Atto primo

Scene 1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 |




Sala nel palazzo, illuminata da varie lampade.


Scena prima
Il provveditore Paolo Erisso siede taciturno presso una tavola. Altri capitani gli siedono intorno.
Calbo e Condulmiero chiudono il circolo, sedendo l'uno incontro all'altro. Breve silenzio
.

Coro de duci
Al tuo cenno, Erisso, accolti
qui già vedi i tuoi guerrieri.
Ma.. tu taci, e non ascolti?..
(Mille torbidi pensieri
gli vegg’io scolpiti in fronte.
Giusto ciel! di Negroponte
il destin qual mai sarà?)

Erisso
Volgon due lune or già, veneti eroi,
che di Bizanzio il vincitor superbo
d’oste infinita e fera
queste mura circonda.
Noi noverar co’ giorni
i cimenti e i trionfi ancor possiamo.
Ma... l’avvenir qual fia?
Spento de’ nostri il più bel fior già cadde:
crollan le mura al tempestar de’ brozi:
il morbo struggitor, la dira fame
mietono a gara il popolo innocente;
e Maometto minaccia incendio e morte,
se schiuse al novo dì non fien le porte.
Io veggio in sì rio stato egual periglio
se all’onor chieggo o alla pietà consiglio.
Risolversi che deggia
ognun libero esponga, ed il pensiero
del numero maggior per me fia legge.

Coro
Risponda a te primiero
il prode Condulmiero,
che pari ha nel periglio
il braccio ed il consiglio.

Condulmiero
Quando ogni speme è tolta,
allor l’audacia è stolta,
ed il men reo consiglio
sta nel minor periglio.
Il folle e non il forte
va cieco incontro a morte.
Cedasi in tal momento.
A più feral cimento
serbiam le spade e il sangue:
io primo allora esangue,
io prima allor cadrò...

Calbo
(sorgendo)

Guerriero, che parli?

Estremo consiglio del forte è la spada.
Non temo il periglio: si pugni, si cada
nell’arduo cimento; e covran mia fossa
de’ barbari a cento le ceneri e l’ossa.
[Impari il superbo che duro, che acerbo
è il vincer pugnando contro italo brando.
Al nobile esempio, all’orrido scempio
si accresca con l’ire il veneto ardire;
e a tanta costanza, depressa, avvilita
del barbaro Scita sia l’empia baldanza.]

Erisso
A tanta costanza, ai forti suoi detti
ribolle ne’ petti l’antica baldanza.

Calbo
Si pugni, si cada, ruotando la spada
nell’arduo cimento. Poi covran mia fossa
de’ barbari a cento le ceneri e l’ossa.

Coro
A tanta costanza, ai forti suoi detti
ribolle ne’ petti l’antica baldanza.

Condulmiero e Coro
Si pugni, si cada,
nell’arduo cimento. Poi covran mia fossa
de’ barbari a cento le ceneri e l’ossa.

Erisso
Basta, non più. V’intesi, o prodi, o veri
cittadini e guerrieri.
Udir da’ labri vostri il generoso
consiglio io sol bramava, e tanto ottenni.
Dunque giuriam su’ brandi
per la patria, per l’are
pugnar fin che di sangue
stilla ci avanza in petto;
ché nel bivio crudel d’infamia o morte,
dubbio non è qual via trasceglie il forte.
(Snuda la spada e la presenta ai duci, che lo imitano e giurano, toccando con le loro spade quella di Erisso.)

Tutti
Sì, giuriam sugl’itali brandi,
degl’infidi nel sangue già tinti,
che trafitti, non supplici o vinti,
Maometto al suo piè ci vedrà.
Sì, giuriamo su’ veneti brandi.
Se non cangia la sorte severa,
Negroponte alla veneta schiera
monumento e sepolcro sarà.

Erisso
Or partite, guerrieri. Al dì novello
l’ultimo assalto il Musulman minaccia;
nuovo vigor quindi a voi porga il sonno.
Allo spuntar del giorno
pugnerete da forti a me d’intorno.
E al numero il valor se fia che ceda,
e abbandonar l’ampia città si debba,
ratto allor nella rocca
al novello cimento
ritraggasi chi ancor non fu qui spento.

(Tutti partono, fuorché Calbo trattenuto da Erisso.)

Calbo, tu m’odi. Il mio dover compiuto
di duce e cittadin, dover diverso
né men sacro or si compia. Ahimè!.. son padre
di tenera, leggiadra unica figlia.
Appien tu la conosci,
e al par di me tu l’ami.
Or pensa il suo periglio
come tremar, come agghiacciar mi faccia.

