE
E non basta?

ALIPRANDO
Ancora no.
Ah! Di ferro un cuore armato
La natura a lui formò.

MATILDE
Medichetto mio garbato,
Ci ho un segreto, e vincerò.

ALIPRANDO
(da sé)
Ah! di veder già parmi
Quel core all'ire avvezzo
Armarsi di disprezzo,
Di collera avvampar.
(a Matilde)
Combatti, o mia guerriera
T'affretta a trionfar.

MATILDE
(da sé)
Ah! di veder già parmi
Quel core all'ire avvezzo
Vinto dal mio disprezzo
D'amore sospirar.
(ad Aliprando)
Largo alla gran guerriera:
Io volo a trionfar.

ALIPRANDO
Sì, vezzosa Matilde, a voi confido
Di Corradin la testa. A quel cervello
E l'Etna e il Mongibello
Hanno prestati i fumi.
Stravaganti ha l'idee, pazzi i costumi.
Non sa che cosa è amore,
Recita da cannibale,
Vanta di bronzo il cuore;
Scolpita e disegnata
Una femmina ancor gli dà molestia

MATILDE
Vale a dir che quest'uomo è una gran bestia.
Senz'amore! E ancor vive? E come fa?
Io, per me non lo credo in verità.
Ma tu, caro dottore
Come reggesti mai con questo matto,
Giacché tale mi sembra al suo ritratto?

ALIPRANDO
Dirò: parla, sospira e quasi sogna
Sempre guerre, battaglie, armi, ruine,
Furor, carneficine,
Inseguir, guerreggiar, porre in scompiglio
Popoli e nazioni
Per montagne, per valli e boschi e grotte
Come sognava il quondam Don Chisciotte;
Ma se gli duol la testa.
Se prende un raffreddore,
Diventa un cagnolin, corre al dottore.

MATILDE
E al!ora?

ALIPRANDO
E allor profitto
Del felice momento
E lo piego a mie voglie, o almen lo tento..
Adesso spero in te.

MATILDE
Vedrai.

Scena settima

Ginardo e detti.

GINARDO
Dottore,
Prevedo un grand'imbroglio.
Ferocissima in vista, e tutta orgoglio
Vien la Contessa d'Arco. Ella ha saputo
Di Matilde l'arrivo.
Sputa veleno, e vuole
Vederla, strapazzarla,
Dal castello cacciarla.

MATILDE
A Matilde Shabran? Chi è mai costei?

ALIPRANDO
È una certa contessa
Biliosa per natura,
Cui fu promesso Corradino in sposo
Per finire una guerra. Corradino
Dette l'assenso, e il ritirò all'istante
Per l'orrore invincibile
Al sesso femminino, e si conchiuse
Fra le famiglie allora, che in compenso
Non avrebbe altra donna egli sposata
Se non costei, ch'è matta spiritata.

MATILDE
Mentre a tutti si niega, a lei s'accorda
Franco l'ingresso?

ALIPRANDO
Corradin ciò crede
Disprezzo e non favor.

GINARDO
(guardando alla porta)
Venir la sento.

ALIPRANDO
Pare un tono di marzo.

GINARDO
Non temete.

ALIPRANDO
Ci son io.

GINARDO
Ci son io.

MATILDE
Temer? Perché?
Oh! venga pur, l'avrà da far con me.

Scena ottava

La Contessa d'Arco e detti; indi Corradino con sei armigeri.

CONTESSA
(entrando e guardando Matilde con disprezzo)
Questa è la Dea? Che aria!
Povera scioccarella!

MATILDE
Piano: mi assorda il timpano.
Più bassa la favella.

ALIPRANDO
Lontano il tuon già mormora.

GINARDO
Già scoppia la procella.

CONTESSA e MATILDE
Guardatela, guardatela.
Oh che caricatura!
La fece la natura
E poi se ne pentì.

GINARDO e ALIPRANDO
(Si guardano, minacciano.
Che ceffo! Che figura!
E tengo gran paura
Che non finisca qui.)

CONTESSA
Forse è colei cui preme
Far la volata in su?

MATILDE
Forse è colei che teme
Precipitare in giù?

CONTESSA e MATILDE
Ah! ah! mi vien da ridere;
Ma compassion mi fa.
La Venere del secolo
Chi vuol vederla è là.

