Atto primo

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Sala di udienza con trono da un lato.



Scena prima
Grandi del regno, guardie, Polibio e Siveno a’ suoi piedi

Polibio
Mio figlio non sei,
pur figlio ti chiamo,
lo merti, lo bramo
chiamarti così!

Siveno
Son grato al tuo dono:
rammento chi sono,
son figlio infelice,
che vive per te.

Polibio
Sostegno sarai
del regno e di me.

Siveno
Se fido ti amai
lo sai, o mio Re.

Polibio
Ti stringo al mio seno.

Siveno e Polibio
Laccio sì caro,
nodo sì forte
la sola morte
scioglier potrà.

Polibio
Vanne al tempio, o Siveno, e là m’attendi!
Sospiro il dolce istante
di darti del mio amor pegno verace.
Oggi vuo’ che Lisinga
d’indissolubil nodo a te si stringa.

Siveno
Oh gioia! oh dolce dì! Signor, concedi...

Polibio
Alzati, appien m’è nota
l’indole del tuo cor con pari affetto
costante a te sarà questo mio petto.

Siveno
Pien di contento in seno
men volo al caro oggetto,
per te felice appieno
questo mio cor sarà.
Che gioia, che momento!
Il cor brillar mi sento,
di più bramar non so.
(parte)



Scena seconda
Al suono di bellicosa marcia, Eumene si avanza con doni e seguito; Polibio sale sul trono circondato da’ suoi;
un Parto situa il sedile per l’ ambasciatore


Eumene
Il monarca di Siria al Re de’ Parti
invia salute e pace,
e pegno d’amistade in questi doni.
Da me suo messaggiero
tu non sdegnarli, o Sire,
e fa’ del mio signor pago il desire.

Polibio
E perché meco
si generoso il tuo signor? qual merto?...

Eumene
E a chi noto non è del Re de’ Siri
il magnanimo cor? E a te il dovea
più che ad altri mostrar.

Polibio
E perché mai?

Eumene
Per l’alto tuo valor, per tue virtudi,
perché da te brama tal cosa, o Sire,
che gli sta a cuore assai;
né sorprender ti dei;
ma i doni accogli, e ascolta i detti miei.
(siede)

Polibio
Parla.

Eumene
Nella tua reggia
dell’estinto Mintèo trovasi il figlio...

Polibio
E che perciò?

Eumene
Quel giovinetto
troppo caro è al mio Re; di quel Mintèo,
che fin che visse fu delizia sua,
Siveno è figlio, e dell’amato vecchio
questa sola memoria a lui rimane,
e a te coi preghi il chiede.

Polibio
Egli chiede Siven? vana lusinga;
io troppo l’amo, e del mio amore in pegno
porre lo vuo’ di questo trono a parte,
né sarà mai ch’io veggia
allontanar Siven da questa reggia.

Eumene
Ma rifletti che neghi al Re di Siria,
che il mio sovran possente
ciò che ottener non può con dolci inchieste
egli avrà colla forza e col suo brando.

Polibio
Sia pur possente d’armi
il Re de’ Siri; quel de’ Parti ha petto
che non trema a’ perigli
quando il diritto il mova;
ei crede suo Siven, te ingiusto crede.

Eumene
E non ebbe Siven forse i natali
del mio Re nella reggia?

Polibio
E nudrito, ed istrutto
non venne poi nella mio corte?

Eumene
(alzandosi)
Dunque?

Polibio
(alzandosi)
Dunque Siven non cedo;
queste porta al tuo Re libere note,
faccia poi ciò che più gli aggrada e puote.

Eumene
Pensaci, o Sire, e guarda
che non t’abbia a pentir...

Polibio
(scende dal trono)
Ti accheta, audace;
E che? dovrò pentirmi
di mia ragion che si m’assiste e giova?

Eumene
Non assiste ragion i sensi tuoi,
ma ben chiami ragion ciò che tu vuoi.

Polibio
Non cimentar lo sdegno,
che accendi nel mio petto
(tutto mi fa sospetto)
Vanne, ritorna al Re.

Eumene
Parto per or, ma solo
lungi da questo regno;
il tuo rifiuto indegno
fatale a te sarà.

Polibio
Non più, superbo, taci.

Eumene
Avvampo di furor.