Calbo
Com’io pur tremo e agghiaccio.

Erisso
Sieguimi or dunque.

Calbo
E che far vuoi?

Erisso
Mi siegui.
Presso alla figlia mia
del padre il voto ascolterai qual sia.





Gabinetto di Anna Erisso; una lampada lo rischiara.



Scena seconda
Anna, poi Erisso e Calbo


Anna
Ah! che invan sul mesto ciglio
chiamo il dolce oblio de’ mali.
Non ho pace al rio periglio
in cui veggo il genitor.
E il timor se tace appena,
son d’amor gli occulti strali...
Onde ognor di pena in pena
palpitante ondeggia il cor.
Pietoso ciel...

Erisso
Figlia...

Anna
Che veggio!.. Padre!
Qual grave cura a me nell’alta notte
sollecito ti guida?

Erisso
Il tuo periglio.

Anna
Il mio periglio!.. Ahimé!

Erisso
M’abbraccia, e ascolta.
Or che ad estremo, disperato assalto
il nemico s’appresta, io pe’ tuoi giorni,
Anna, pavento. Io sol finora, io fui
di tua virtù, dell’innocenza tua
il consiglio e lo scudo.
Or più non basto io solo, or che un istante,
un trar di spada può troncar mia vita.

Anna
Misera me!.. Che dici?

Erisso
Addoppiar le difese a te d’intorno
amor mi suggerisce, e un altro braccio
a tuo schermo apprestar, che compier possa
teco mie veci, ov’io cadessi.

Anna
Ahi, padre!

Erisso
Il tuo secondo difensor... fia Calbo.
Egli, gran tempo è già, t’ama, e no’l disse
che al padre suo. Sposa ti chiede...

Anna
(Lassa!)

Erisso
E più degno consorte aver giammai,
non, non potresti, o figlia. Or vieni al tempio.
Là dove il sacro cenere riposa
della spenta tua madre,
stringer mi lascia un sì bel nodo, o cara,
e il mio timor sia spento appiè dell’ara.

Calbo
(Che sento!)

Anna
(Io son perduta.)

Erisso
A che t’arresti?

Calbo
Anna... tu taci? Alto stupor ti leggo
sul volto espresso. Il tuo bel cor dischiudi
al padre ed all’amico; e se pur fia
che tal nodo tu abborri, il tuo pensiero
libera esponi, e me primiero udrai
a tua difesa ragionar.

Erisso
Che veggo!..
Figlia... tu piangi?.. Oh, qual crudel sospetto
in me tu desti!

Anna
No, tacer non deggio
più il vero omai. Tradirvi
non posso entrambi... né immolar me stessa.
Già d’altra fiamma accesa...

Erisso
Oh, mio rossor! Prosiegui...

Anna
Indegno, credi,
non è d’Erisso l’amator mio primo.

Erisso
Chi è costui?.. Favella.

Anna
Il sir di Mitilene, il prode Uberto.

Erisso
Uberto!.. E quando il conoscesti?

Anna
Allora
che tu in Vinegia, per due lune e due,
ed oro ed armi a dimandar restavi,
me lasciando in Corinto.

Erisso
Allor?.. Che ascolto!..

Anna
Prosiegui... Ahimè!..

Erisso
Meco in Vinegia Uberto
venia sul legno istesso; e vi rimase
quando a te fei ritorno.

Anna
Misera! il ver tu dici?
Chi dunque, ahi! meco il nome
volle mentir d’Uberto?

Erisso
Chi sia non so; ma un mentitor fu certo.


Anna, Calbo e Erisso
(Ohimè! qual fulmine - per me fu questo!
Ahi, qual terribile - colpo funesto!)

Anna
(Conquisa l’anima - dal vile inganno,
prorompe in lagrime - l’interno affanno;
e il guardo, ahi, misera - nel mio rossor
non so più volgere - al genitor.)

Erisso
(Conquisa l’anima - dal vile inganno,
il cor mi squarciano - ira ed affanno.
Ma pur la misera - col suo dolor
raffrena gl’impeti - del mio furor.)

Calbo
(Conquisa l’anima - dal tristo inganno,
il cor mi squarciano - ira ed affanno.
Non sa la misera - nel suo rossor
più il guardo volgere - al genitor.)

Erisso
Dal cor l’iniquo affetto
sveller t’è forza, o figlia:
tanto l’onor consiglia.

