Atto primo

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Gran tempio d’Iside con simulacro a destra.



Scena prima
Sacerdoti che fanno i sacrifici, donzelle, guerrieri e popolo prostrati alla statua del nume. Gran Sacerdote


Tutti
Sposa del grande Osiride,
madre d’Egitto e Diva,
o che ti piaccia scendere
sovra l’Inachia riva,
o in mezzo al Nil settemplice
ti giovi il crin lavar,
mira pietosa il popolo
steso al tuo santo altar.

Sacerdoti
A te devoti svenano
vittime i sacerdoti.

Le vergini
Le palpitanti vergini
t’appendon fiori e voti.

I guerrieri
Invoca te la supplice
guerriera gioventù.

Tutti
Salvi il tremante popolo
l’eterna tua virtù.
Madre di questo regno,
accorda a noi sostegno.
Il tuo tremante popolo
salva da tanto orror.

Gran sacerdote
(spaventato)
Ahi! L’ara si scuote,
il tempio s’oscura;
la dea ci percuote
con nuova sciagura;
che stragi e ritorte,
che morte, che orror.

Tutti
Oh Diva tremenda!
pietade ti prenda
del nostro dolor.



Scena seconda
Zenobia con seguito da una parte, ed Arsace dall’altra. Appena escono, tutti li circondano spaventati; Arsace e Zenobia li rassicurano.



Zenobia e Arsace
Coraggio o figli... ahi quale,
qual debolezza è questa!

Arsace
Zenobia ancor vi resta.

Zenobia
Vi resta Arsace ancor.

Tutti
Ah! Se per noi pugnate
vinti non siamo ancor.

Arsace
Se tu m’ami, o mi regina,
tornerò da te più degno:
sola in Asia avrai tu regno,
come regni sul mio cor.

Zenobia
Ah! soltanto il ciel, che invoco,
te conservi, o mio guerriero,
perderò corona e impero,
purché a me tu resti ognor.

Zenobia e Arsace
Deh! pietosa, o dea, rimira
così pura e bella face:
placa il fato di Palmira,
rendi a noi la prima pace,
e sorridi al nostro amor.
(Musica guerriera.)

Zenobia
Senti... ahimè!

Donzelle
Qual suon lontano!

Arsace
Suon di guerra...

Guerrieri
Oraspe arriva.

Zenobia
Che fia mai?

Sacerdoti
Ci assisti, oh Diva!


Scena terza
Oraspe frettoloso con soldati e detti



Arsace
Ah favella...

Coro
(Che dirà?)

Oraspe
Già l’insegne d’Aureliano
dell’Eufrate sono in riva,
e l’esercito romano
già minaccia la città.

Arsace
Voliamo al campo. Addio.

Zenobia
Ti segue, o caro, anch’io.

Donzelle
Chi salverà Palmira?

Gran sacerdote
Resta: la dea m’inspira.
(Prostrandosi tutti a Zenobia.)

Tutti i cori
Difendi la città.

Arsace
Resta, e mi sia partendo
stringerti al sen concesso;
maggiore a questo amplesso
il mio valor si fa.

Zenobia
Resto. Ah mi sia restando
stringerti al sen concesso;
maggiore a questo amplesso
il mio timor si fa.

Guerrieri palmireni e persiani
Compagni, all’armi, all’armi;
guerrieri, al campo, al campo;
de’ nostri acciari al lampo
Roma tremar dovrà.
(Partono Zenobia da un lato ed Arsace dall’altro, col loro seguito.)



Scena quarta
Gran sacerdote



Gran sacerdote
Secondino gli dei,
principe generoso, il tuo valore!
E se scritto è nel cielo,
che alla sorte di Roma
debba Palmira soggiacer, tua fama
sarà eterna fra noi; dolce pensiero
sempre sarai dell’Oriente intero.
Stava, dirà la terra,
contro Palmira il fato:
in sua difesa armato
Arsace sol pugnò.
Se nella sua rovina
restò l’eroe sommerso,
fu che col fato avverso
pugnar l’eroe non può.
(parte con tutti i sacerdoti)





Vasto campo, tutto in disordine, dopo sanguinosa battaglia, nella quale i Persiani sono rimasti sconfitti.
Al fondo della scena si scorge l’Eufrate, e di là dal fiume la città di Palmira.