GINARDO e ALIPRANDO
(cercando di farle tacere; ma gridando ancor essi)
Per carità, politica,
O andate via di qua,
Pestatevi, graffiatevi;
Ma zitte per pietà.

CORRADINO
(entrando dal mezzo con seguito d'armigeri, che rimangono in fondo)
Che strepito è mai questo?
Due femmine qui stanno?
Le leggi mie si sanno:
Chi mai l'osò sprezzar?

CONTESSA
Sai, Corradin, che t'amo.
Mi desti la tua fede.
Costei qua volse il piede;
Comincio a sospettar.

CORRADINO
(a Matilde fierissimo con disprezzo)
Ehi! Donna?

MATILDE
Uomo, che vuoi?

CORRADINO
Che altera!

MATILDE
Che villano!
Vieni a baciar la mano;
Mi devi corteggiar.

CORRADINO
(con rabbia)
Ginardo! Presto i ferri:
L'opprimi di catene.

MATILDE
Buffon! non fate scene,
Venitevi a umiliar.

CORRADINO
A Corradin!.. Chi sei?

MATILDE
(con energia, ma non senza capriccio)
Son donna, e tutto ho detto.
Portatemi rispetto,
O ve la fo pagar.

CONTESSA
E non la fa svenar?

GINARDO e ALIPRANDO
S'imbroglia assai l'affar.

CORRADINO
E non mi so sdegnar!
(con meraviglia di sé stesso, guardandoIa sempre)
Dallo stupore oppresso
Ignoto incanto io provo.
Ricerco invan me stesso,
Me stesso in me non trovo:
Mi si trasforma l'anima,
Sento cangiarmi il cor.

MATILDE, GINARDO e ALIPRANDO
Dallo stupore oppresso
Ignoto incanto ei prova.
Ricerca invan sé stesso,
Sé stesso non ritrova:
Gli si trasforma l'anima,
Sente cangiarsi il cor.

CONTESSA
Da' miei sospetti oppressa
Il mio furor rinnovo.
Cerco calmar me stessa,
Ma calma non ritrovo:
Sento che m'arde l'anima,
Ho mille furie in cor.

Signor, men vado o resto?

CORRADINO
(con freddo disprezzo)
Indifferente io sono.
(a Matilde)
Vieni a cercar perdono.

MATILDE
Anzi, tu il chiedi a me.

CORRADINO
A te?..
(a Ginardo)
Catene.

GINARDO
(per partire)
Io volo.

CORRADINO
T'arresta... sì... no...

MATILDE
(con tuono di leggerezza)
Andate.
Venite, incatenate
La mano, il collo, il piè.

CONTESSA
Superba!

GINARDO
Audace!

CORRADINO
Zitti.

ALIPRANDO
Troppo è l'ardir.

CORRADINO
Tacete.
(dopo aver pensato un istante, consegnando Matilde ad Aliprando)
In guardia voi l'avrete.
Vita per vita io do.

MATILDE
(sotto voce, in modo che il dottore la senta, mentre Corradino passeggia smanioso e sospira)
Che io fugga ha già timore.
L'amico già sta in gabbia.
In debole furore
Già terminò la rabbia.
Da' tempo, e a poco, a poco
S'accrescerà quel fuoco.

(Mi guarda di soppiatto,
Sospira come un matto.
Oh! Quanto è mai ridicolo!
Amor già lo molesta,
Amor il cor gli rosica,
Amor gli fa la festa.
Tenetelo, legatelo;
O ai pazzi se ne va.)

CORRADINO
(Più non intendo affatto.
Sospiro come un matto:
M'oscillano le arterie,
Mi rotola la testa;
Mi sento in petto un mantice,
Nel sangue una tempesta;
E sottosopra il cerebro
Cosa pensar non sa.)

GINARDO e ALIPRANDO
(La guarda di soppiatto,
Sospira come un matto.
La vampa del Vesuvio
Gli bolle nella testa.
Nel petto tiene un timpano,
Che batte e non s'arresta.
Trema, vacilla e palpita
Già è pazzo per amor.)

CONTESSA
(La guarda di soppiatto,
Sospira come un matto.
La vampa del Vesuvio
Gli bolle nella testa.
Nel petto tiene un timpano,
Che batte e non s'arresta.
La gelosia mi lacera;
Ma il cor vendetta avrà.)

Corradino parte con gli armigeri seguito da Aliprando.