Anna
Figlia mi chiami ancor?..
Sì, svellermi dal petto
il cor saprò se...

(Un lontano colpo di cannone interrompe il colloquio. - Tutti restano immobili e sorpresi. Breve silenzio. - Un grido di allarme si sente poco dopo. Erisso e Calbo pongono mano alle spade e partono precipitosamente senza far motto. Anna li siegue per pochi passi, indi ritorna indietro agitatissima.)

Anna
Che avvenne?.. oh Dio!.. Lo strepito
della battaglia ascoltasi.
Ahi, forse un tradimento
nel notturno cimento...
Io gelo... oh duol!.. Nel tempio
del ciel si vada ad implorar l’aita
che salvi almen del padre mio la vita.
(parte precipitosamente)




La piazza della città di Negroponte. A dritta dello spettatore un tempio: in fondo una larga via, che sarà disposta obliquamente in guisa che il principio della medesima si nasconde all’occhio dello spettatore sulla sua sinistra.



Scena terza
La musica da questo momento, finché non giunge Erisso sulla scena, deve sempre indicare il lontano tumulto della battaglia.
Di tratto in tratto si odono de’ colpi di cannone e delle scariche di moschetti.
Alcune donne accorrono allo strepito, incerte ed atterrite, aggirandosi per la scena


Coro
Misere!.. or dove... ahimè!
volger l’incerto piè.
Dell’armi il rimbombar,
de’ bronzi il fulminar,
tutto tremar ci fa...
Che mai... che mai sarà!

Anna
(accorrendo anch’essa tremante e sbigottita)
Donne, che sì piangete,
che avvenne? Rispondete.

Coro
Al Musulman le porte
dischiuse un traditor:
tutto già intorno è orror,
incendio e morte.

Anna
(sempre più spaventata, corre ad inginocchiarsi avanti il tempio)
Giust ciel, in tal periglio
più consiglio
più speranza,
non avanza,
che piangendo,
che gemendo,
implorar la tua pietà.

Le donne
(inginocchiandosi pur esse)
Giusto ciel, in tal periglio
più speranza
non avanza
che implorar la tua pietà.

(Sul finir di questa breve preghiera si sente un tamburo, che si accosta. Incomincia a sfilare una parte della guarnigione, attraversando la scena sollecitamente da dritta a manca.
Anna ed il coro, vedendo i soldati, sospendono la loro preghiera, ed accorrono verso di quelli. Erisso e Calbo sopraggiungono con le spade ignude.)

Anna
Ahi, padre!

Erisso
(Oh vista!)

Anna
Ad abbracciarti torno.-
Narra...

Erisso
Fuorché l’onor, tutto è perduto.
Ogni speranza un traditor c’invola.
Sulle mura è il nemico, e grazie al cielo
or io sol porgo, che d’occulti inganni
temendo Maometto, il corso arresta
di sua vittoria e attender vuole il giorno.
Or, miei fidi, alla rocca.

Anna
Oh, padre mio,
fermati... ascolta.

Erisso
Udir non posso. Addio.
Figlia... mi lascia. Io volo
ove il dover m’invita...
Dal pianto tuo tradita
la patria non sarà.

Anna
E in tal periglio e duolo
lasciar tu puoi la figlia?..
Qual Nume a te consiglia
cotanta crudeltà?
Teco venir...

Erisso
T’arresta:
seguir non dei tu ‘l padre.

Anna e Coro
Qual dura legge è questa!

Erisso
Sol le raccolte squadre
sull’alta rocca andranno
a far le prove estreme
d’intrepido valor.

Anna e Coro
E noi qui fuor di speme,
lascia un dover tiranno
dell’onta al nuovo orror?

Calbo
Mira, signor, quel pianto,
e cangia il tuo consiglio;
le invola a tal periglio:
parli al tuo cor pietà.

Anna
Vedrai su quelle mura
pur noi pugnar da forti,
vibrar pur noi le morti;
far siepe i nostri petti
a’ tuoi guerrieri eletti,
e in essi il nostro esempio
valore accrescerà.
Padre, ti muova il pianto
a men crudel consiglio.
C’invola al rio periglio,
parli al tuo cor pietà

Erisso
Le voci di natura
tutte nel cor già sento;
ma in sì crudel momento
delitto è la pietà.
Indarno or voi piangete:
donne, al destin cedete.
Se i voti vostri ascolta
la cieca mia pietà,
con voi la fama, accolta
da’ miei guerrier sarà.
Pietà sì dura e stolta
chi a me consiglierà?