Scena quinta
Aureliano sopra una biga trionfale. Guerrieri vinti e prostrati. Licinio e soldati romani



Coro de’ Romani
Vivi eterno, o grande Augusto,
all’Impero, al mondo, a noi;
e rispetti i lauri tuoi
ogni gente ed ogni età.
Al tuo crine il vinto Eufrate
nuove palme aggiungerà.

(Aureliano sostenuto dai suoi scende dal carro.)

Aureliano
Romani, a voi soltanto
debbo i trionfi miei, spetta a voi tutto
di cotanta vittoria il pregio e il frutto.
Come in battaglia prodi,
pronti l’ire a depor, se cessan l’armi,
il vinto si risparmi,
(fa alzare i prigionieri)
e si faccia per voi noto alla terra,
che Roma è grande in pace e grande i guerra.
Cara patria! il mondo trema,
se coll’armi abbatti i troni,
ma t’adora allor che doni
pace ai vinti e libertà.

Coro
Sì, la terra, in pace e in guerra,
sempre Roma vincerà.

Aureliano
A pugnar m’accinsi, o Roma,
col tuo nome impresso in cor.
Porgi i lauri alla mia chioma,
io ritorno vincitor.

Coro
Porgi i lauri alla sua chioma,
ei ritorna vincitor.

Aureliano
Olà: venga e si ascolti
il prence prigionier.



Scena sesta
Arsace ed Aureliano


(Esce Arsace, Aureliano gli va incontro)

Aureliano
Stretto in catene,
eccoti, Arsace: invan la Persia intera
armasti contro me: fur le tue schiere
dal romano valor vinte e fugate,
in riva dell’Oronte e dell’Eufrate.

Arsace
Della fortuna avversa
non rammentarmi in van lo sdegno estremo;
io son tuo prigionier; lo veggo e fremo.
Che se giustizia sola
assistesse al pugnar, in lacci avvinto
oggi Aurelian vedrei
al piede di Zenobia e ai piedi miei.

Aureliano
Principe, un folle amore
oh come ti cambiò! nemico a Roma
per Zenobia ti festi...
Dovrei punirti; ma pietà mi desti.

Arsace
La tua pietà? conosce il mondo appieno
il Tebro ed Aureliano.
Non alberga pietade in cor romano.

Aureliano
Fiero sei tanto! e che saria se vinto
da te foss’io?

Arsace
L’Asia dolente ascolta,
l’Asia il dirà.

Aureliano
Custodi, al mio cospetto
si tolga: io t’abbandono alla tua sorte.

Arsace
Da forte io vissi e morirò da forte.
(Partono. Aureliano entra nelle tende. Arsace è condotto via tra le guardie.)



Scena settima
Licinio



Licinio
Giorno di gloria è questo,
Roma, per te. Fu vendicato assai
tanto sangue latino
onde l’Asia rubella ancor rosseggia.
Nell’infedele reggia
tremi Zenobia, e nel destin d’Arsace
miri qual sorte acerba
fra poco il Tebro punitor le serba.
(parte)



Interno d’un magnifico padiglione, che s’apre a destra e a sinistra.


Scena ottava
Aureliano e Publia, indi Licinio, in ultimo Oraspe



Aureliano
Vincemmo, o Publia; ma ci resta ancora
Palmira a soggiogar. Finché Zenobia
nella forte città chiusa rimane
sfida impunita l’aquile romane.

Publia
(con premura)
E il prince prigionier!..

Aureliano
Purché nemico
di Zenobia ritorni, io gli perdono,
sciolgo i suoi lacci e lo ripongo in trono.

(Esce Licinio.)

Licinio
De’ Palmireni il duce, Augusto, chiede
di presentari a te.

Aureliano
Venga.