Scena nona

Matilde, Contessa e Ginardo.

CONTESSA
Alla Contessa d'Arco un tale oltraggio!
Ombre degli avi miei, deh! m'ispirate
Contro questa donnetta
Strepitosa e tremenda aspra vendetta

MATILDE
Non incommodi gli avi,
Mia vezzosa fanciulla;
Ché tanto non fa nulla. Ci vuol altro
Che gente morta ad ottener vittoria.
Io sto nel campo, e mia sarà la gloria.

CONTESSA
Giuro ai quindici secoli
Della mia nobiltà.

MATILDE
Giuro alla mia
Decisa volontà.

GINARDO
Giuro alle sbarre
E a tutti i chiavistelli
Delle dodici torri.

CONTESSA
Che vincerò.

MATILDE
Che perderà.

GINARDO
Che in gabbia
Andrete tutte e due.

CONTESSA
Di Corradino
Io la sposa sarò.

MATILDE
Forse sì, forse no.

CONTESSA
Son tutta fuoco.

MATILDE
Ed io son tutta gelo.

GINARDO
Ma tacete:
Prudenza, per pietà.

CONTESSA
Io di prudenza
Sono il vero modello. Addio, sguaiata.
(parte)

MATILDE
Malizia, fatti onore.
(parte)

GINARDO
Oh! Chegiornata!
(parte)

Scena decima

Armigeri, indi Corradino pensoso, poi Aliprando.

CORO PRIMA PARTE
Che ne dite?

CORO SECONDA PARTE
Pare un sogno!

TUTTO IL CORO
Una donna cosa fa!
Al padrone poverello
Il cervello se ne va!

Fece il fiero il bell'umore,
Si rideva dell'amore,
Tutto altero;
Ma gli eroi tutti poi
Come noi han da cascar.
Stiamo il pazzo a contempiar.

CORRADINO
Corradino dov'è? Come in un punto
Il mio cor si cangiò. Di vena in vena
Serpeggiando mi va rapido, immenso,
Un torrente di fuoco e ghiaccio insieme.
Chi vince il vincitor de' vincitori?
Chi mi rovescia a terra? Ite, volate,
Aliprando cercate, io più non reggo!
Io mi sento morir. Presto, Aliprando.

ALIPRANDO
(Il leone ha la febre.) Ah, mio signore.

CORRADINO
Vieni, vieni dottore
Senti qui... Senti qui...
(gli fa toccare li polso ed il cuore)
Tutte le arterie
Mi rimbalzano... in petto
Ho una smania... un incendio... un gelo... invano
Tento di prender fiato
Aliprando... Aliprando... io son cangiato.

ALIPRANDO
(Tanto meglio per noi.)

CORRADINO
Ma tu non parli?

ALIPRANDO
Che volete da me?

CORRADINO
Che mi guarisci.

ALIPRANDO
Da qual male?

CORRADINO
Nol so.
Soffro, ognor soffro,
Altro dirti non so.

ALIPRANDO
Misera voi,
Altezza serenissima! Tremendo
Fatale, immedicabile
È il male, il male orrendo,
Che sul cor vi piombò.

CORRADINO
Spiegati, dimmi:
Come si chiama il male,
Che mi scese nel core?

ALIPRANDO
È il terror de' mortali. È il mal d'amore.

CORRADINO
D'amore!

ALIPRANDO
Altezza sì, male profondo,
Ed antico nel mondo.

CORRADINO
D'amore! Ed è un mal grande?

ALIPRANDO
Se bramate
Conoscerne la storia, m'ascoltate.

Giove un dì fremendo in collera
Per le colpe del mortale,
Il complesso d'ogni male
Volle al mondo regalar.

Prese gelo, prese fuoco,
Zolfo, arsenico e spavento,
Lungo duol, breve contento,
Il sospiro, il batticuore,
E compose il mal d'amore,
E sull'uomo il fe' piombar.

La terzana e la quartana,
E ogni male il più rubello
Si cavarono il cappello,
Ed amore salutâr.

E diceano sottovoce:
Qui non val sanguigna o china,
Non si trova medicina
Che lo possa rimediar.

Lo precede la speranza,
Il timore l'accompagna,
Sempre trema, ognor si lagna,
E in delirio spesso va.