Coro di donne
C’invola al rio periglio,
parli al tuo cor pietà.

Erisso
Partiam, guerrieri... Addio.

Anna
Ahi padre! ah padre mio;
de’ barbari all’oltraggio
così lasciarmi?

Erisso
O cara,
prendi il pugnal. Retaggio
paterno a te fia questo
in giorno sì funesto.
Va’: corri appiè dell’ara;
e pria che in te la mano
distenda il Musulmano...
Figlia...

Anna
Prosegui...

Erisso
Addio.

Anna
Dicesti assai. T’intendo.
Vedrai che appien somiglia
al genitor la figlia,
e pria che in me la mano
distenda il Musulmano,
questo pugnal da forte
nel cor m’immergerò.

Erisso
(In sì crudel momento
squarciarmi a brano a brano,
misero, il cor mi sento.
O patri, a te qual figlia
vittima immolerò!)

Calbo
(In sì crudel momento
squarciarmi a brano a brano
in petto il cor mi sento.
Misero, ahi, qual consorte
il fato m’involò!)

Coro
(A sì funesta scena
attonita, gemente,
fra meraviglia e pena
mancarmi il cor mi sento.
Ahi, per qual empia sorte,
dal figlio, dal consorte
dividermi dovrò!)

(La musica ed il canto cesseranno ad un tratto. Erisso ed Anna si abbracciano teneramente. Calbo cade appiè di Anna, che gli porge la mano. Intanto alcune delle donne del coro corrono ad abbracciare taluni fra’ soldati, in attitudine di madri o di spose. Ricominciando la muscia tutti si separeranno, dandosi a vicenda l’ultimo doloroso addio. Erisso e Calbo partono per la rocca. Anna, seguita dalle altre donne, si ritira nel tempio.)




Giorno.




Scena quarta
Una schiera di cavalieri musulmani sopraggiunge entrando dalla dritta dello spettatore: si arresta alquanto per riconoscer qual via debba trascegliere per inseguire i fuggiaschi. Indi al segnale del comandante si avvierà per la via grande che mette capo in fondo del teatro. Incominciasi ad ascoltare da lontano il suono delle bande turche. Dopo un istante la schiera di cavalleria ritornerà, girando a siniestra dello spettatore, sulle tracce di Erisso. Sopraggiunge buon numero di soldati turchi, alla rinfusa ed armati di faci.


Coro

Dal ferro, dal foco
nel sangue sommersa
l’avversa città
al mondo suo scempio
esempio sarà.
Che all’urto invincibile
del nostro valor
periglio è resistere
con cieco furor.

(Verso la fine del coro sopraggiunge Maometto alla testa delle sue truppe, e circondato da tutta la pompa militare ed asiatica. Alcuni de’ suoi soldati fanno sembiante di voler appiccare il fuoco agli edifizi ed al tempi. Maometto con un cenno gli arresta. Egli pone piede a terra, seguito dal suo visir Selimo e dagli altri generali. Tutti si prostrano, attendendo i suo ordini.)

Maometto
Sorgete: in sì bel giorno,
o prodi miei guerrieri,
a Maometto intorno
venite ad esultar.
Duce di tanti eroi
crollar farò gl’imperi,
e volerò con voi
del mondo a trionfar.

Coro
Del mondo al vincitor
eterno plauso e onor.

Maometto
Compiuta ancor del tutto
la vittoria non è. La tua falange,
Acmet, conduci ad assalir la rocca
dall’oriental pendice, ov’è men forte.
Con l’altre schiere intanto
starommi io qui della città nel centro
ad ogni uopo ed evento.

(Acmet parte con alcuni soldati.)

De’ fuggenti nemici Omar sull’orme,
per obliqui sentieri,
corse già ratto co’ suoi mille arcieri,
ed ampia strage egli faranne al certo.

Selimo
Signor!.. Di Negroponte
le vie pur anco a te son note?.. E come?
Il ciel t’inspira, o qui stranier non sei?

Maometto
La conquista di Grecia, è a te ben noto
che il mio gran padre ei pur rivolse in mente,
quindi in mentite spoglie
ad esplorarne i lidi
i più scaltri inviò fra’ suoi più fidi;
e me fra quelli, ed Argo e Negroponte
e... Corinto percorsi... ah!

Selimo
Tu sospiri!

Maometto
Sospiro io, sì, nel rammentar Corinto.

Selimo
Forse...

Maometto
Non più. Ma quel tumulto è questo?