Eumene e Polibio
Già serpe nel mio seno
il più crudel veleno
per tormentarmi il cor.

Eumene
Ma pensa ben...

Polibio
Pensai.

Eumene
E l’ira sua?

Polibio
Nol temo.

Eumene
Paventerai, lo spero,
il mio deluso Re.

Eumene e Polibio
Odio, furor, dispetto
io provo in tal cimento;
nel rimirarlo sento
tutte le furie in me.
(partono da lati opposti)




Magnifico tempio con ara, e trono da un lato.



Scena terza
Siveno, sacerdoti e popolo; indi Polibio seguito da Grandi del regno, in fine Lisinga

Siveno
O di Polibio sudditi fedeli,
amati Parti,
la vostra vista oh quanto mi consola!
Voi oggi dunque testimon sarete
delle mie fauste nozze: oh bella sorte!
Lisinga, oh dolce sposa...

Polibio
Figlio.

Siveno
Ah, signore e padre!

Polibio
Diletto figlio, vieni a questo seno.

Siveno
Eccomi, o padre: or son felice appieno.

(Nel mentre che si canta il coro, Polibio sale sul trono)

Coro
Nobil gentil donzella,
in sì ridente giorno
arrida a te d’intorno
pace, riposo, amor.

Lisinga
Deh! fate, amici Dei, che in tal momento
lieta respiri ogn’alma
di gioia, di piacer e di contento.
Alla pompa già m’appresso
or superba di mia sorte
nel vederti a me consorte
coll’amor del genitor.

Polibio
Dell’ara v’appressate, o figli al piede,
eterno qui vi unisca amore e fede.

Lisinga e Siveno
(dinanzi all’ara)
Questo cor ti giura amore,
mia speranza, mio tesoro.
Per te sol, che tanto adoro,
sì, fedel ognor sarò.

Siveno
Caro bene.

Lisinga
Sposo amato...

Lisinga e Siveno
Questo cor ti giura amore,
mia speranza, mio tesoro.
Per te sol, che tanto adoro,
sì, fedel ognor sarò.

Siveno
Sì, mia vita, sarai
sempre com’or tu sei
la delizia, il piacer de’ giorni miei.

Lisinga
E se di questo petto
la pura fé, l’affetto
o scemarsi, o cangiar potessi mai
mi detesti il tuo cor quant’io t’amai.

Polibio
(scendendo dal trono)
Figli non più: felici in questo giorno
alfin voi siete. Io sento
compita la mia gioia in tal momento.

Lisinga
Se per te liena io sono
deggio vivere a te.

Siveno
Indivisi gli affetti
con lei serbo, o signor. M’avrai nel regno
genero, figlio, difensor, sostegno.

Polibio
Ah cari figli...

Lisinga
Padre, sospiri?...

Siveno
Forse pentito sei!

Polibio
No, v’ingannate.
Altra cagion di duol m’agita il seno.

Lisinga
Parla, che mai t’affanna?

Polibio
Demetrio, de’ Siri Re potente,
a me spedì messaggio e ricchi doni,
e mi chiede Siveno...

Siveno
O ciel!

Lisinga
Lo spera invano...

Polibio
E’ questa, o figli, sol del mio dolore
l’aspra cagione che mi strazia il core.

Siveno
No, non temer, sì vil non è Siveno,
io primo l’armi impugnerò.

Lisinga
Nel campo
formidabil sarò con lui ognora,
dolce mi fia per voi la morte ancora.
Sempre teco ognor contenta
t’amerò mia dolce speme.
Stringe amor le mie catene.
Non temer: avrem vittoria
e la Persia esulterà.

Siveno
Sì mio ben, quest’alma amante
per voi sol respirerà.

Polibio
Più fatale e fiero istante
no, di questo non si dà.

Lisinga
(Qual eccesso di tormento
vo soffrendo, oh Dio! nel core.)
Goderemo in sen d’amore
la più gran felicità.

Siveno
(Non turbar si bell’ardore,
giusto cielo, per pietà.)

Polibio
(Sono oppresso dal timore,
vacillando il cor mi va.)

(Parte Lisinga con i Grandi del regno)

Siveno
Che pensi, o padre! e non seguiam Lisigna?

Polibio
Figlio, non sai quanto il mio cor tormenti
di perderti il timor.