Per lui fu visto un Ercole
Filar come una donna:
Fe' gorgheggiare Achille
Col busto e colla gonna;

Troia mandò in faville,
Persepoli crollò.

Voi compassion mi fate,
Povero mio signore;
Ma questo mal d'amore
Io rimediar non so.

È un mal che fa i cervelli
Girare e rigirar;
E al fine ai pazzarelli
Fa l'uomo terminar.

Scena undicesima

Corradino solo, indi una guardia, poi Isidoro fra sei armigeri.

CORRADINO
Amor!.. Non è possibile. Sarebbe
Un qualche sortilegio? E chi potrebbe
Essere il negromante? Ah! sì: colui...
Quell'Isidoro. Guardie: a me si rechi
Quell'arrestato di stamane. Il core
Ben se n'avvide alla fisonomia.
Questa è pur troppo una fattucchieria!

ISIDORO
(Ride. Farà buon tempo.)

Isidoro si avanza tremante; ma s'incoraggisce vedendo che Corradino gli fa buon viso.

CORRADINO
Guarda.

ISIDORO
Dove?

CORRADINO
Osserva gli occhi miei:
Vedi nulla?

ISIDORO
Negli occhi?.. Non saprei.
E che devo vedere?

CORRADINO
Un tradimento.

ISIDORO
Dentro gli occhi?

CORRADINO
Sì; guarda:
È tutta opera tua.

ISIDORO
Cosa?

CORRADINO
Quel foco
Che mi bolle nel seno.

ISIDORO
Opera mia!

CORRADINO
Pur troppo! I miei tesori
Si apriranno per te. Piastre, dobloni
Ti pioveranno intorno.

ISIDORO
Non li fate cascar.

CORRADINO
Ma dimmi, narra:
Chi ti mandò? Da chi mi viene il colpo?
E come l'hai compito? Se non parli
Da dieci de' miei cani
Ti fo stracciare a brani, e su le piaghe
Farò colar zolfo bollente: udisti?

ISIDORO
Udii; ma non capisco.

CORRADINO
Ancor resisti?

ISIDORO
Io no.

CORRADINO
Dunque mi spiega.

ISIDORO
Ma che cosa?

CORRADINO
Non farmi adesso il pazzo.

ISIDORO
(Ma guardate chi parla! Si potrebbe
Giocare a chi l'è più.)

CORRADINO
Guardie, venite.

Gli armigeri con le lancie investono Isidoro.

Copritelo di lancie a me d'innante,
E uccidete a un mio cenno il negromante.

ISIDORO
Misericordia! Negromante! Altezza...

CORRADINO
O mi salva, o sei morto.

ISIDORO
Vi salverò. Che male avete?

CORRADINO
Amore.

ISIDORO
Che brutto male! È meglio
Una sincope a freddo.

Scena dodicesima

Ginardo e detti, indi Matilde.

GINARDO
Altezza, immersa
In doloroso pianto,
Matilde di Shabran chiede parlarvi.

CORRADINO
Matilde!.. E piange?

GINARDO
Al pianto suo dirotto
Pianse ancora il dottor; ma d'irritarvi
Ebbe qualche timore.

CORRADINO
Ah! Tiranno dottore!
Forse un mostro son io?

ISIDORO
(Poco ci manca.)

CORRADINO
Venga... Venga Matilde.

GINARDO
Ma di venirvi innanzi
Teme non ottener da voi perdono.

CORRADINO
(riprende l'asta e lo scudo)
L'avrà; che venga.

ISIDORO
(E il negromante io sono!)

CORRADINO
(ad Isidoro)
Or tu pensa a guarirmi.

ISIDORO
A questo penso.

CORRADINO
E la salute mia speri vicina?

ISIDORO
Purché dica di sì la mia dottrina.

MATILDE
(avvanzandosi tremante e piangente; ma non senza un poco di vezzo)
Signor, vi offesi: è ver Sul ciglio espresso
Vedete il mio dolor.

CORRADINO
Tu piangi?

MATILDE
E come
Il mio pianto frenar? L'anima mia
Sognò un sorriso... un nettare... un incanto;
Ma l'orfanella di Shabran... Matilde,
È degna di pietà... Fu tutto un sogno.

CORRADINO
E che sognasti?

MATILDE
Ah! no.

CORRADINO
Lo voglio: parla.

ISIDORO
(Parlerà, parlerà.)