(Alcuni guerrieri ritornano in fretta dalla sinistra dello spettatore, e cantano il seguente:)

Coro
Signor, di liete nuove
nunzi noi siamo a te.
I nemici fuggenti,
sorpresi, avviluppati
caddero in parte estinti:
E in duri ceppi avvinti
or fieno a te guidati
i duci invan frementi.
Il prode Omar già muove
ad incontrarti il piè.

Maometto
Oh gioia! Alfin vi tengo
veneti alteri, audaci e sempre infidi.
Vi tengo alfin. Compiuto è il mio trionfo.
Come in Bizanzio, il mio destrier qui ancora
nuotar nel sangue cristiano io vidi.
Or colle fronti nella polve immerse
vedrò pur voi, duci orgogliosi... e vinti.
Ciò fia più grato che il mirarvi estinti.

Coro
Il prode Omar già muove
ad incontrati il piè.



Scena quinta
Omar seguito da’ suoi soldati, conduce incatenati Calbo ed Erisso, i quali si presentano con dignitoso contegno
.

Maometto
(con ironia)
Appressatevi, o prodi.
Ammirarvi d’appresso alfin m’è dato.
Del veneto valor la fama antica
per voi s’accrebbe, e a queste mura intorno
ne fan tacita fede
de’ miei guerrier ben dieci mille uccisi.
Compiuto e il dover vostro... il mio comincia.
Un esempio tremendo in voi dar voglio
a chi, senza sperar soccorso o scampo,
ogni patto ricusa
per sol diletto di versar più sangue.
Atroce, inaudito
supplizio fia mercè del vostro ardire.

Erisso
Quest’ultimo tuo detto
m’accerta alfin che parla Maometto.
Or la risposta ascolterai d’Erisso.

Maometto
Erisso!.. (oh Ciel!) sei forse tu l’istesso
che già duce in Corinto...

Erisso
Io son quel desso.
Ed in Corinto e in Negroponte, e ovunque
il tuo furor ti tragga, infin ch’io viva,
mi scorgerai tu sempre
starti intrepido a fronte
con la morte sul brando;
e se convien ch’io pera,
fra’ più fieri tormenti,
intrepido del pari
a’ Veneti pur sempre
porger di fede e di fortezza esempio.

Maometto
Sta ben... Ma dimmi, Erisso... Non sei padre?

Erisso
(Che ascolto!) E come, e donde
il sai?

Maometto
Te ‘l chieggo.

Erisso
Cittadin son io,
sol cittadino in questo istante. (Ahi, Calbo!
(abbracciandolo)
mi ricorda il suo dir l’amata figlia.)
Costanza, o cor.

Maometto
Benché nemico, Erisso,
d’assai miglior destino
degno tu sei; lo veggio... ed io te l’offro.
Un accento e sei salvo, e teco il prode,
che stringi or fra le braccia. Odi e risolvi,
riedi appiè della rocca:
parla a’ guerrieri, che son chiusi in quella:
la stoltezza e il periglio
d’inutile difesa ad essi esponi,
e che mi schiudan quelle porte imponi.
Tutti fien salvi, il giuro. E se a te piace
la patria riveder potrai con essi,
e rieder lieto a’ filiali amplessi.

Erisso
(Giusto ciel, che strazio è questo!
Nel propormi un tradimento
sempre i figli a me rammenta.
trafiggendomi nel cor.
Ah! in momento sì funesto,
Calbo or, deh, per me rispondi,
ed a lui quel pianto ascondi
che or tradisce il genitor.)

Calbo
Alla rocca andrem, se il vuoi:
parlerem con quegli eroi,
ma direm che presso a morte
noi serbiam pur l’alma forte.
La risposta, intendi, è questa:
se or ti piace, il rogo appresta
ed appaga il tuo furor.

Erisso
(Dolce figlia, ove t’aggiri?
Ah, chi sa se ancor respiri,
se abbracciarti io posso ancor?)

Maometto
Sconsigliato, a che non taci?
Frena, o stolto, i detti audaci.
Con chi parli non rammenti,
e il mio sdegno non paventi?..
Tu rispondi, Erisso, e trema,
questa fu la volta estrema
che parlommi al cor pietà.

Erisso
Già tacendo a te risposi
co’ suoi detti generosi.

Calbo e Erisso
E’ lo stesso in ogni core
il consiglio dell’onore;
e non v’ha che un sol linguaggio
per il forte e per il saggio,
e tal sempre il mio sarà.