Publia
(Che fia?)

(Licinio fa avanzare Oraspe.)

Oraspe
Zenobia ad Aurelian salute invia.
Di favellarti brama, ove ti piaccia
che venir possa illesa
dalle guardate mura
al tuo campo, e partir.

Aureliano
Venga: è sicura.

(Oraspe parte.)

De’ Persi prigionieri, al manco lato
della tenda, si tragga
il numeroso stuolo, e qui si schieri
il drappel de’ tribuni e de’ guerrieri.

Publia
Sul proprio fato incerta
forse pace sospira.

Aureliano
E’ troppo altera,
onde s’esponga all’onta
della ripulsa mia. Pensar conviene
che alta cagion la mova.

Publia
Ella già viene.



Scena nona
S’apre il padiglione a sinistra, ove si scorge Zenobia sopra un magnifico carro contutto il suo seguito, parte del quale porta ricchi doni.
Aureliano si pone sopra una sedia elevata. Coro di guerrieri romani e di donzelle palmirene. Oraspe, Licinio e Publia


Coro de’ Romani
Venga Zenobia, o Cesare,
e da te pace implori.
Venga, e in Augusto onori
dell’Asia il domator.

Coro di Donzelle
Possan Zenobia e Cesare
depor lo sdegno antico;
si stringa in nodo amico
belleza col valor.

(Durante il canto del coro, Zenobia scende dal carro ed entra nel padiglione con Oraspe.)

Zenobia
Cesare, a te mi guida
gratitudine e amor. De’ Persi il prence
per me pugnò: vinto rimase, e dura
nel roman campo servitù sostiene;
vengo a scioglier, signor le sue catene.

Publia
(Ah! lo previdi.)

Aureliano
Invan chiedi, Regina,
la libertà d’Arsace: egli di Roma
si è fatto traditor; né invendicato
Roma lasciar può mai cotanto oltraggio.
(Che sembianza gentil!)

Zenobia
(Alma, coraggio!)
(mostra i doni che ha recato)
Prezzo d’Arsace io t’offro
quanto l’Asia produce
di più raro per noi; se quel tesoro
che in dono a te recai
poco ti sembra, altro maggior n’avrai.

Oraspe
(Che risponder potrà?)

Aureliano
Poco, o Regina,
Roma conosci e me: dove accordassi
la libertà d’Arsace,
mi recheresti invano i doni tuoi...
Dona Aurelian, non vende, i servi suoi.

Zenobia
Forse avverrà che il ferro,
più che i tesori miei, porga a lui scampo.

Aureliano
Dunque guerra tu vuoi?

Zenobia
T’invito in campo.

(S’apre la tenda dalla parte destra, e si vedono prostrati tutti i prigionieri.)

Aureliano
Pria di partir, mira e contempla in loro
il tuo destin: cedi, Zenobia, e tutti
a te li dono, ed a te rendo Arsace.

Zenobia
No: di viltà non è il mio cor capace.

Prigionieri
(stendendo le braccia a Zenobia)
Cedi, cedi: a lui t’arrendi...
Senti, o Dio, di noi pietà!
Ah! Regina, a noi tu rendi
pace, patria e libertà.

Donzelle
Deh cedi...

Zenobia
(interrompendo con sdegno)
Ah no: voi lo sperate invano.
Giacché tanto Aureliano
seppe negar, che il prigioniero io veda
permetta almen; per pochi istanti il chiedo.

Publia
(Che pretende?)

Licinio
(Che vuole?)

Aureliano
Io lo concedo.
Ti fia scorta Licinio. - Ah pensa in pria,
che ti prepari la rovina estrema.
Mira il perglio a cui sei presso, e trema.

Zenobia
Tremar Zenobia? Ah! finché resta un brando,
tremar degg’io? non è, non è fecondo
il Tebro sol d’eroi:
Si sa morir da forti anche fra noi.
Là pugnai; la sorte arrise
a Palmira e al braccio mio:
quel gran giorno non oblio,
quel gran giorno ancor verrà.