MATILDE
L'armi, i trofei,
Gli armigeri, la stessa
Aria marzial che qui si spira, in petto
M'infiammarono il cor. Vi vidi... Ah! mai
Non t'avessi veduto,
Caro oggetto e fatal!.. Altezza, ah! no,
Non vi sdegnate. È degli Dei la colpa
Che v'impressero in volto
Un non so che di grande, che rapisce,
Che seduce e innamora... Ah! che mai dissi?

CORRADINO
Ah! segui...

MATILDE
No: non posso.
(casca)
Per sempre addio. Fu tutto un sogno.

CORRADINO
No, fermati. - Ginardo?
(nel volgersi fissa gli occhi in Isidoro)
Costui cosa fa qui?

ISIDORO
Sto in sentinella.

CORRADINO
Torni in carcere.

GINARDO
(chiamando)
Guardie!

CORRADINO
Va' tu stesso,
E lo vigila tu.

GINARDO
Or dunque andiamo.
(Restiamo ad osservar.)
(piano ad Isidoro)
(Ah cuor di ferro,
Io ti vedo in gran rischio.)

ISIDORO
(piano a Ginardo)
(La commedia vedrem del merlo al vischio.)

Isidoro e Ginardo rimangono celati dietro le colonne.

Scena tredicesima

Corradino e Matilde; Ginardo ed Isidoro nascosti.

CORRADINO
(da sé, nell'eccesso dell'interno contrasto)
(Decidersi bisogna.
Congedarla convien. Ogni suo detto
Di cento e cento spade
Mi penetra assai più.)

MATILDE
(da sé ridendo di furto)
(Povero sciocco!
In men d'un quarto d'ora
Ti voglio giù.)

CORRADINO
(tremante)
Matilde...
(Ah! mi manca il coraggio.)

ISIDORO
(sotto voce, con pietà caricata)
Pover'uomo!
Ti vedo, e non ti vedo.

GINARDO
(ad Isidoro, ponendogli la mano alla bocca)
Zitto.

CORRADINO
(confuso ed agitato)
Voi...
Cioè... voglio dir... io... (Che stato orrendo!)
Perché...

MATILDE
No, no; tacete: intendo, intendo.
(con finto eccesso di disperazione)
Ah! Capisco: non parlate.
Tutto intesi. - Che farò?
Muto ancor mi fulminate.
Voi volete? - Io partirò.

CORRADINO
(ondeggiando fra il volere e non volere)
Non partir... Sì vanne, vola.
No... Sì, parti. Arresta il piè.
(Ah! se resta, il cor m'invola.)
Corri, fuggi via da me.

ISIDORO
(Cento affetti nel suo cuore
Stanno intanto a martellar.)

GINARDO
(Ma il martello dell'amore
Farà il cuore in due spezzar.)

MATILDE
Dunque addio. Per sempre addio.
Gel di morte il cor mi serra.
(bacia piangendo la mano a Corradino)
Questa man, che i forti atterra,
Del mio pianto io vuo' bagnar.

CORRADINO
Ciel! Tu piangi!.. Tu!.. Che assalto!
Non partire. Ah! no: ti arresta.
L'alma, il senno, il cor, la testa
Io mi sento ribaltar.

CORRADINO
(Di quel pianto al nuovo incanto
Sento l'alma sfavillar.)

MATILDE
(Del mio pianto al nuovo incanto
È vicino ad impazzar.)

GINARDO e ISIDORO
(Resta infranto da quel pianto,
Già vicino è ad impazzar.)

CORRADINO
Cara, quel tuo sembiante
L'alma mi mette in fuoco!

MATILDE
Voi siete principiante:
Pazienza: a poco a poco.

CORRADINO
Ma...

MATILDE
Con la spada e l'asta
Parlar d'amor mi vuoi?

CORRADINO
(gitta spada ed asta)
Un sol tuo cenno basta;
Amano ancor gli eroi.

MATILDE
Scostati, se mi tocchi
Quel ferro orror mi fa.

CORRADINO
(gitta lo scudo)
Ebben si toglierà.

MATILDE
Tu vuoi cavarmi gli occhi
Con quelle penne là.

CORRADINO
(gitta l'elmo)
L'elmo levato è già.

GINARDO e ISIDORO
(Signori, chi vuol trappole
Lo spaccio eccolo qua.)

CORRADINO
Mercé ti chiedo, o cara.