Maometto
(Io mi sento dal dispetto
lacerato il cor nel petto.
De’ supplizi al fero aspetto
forse un tanto ardir cadrà.)
(ad Erisso)
Decidesti?

Erisso
Io già risposi.

Maometto
Tu m’insulti, indegno, e l’osi?

Erisso
No, non v’ha che un sol linguaggio
per il forte e per il saggio;
e tal sempre il mio sarà.

Calbo
E’ lo stesso in ogni core
il consiglio dell’onore;
e tal sempre il mio sarà.

Maometto
De’ supplizi al fero aspetto
forse un tanto ardir cadrà.
Guardie, olà, costor si traggano
a supplizo infame, atroce.
Obbedite...



Scena sesta
Le guardie circondano Erisso e Calbo e li trascinano. Anna si precipita dal tempio, su’ passi loro, dando un grido di dolore.
Le altre donne la sieguono.

Anna
Ah, no!

Maometto
Qual voce!

Anna
Padre mio!..

Erisso
Figlia...

Maometto
Chi veggio!

Anna
(accorrendo verso Maometto)
Al tuo piede... oh ciel, vaneggio!

Maometto
Anna!..

Anna
Uberto!.. oh rossor!

Erisso
Che colpo è questo!

(Tutti rimangono attoniti e muti nell’atteggimaneto della sorpresa, della vergogna o del dolore, secondo la circostanza di ciascuno.)

Anna
(Ritrovo l’amante - nel crudo nemico...
Qual barbaro istante! - Che penso? che dico?
Oh morte, te imploro: - rimedio, ristoro
a tanto dolor.)

Erisso
(Amante la figlia - del crudo tiranno!
Deh chi mi consiglia! - Qual barbaro affanno!
Oh morte, te imploro: - rimedio, ristoro
a tanto dolor!

Maometto
(Risento nel petto - all’alma sembianza
d’un tenero affetto - l’antica possanza...
Qual magico incanto - quel ciglio, quel pianto,
quel muto dolor!)

Calbo e Coro di donne
(Il padre fra l’ira - ondeggia e l’affanno,
la figlia delira - pel barbaro inganno...
Oh cielo, te imploro: - tu porgi ristoro
a tanto dolor.)

Coro di musulmani
(Il duce all’aspetto - d’inerme beltà,
risente nel petto - la spenta pietà!
Qual magico incanto, - quel ciglio, quel pianto
ha sul vincitor!)

Anna
(a Maometto)
Rendimi il padre, o barbaro...
Il mio... fratel, deh rendimi...
o ch’io saprò trafiggermi
con questo ferro il cor.
(cavando fuori il pugnale)

Calbo
(Fratel mi chiama! oh tenera!
Oh dolce amica!)

Anna
(a Maometto)
E tacito
ancor mi guati?
(fa cenno di uccidersi)

Maometto
Arrestati:
Dilegua il tuo timor.
(scioglie egli stesso le catene d’Erisso e di Calbo)
Padre e fratel ti rendo.
Comprendi a sì gran dono
che un barbaro non sono,
ma fido amante ognor.

Erisso
Que’ ceppi a me rendete,
la morte io solo attendo:
pietosi mi togliete
a tanto mio rossor.

Anna
Padre...

Erisso
Da me t’invola.

Anna
M’ascolta...

Calbo
Ti consola:
misera ella è, non rea.

Anna e Calbo
Chi preveder potea
inganno sì crudel!

Maometto
(ad Anna)
Fra l’armi in campo io torno,
cara, ma al mio ritorno
altera e lieta omai,
al fianco mio vivrai,
se ancor mi sei fedel.

Anna
(Ah! perché fra le spade nemiche
a perir disperata non corsi!
Or da quanti tormenti e rimorsi
strazïata quest’alma sarà.)

Erisso e Calbo
(Ah perché fra le spade nemiche
non mi trassi a perir disperato;
trionfando del barbaro fato,
involandomi a tanta viltà.)

Maometto
(Agitata, confusa, tremante,
non risponde... qual dubbio! qual lampo!
Forse infida... Di sdegno già avvampo...
Ma svelato l’arcano sarà.)

Coro delle donne
(Agitata, confusa, tremante
non risponde: mirarlo non osa.
Fra l’amante ed il padre dubbiosa
fra l’inferno ed il cielo si sta.)

Coro di musulmani
(Agitata, confusa, tremante
non risponde: mirarlo non osa.
Fra l’amante ed il padre dubbiosa
all’evento improvviso si sta.)



2. Akt Zurück zu: Libretto

Atto secondo ritorna a libretto



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