Coro de’ Romani
Se non vuoi da Roma pace,
ceppi e morte a te darà.

Donzelle e Coro di prigionieri
Senti oh Dio! pietà d’Arsace.
Senti oh Dio! di noi pietà.

Zenobia
Non piangete, o sventurati,
in catene, è ver, gemete;
ma fratelli e figli avrete
per donarvi libertà.

Romani, prigionieri e Donzelle
Cedi, cedi; il fato istesso
tutti, tutti opprimerà.

Zenobia
Palpito insieme, oh Dio!
e di furore avvampo.
(ai prigionieri)
Voi rimanete: addio.
(ai Romani)
Voi m’attendete in campo.
Un Dio mi sprona all’armi,
un Dio mi reggerà.

Prigionieri
Vanne: fra il sangue e l’armi
il cor ti seguirà.

Romani
Vanne: fra il sangue e l’armi
l’orgoglio tuo cadrà.

(Zenobia parte scortata da Licinio, indi Oraspe e seguaci.)



Scena decima
Aureliano e Publia



Aureliano
Chi mai creduto avria
tanta costanza in lei
e sì rara beltà? Quasi io cedea;
e s’ella in atto umile
chiesto pietà m’avesse, in quell’istante.
Forse io poteva...

Publia
(Ah! fosse Augusto amante!)
Troppo Zenobia è altera,
onde possa al tuo piè giammai prostrata
chieder pietade e pace.

Aureliano
La sventura d’Arsace
e il suo stesso periglio a questo passo
forse la ridurrà: potrebbe il prence
in lei temprare quell’orgolio insano.

Publia
Voglian gli Dei che tu non speri invano!

Aureliano
Ma se non cede e sfida
il mio rigor, per sé, per lui paventi;
non tradirò di Roma
la gloria mai, né tradirò la mia:
m’avrà qual più desia,
generoso o crudele; o in questo giorno
chiede la mia pietade,
o coll’amante suo Zenobia cade.
(parte)



Scena undicesima
Publia sola



Publia
Se Zenobia s’arrende, amante Augusto
potrebbe divenir: potrebbe Arsace
amarmi forse un dì. Da voi mi viene
così dolce conforto,
Numi, da voi; ma per pietà non sia
poscia tradita la speranza mia.
(parte)



Interno d’un antico castello che serve di prigione ad Arsace.



Scena dodicesima
Arsace mestamente seduto sopra un sasso, e Zenobia di dentro



Arsace
Eccomi, ingiusti Numi,
oppresso e prigionier! come un sol giorno
la sorte mia cangiò! soffrir costante
potrei tutto l’orror de’ mali miei...
Ma Zenobia... ah! Zenobia! io ti perdei.
Chi sa dirmi, o mia speranza,
se mai più ti rivedrò?
Ah la vita che m’avanza
te chiamando i perderò.

Zenobia
(di dentro)
Arsace... Arsace mio...

Arsace
Qual voce!




Scena tredicesima
Zenobia scortata da Licinio che parte



Zenobia
Arsace!..
Vieni, caro al mio sen.

Arsace
Zenobia! oh Dio!
Sei pur tu? ti riveggo? ah qual mi trovi?
Qual m’è forza lasciarti!

Zenobia
Ah! tutto io sento
in sì fiero momento
l’orror del mio destin...

Arsace
Cara, io formai
quest’unico desire...
Rivederti una volta e poi morire.

Zenobia
No, non morrai: tutto a versar son pronta
il sangue mio pur che tu viva... ah! spera:
per te combatto, avrò vittoria intera.

Arsace
Ah! non voler, mia speme,
avventurar tuoi giorni: io ti scongiuro.
Salvati per pietà: l’empio nemico
di tua sconfitta aver non possa il vanto.

Zenobia
Deh taci, ahimè!.. parlar mi vieta il pianto.

Arsace
Va’: m’abbandona, e serba
i tuoi bei giorni, o cara:
deh! vivi, e meno amara
sarà la morte a me.