GINARDO e ISIDORO
(Già marcia di galoppo.)

MATILDE
Prima ad amarmi impara.
Pretendo, e non è troppo.

CORRADINO
(con entusiamo)
Debellerò provincie.
Farò sparir gli eserciti...

MATILDE
Questo per me non fa:
Amore io voglio, amore,
Clemenza e umanità.

CORRADINO
Parla, ed avrai, lo giuro.
Dammi la man.

MATILDE
Ma piano;
Le donne... altrui la mano
Non usan dar così.

CORRADINO
Come?

MATILDE
Che so.

GINARDO e ISIDORO
(Che volpe! )

CORRADINO
Spiegati...

MATILDE
Non saprei...

CORRADINO
Ma... forse...

MATILDE
(montando sullo scudo e sull 'asta)
A' piedi miei...

CORRADINO
(si precipita a' piedi di Matilde, che lo contempla e lo rialza)
A' piedi tuoi son già.

MATILDE
Matilde tua sarà.

MATILDE e CORRADINO
Piacere egual gli Dei
Non ponno immaginar.
L'anima mia tu sei,
Te solo/a voglio amar.

GINARDO e ISIDORO
Io rido come un matto,
Amor lo canzonò.
Se rido piano io schiatto,
Frenarmi più non so.
(si avanzano per goder meglio la scena, ma sorpresi da un improvviso rollo di tamburo fuggono)

Scena quattordicesima

Corradino e Matilde; indi subito Aliprando. Si ascolta una campana a martello, ed un improvviso rollo di tamburo.

CORRADINO
Qual fragor?

ALIPRANDO
Signor...
(osservando le armi di Corradino a terra)
(Che vedo!
Fece Amore il grand'effetto.)

CORRADINO
Parla: dimmi...

ALIPRANDO
(stupito e maravigliato)
(A me non credo.)

CORRADINO
Via ti sbriga: vuoi parlar?

ALIPRANDO
Ah! Signor, signor correte,
D'Edoardo viene il padre,
Alla testa delle squadre
Il suo figlio a ricercar.

CORRADINO
Il suo figlio ei cerca? Oh folle?

ALIPRANDO
Egli a' piedi è già del colle.

CORRADINO
E gli armigeri?

ALIPRANDO
Son pronti.

CORRADINO
Saprò i stolti far tremar.

MATILDE
Di mia man ti voglio armar.

ALIPRANDO
(da sé)
Come mai lo fe' cascar!

Partono.

Atrio del castello.

Scena ultima

S'ode il suono d'una marcia guerresca, e nel momento che Edoardo si aggira smanioso per la scena, escono gli armigeri in armi marciando in silenzio e si schierano in fondo guidati da Rodrigo, indi cantano.

EDOARDO
Smarrito, dubbioso, - Al suono di guerra,
Sospiro e non oso - Richieder perché.
M'agghiaccia, m'attera - Un freddo sospetto;
Mi palpita il petto - Vacilla il mio piè.

CORO e RODRIGO

Marciamo, marciamo - Gli scudi battiamo.
Si vada, si corra - Si voli a pugnar.
Nel cuor de' superbi - S'immerga la spada.
Si corra, si vada - Nel campo a trionfar.

EDOARDO
Smarrito, dubbioso, - Al suono di guerra,
Sospiro e non oso - Richieder perché.
M'agghiaccia, m'atterra - Un freddo sospetto;
Mi palpita il petto - Vacilla il mio piè.

RODRIGO
Marciamo, marciamo - Gli scudi battiamo.
Si vada, si corra - Si voli a pugnar.
Nel cuor de' superbi - S'immerga la spada.
Si corra, si vada - Nel campo a trionfar.

EDOARDO
Ma dite...

CORO
Si corra.

EDOARDO
Parlate.

CORO
Marciamo.

EDOARDO
Sentite.

CORO
Battiamo.

EDOARDO
Andate.

CORO
A pugnar.

Dal castello escono Corradino seguito da Matilde, un paggio che reca le armi di Corradino, indi subito Ginardo ed Aliprando armati, in mezzo a cui Isidoro vestito con vecchia armatura, lunga spada al lato, bandiera in mano, chitarra dietro le spalle, ed al fianco rotolo di carte e gran calamaio con penne; poi la Cantessa.

GINARDO
Altezza, guardate...