Siveno
Deh cessa, o padre,
da sì tristi pensier: di questo giorno
non perturbar la gioia.
E’ giusto il ciel, né di sinistro evento
con noi crudel sarà: ch’anzi difesa
vorrà farsi al mio uopo, e assister pronto
al mio benefattor... lo spero...

Polibio
Ascolti
i nostri voti il Cielo,
e per gaudio comune in dolci modi
renda sempre più saldi i vostri nodi.
(Partono)




Gran piazza con veduta del palazzo reale.



Scena quarta
Eumene con seguito

Coro
Andiamo taciti
a lento passo,
regni il silenzio,
lungi il timor.

Eumene
Amici, omai propizia appieno
mi si mostri la sorte,
e tutto ho già disposto:
servi, custodi, ognuno
mi guadagnai coll’oro,
altro non manca ormai
che unione ed ardire: or ben sentite,
l’opera dividiam; e voi in prima
per questa parte entrate, e voi per quella,
e al limitar delle reali stanze
aspettatemi tutti;
io frattanto co’ miei
attenderò il momento;
il Ciel a noi darà forza e ardimento.
All’alta impresa tutti
andiam con alma forte.
Del vostro Re la sorte
da noi dipenderà.

Coro
Del nostro Re la sorte
il ciel proteggerà.

Eumene
Clemente ciel, che ai miseri
sola speranza sei,
seconda i voti miei,
non farmi palpitar.
Da mille affanni oppressa
l’alma mi sento in petto;
Ah! figlio mio diletto
quanto mi fai penar!

Coro
Il suo verace affetto
quanto lo fa penar!

Eumene
L’ora fatal s’appressa,
compagni non temete;
se fidi a me sarete,
valor trionferà.

Coro
Numi, se giusti siete,
per noi trionferà.
(Partono tutti)




Gabinetto reale con alcova e sofà. Notte.



Scena quinta
Lisinga in atto di riposarsi, indi Eumene da una porta laterale seguito da’ suoi, tutti armati e con faci ardenti

Lisinga
Mi scende sull’alma
un dolce sopore;
io poso; ma il core
posar più non sa.

Eumene
Fermatevi.
Io sol m’inoltrerò. Contento io sono;
il ciel mi porge l’opportuna sorte;
ecco Siven nel sonno immerso; vieni,
mia diletta speranza...

Lisinga
E quale ardir! pietà, soccorso, aita...

Eumene
Ingannato mi son; oh rabbia!
Non sei tu quel che cerco;
ma se non sei Siveno,
vieni meco per lui ostaggio almeno.

Lisinga
Ohimè, crudel, che tenti,
ah vile traditore...

Eumene
Mi segui, o il mio furore
tutto su te cadrà.

Lisinga
Mi lascia.

Eumene
Invan lo speri.

Lisinga
Sposo, tradito sei...

Eumene
Ardir, amici miei...

(Incendiano da varie parti.)

Lisinga
Padre soccorso, oh Dio!
Salvami per pietà.

Siveno e Polibio
(vedendo il passo impedito dal fuoco)
Stelle, che veggio, o Dei,
oh nero tradimento!

Eumene
Or più le furie sento
per lor tu trema ancor.

Lisinga
Barbaro, orror mi fai,
mostro di crudeltà.

Eumene
La pena pagherai
col giusto mio rigor.

Siveno, Polibio e Coro
(crescendo sempre il fuoco)
Ovunque è chiuso il passo,
più scampo a noi non resta.
Numi, che pena è questa,
che notte di terror?

Lisinga ed Eumene
Che fiera angoscia è questa.
mi si divide il cor.

Lisinga
Se voi ancor mi udite,
le voci mie seguite;
il cor mancar mi sento,
io moro... che dolor!
(sviene fra le braccia di Eumene)

Eumene
Si compia; omai venite,
l’ardire mio seguite;
in si fatal cimento
trionfi il mio valor.
(conducendo via Lisinga)

Polibio
Guardie, deh! mi seguite,
da questa parte, udite...
ancor sua voce sento
che lacera il mio cor.

Siveno
Miei fidi, ohimè! sentite!
Non v’è più tempo, udite...
questo è crudel tormento
che lacera il mio cor.

Coro
Tutto ci fa spavento;
ah salvati, signor.

 

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Atto secondo ritorna a libretto



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© DRG, 11. Januar 2001