Zenobia
No: non ti lascio: io moro
se a te non vivo unita.
Dipende la mia vita
idolo mio da te.

Arsace
Solo rammenta almeno
dell’amor nostro i dì.

Zenobia
Mi strappi il cor dal seno
nel favellar così.

Zenobia e Arsace
Che barbara stella
mirò la mia cuna!
Se coppia sì bella
divide fortuna!
Ah! solo al dolore
amore ci unì.



Scena quattordicesima
Aureliano con seguito e detti



Aureliano
(alle guardie che tolgono le catene ad Arsace)
Eseguite. Arsace, ascolta,
sento ancor di te pietà.
Ad offrirti un’altra volta
vita io vengo e libertà.

Zenobia
Oh gioia!

Arsace
(a Zenobia)
Ah! mia tu sei!

Aureliano
Ma la Regina...

Arsace
Parla.

Aureliano
Abbandonar la dei.

Zenobia
Che sento?

Arsace
Abbandonarla!

Aureliano
Il voglio.

Arsace
A questo prezzo
la libertà disprezzo,
morte terror non ha.

Aureliano
E il beneficio mio...

Arsace
Io lo ricuso.

Aureliano
Indegno!

Zenobia
(accorrendo ora all’uno ora all’altro)
Arsace... Augusto... oh Dio!

Aureliano
Piombi su te lo sdegno...

Zenobia
Io lo difendo.

Aureliano
(rivolgendosi a Zenobia)
Trema.
S’appresta l’ora estrema...
L’audace...

Zenobia
Ahimè!

Aureliano
Morrà.

(Pausa. Aureliano li contempla con furore. Arsace e Zenobia restano addolorati, indi corrono ad abbraciarsi.)

Aureliano
Ah! sento che assai
lo sdegno frenai.
In ambi l’offesa
punita sarà...
Ma calma il rigore
amore e pietà.

Zenobia e Arsace
Serena i bei rai,
morire mi fai.
In nostra difesa
amor pugnerà...
Quel barbaro core
orrore mi fa.



Scena quindicesima
Licinio e coro di Romani; Oraspe e coro di Palmireni con tutto il seguito di Zenobia; gli uni rivolgendosi a Zenobia, gli altri ad Aureliano.


Coro
Vieni all’armi: i tuoi guerrieri
di novello ardor son pieni.
Vieni all’armi; al campo vieni
a pugnar e a trionfar.

Zenobia
(ad Arsace)
Vado: addio; (ad Aureliano) Colà t’aspetto.

Aureliano
Si dividano.

Arsace
O tormento!
Mia Regina!

Zenobia
Mio diletto!

Coro
Vieni; corrasi: al cimento.

(Le donzelle di Zenobia la circondano supplichevoli.)

Donzelle
Va’: tu sola, Arsace e il regno
puoi difendere e salvar.

Zenobia e Arsace
Caro/cara amante, nel lasciarti
io mi sento il cor gelar.

Aureliano
O mio cor, per vendicarti
devi l’ira soffocar!

Zenobia e Arsace
Ancora un addio...
mancare mi sento...
coraggio cor mio...
All’armi, al cimento
Tu vinto sarai,
Tu spera: vivrai,
saprò/saprai di quel perfido
l’orgoglio domar.

Aureliano
Quest’ultimo addio
vi accresca tormento...
Vendetta desio:
All’armi... al cimento.
Tu trema, morrai.
Tu vinta sarai.
(Saprò di quei perfidi
l’orgoglio domar.)

Licinio, Oraspe e Coro
Di nostra vendetta
è giunto il momento.
Deh vieni, t’affretta.
All’armi... al cimento.

Licinio e Romani
(a Zenobia)
Tu vinta sarai.

Oraspe e Palmireni
(ad Aureliano)
Tu vinto sarai.

Licinio, Oraspe e Coro
Con noi vincerai
saprem della perfidea/di quel perfido
l’orgoglio domar.


2. Akt Zurück zu: Libretto

Atto secondo ritorna a libretto



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© DRG, 24. März 2001