ALIPRANDO
Venir lo lasciate.

GINARDO e ALIPRANDO
Poeta di corte - Ei fatto s'è già.

ISIDORO
Il vostro Isidoro - Nel rischio crudele
Con gamba fedele - Seguir vi potrà?
Per scriver la storia, - Le fughe, le rotte,
Le piaghe, le botte - Contando verrà.

CONTESSA
(con ismania a Corradino)
Ah! Prence! Che pena! - Col pianto sul ciglio!..
Di Marte il periglio - Gelare mi fa.

CORRADINO
(prima alla Contessa, indi ad Isidoro, poi alla Contessa e a Matilde, indi scorgendo Edoardo)
Tu cessa... tu vieni - Che noia!.. mia vita!
Oh gioia infinita - Tuo padre cadrà.

EDOARDO
Mio padre! Deh lascia - Ch'io voli al suo fianco.
M'opprime l'ambascia - Mi sento mancar.

MATILDE
(con interesse innocente)
Quel pianto deh mira...

CORRADINO
(con trasporto geloso)
Infida, tu l'ami?

MATILDE
(come sopra)
Il padre sospira.

CORRADINO
(come sopra)
Mi fai sospettar.

CONTESSA
(Geloso sospira! - Mi vuo' vendicar.)

MATILDE, CONTESSA, CORRADINO, EDOARDO, ISIDORO, GINARDO, ALIPRANDO e RODRIGO

Oh come mai quest'anima/quell'anima
Sfavilla in un momento!
Tutta in tempesta l'agita,
L'idea d'un tradimento,
Di vena in vena sentesi/sentomi
Che si dirama un fuoco,
E tutto a poco a poco
Mi sembra in fiamme andar.

Matilde pone l'elmo, lo scudo e la spada a Corradino e gli dà la lancia.

MATILDE
Vanne, pugna: trionfante ritorna;
Ma ricordati d'essere umano;
T'armo io stessa di propria mia mano,
E se vuoi volo al campo con te.

CORRADINO
(a Matilde)
Tu qui resta, disponi, comanda.
(come sopra, sotto voce)
(Guai per te se tradirmi pensasti.
Sai chi sono, ci pensa e ti basti.)
(ad Edoardo)
Alla torre riporta il tuo piè.

CONTESSA
(Egli l'ama. Vendetta m'accende.)

MATILDE
(Gelosia lo divora, e ne tremo.)

EDOARDO
(Forse è il padre dei giorni all'estremo!)

CONTESSA, MATILDE, EDOARDO e CORRADINO
(Gelo, avvampo: non sono più in me.)

TUTTI fuori d'ISIDORO
Come allor, che dall'erte pendici
Gorgogliando vien l'onda giù a basso,
Mal s'oppone a quell'impeto un sasso,
Che travolto, aggirato in un vortice
Rotolando precipita giù.

Alla piena di affanni, di smanie,
Il cervello smarrito s'aggira,
Salta, sviene, s'infuria, delira,
Calma cerca; ma calma non trova;
No, la pace per lui non è più.

CORRADINO, GINARDO, ALIPRANDO, CORO e RODRIGO
Che si tarda? Si voli al cimento:
Il mio/suo sdegno più freno non ha
Trabalzato qual polvere al vento
L'inimico a' suoi/miei piedi cadrà.

CONTESSA, MATILDE ed EDOARDO
Lento, lento un secreto tormento,
L'alma in seno straziando mi va,
Trabalzata qual polvere al vento
La mia testa più posa non ha.

ISIDORO
(animando i soldati e facendoli porre in ordine di marcia per andare alla battaglia)
Dritti, lesti, da bravi, coraggio;
Che fra i sassi si arriva alla gloria.
Come canta il cantore di maggio,
Cantar voglio la vostra vittoria,
Patatim, patatam, patatum!

A menare ciascuno sia pronto,
Sia la mano pesante e sdegnosa,
Delle gambe tenete gran conto,
E il morire sia l'ultima cosa;
Perché i morti non campano più.

Che si tarda? Si voli al cimento,
La mia febre calmarsi non sa.
(piano da sé)
(Ma nel caso fo a correr col vento:
La mia gamba l'eguale non ha.)



Atto secondo

Ritorna a: libretto


Home Page   |   Novità   |   DRG   |   Rossini



© DRG, 25 novembre 1997