ATTO UNICO

 

Scena 1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 | 9 | 10 | 11 | 12 | 13 | 14 |

Giardini del serraglio.

 

Scena prima
(Coro, Selimo e Mustafà.)

Coro
Splende sereno e fulgido
oltre l’usato il giorno;
par che secreto giubilo
empia ogni cosa intorno,
or che comincia a sorgere
beltà dal suo dolor.
A lei frescura apprestino
la palma, il lauro, il mirto;
le aurette a lei sollevino
dei fior l’olente spirto,
ed il ruscel che mormora
ragioni a lei d’amor.
 
Selimo
Quando m’offre amica sorte
così prospero momento,
vuoi ch’io manchi d’ardimento,
mi consigli di fuggir?
Vo’ parlarle alcuni istanti,
se credessi di morir.
 
Mustafà
Ah signor, non è la morte
come prendere un sorbetto,
è un boccone maledetto
che si stenta a mandar giù.
Un milion darei d’amanti
per poter campar di più.
 
Selimo
Non temer; vivrai, poltrone,
saran salvi i giorni tuoi. 
 
Mustafà
Se si scopre la finzione
io son fritto al par di voi.
 
Selimo
Qui non sono conosciuto,
per tuo servo io son tenuto.
 
Mustafà
Siete troppo delicato
per garzon di giardiniere.
 
Selimo
Sia di me che vuole il fato.
Prendi..
(gli porge una borsa)
E seguita a tacer.
Per vederti o mio tesoro
io non odo alcun timore,
sommo ardir mi dona amore,
e il pensier di tua beltà.
Dolce speme a me predice
che felice il cor mi fa.
 
Mustafà
È pur dolce il suon dell’oro,
l’armonia ne sente il core
ma il timore è un sonatore
che di più sentir si fa.
La mia musica mi dice
infelice, il palo è là. (Odesi lieta musica.)
 
Mustafà
Il Califfo! ritiriamci...
 
Selimo
Zitto.
 
Mustafà Fate a modo mio.
 
 
Selimo
Non temer: sta’ cheto, stolido,
sconosciuto a lui son io.

Scena seconda
(Il Califfo, Alì e detti.)

 

Coro
Viva, viva dei credenti
il sublime reggitor.
Il Profeta ognon contenti
renda i voti del suo cor.
 
Califfo
Qual nei vaghi ed eterni giardini
che a’ suoi fidi promette il Profeta,
qui sorrida ogni cosa più lieta,
ogni core festeggi con me.
Oggi Adina dell’Uri più bella
l’egre piume contenta abbandona;
oggi alfine la destra mi dona,
mi concede l’impero di sé.
 
Mustafà
Intendeste? potete partire.
Qui per voi da far niente non c’è.
 
Selimo
Ciel! che intendo? mi sento morire!
L’incostante mancommi di fé.
 
Califfo
Questo istante di dolce contento
quanto parve a’ miei voti più lento,
tanto più giunge grato a quest’alma,
or che calma sì lungo timor.
 
Coro e Califfo
Ah! che amor ci tormenta sovente
per recarci diletto maggior.
 
Mustafà
(Se capite, da far non c’e niente:
ei raccoglie, voi state all’odor.)
 
Selimo
(Me infelice! Smarrita è la mente,
mille smanie mi sento nel cor.)
 
Califfo
Andate, e del serraglio
tutte quante le loggie ornate e sparse
sian di ghirlande e fiori, e ognun si appresti
a presentar con lieti canti omaggio
a quello di beltade amabil raggio.

Scena terza
(Il Califfo e Alì [,poi Adina e coro.])

Califfo
Alfin mi vedo al colmo,
Alì, dei voti miei.
 
Alì
Grazie al Profeta
del vostro bene io rendo;
ma, signor, non intendo
come in voi tanto amor durato sia
ad onta di sìlung ritrosia.
 
Califfo
Ah! tu non sai quale al mio cor si aggiunga
oltre all’incanto della sua beltade
stimolo più possente ond’io l’adori:
chi mai vagheggio in quei begli occhi ignori.
 
Alì
Chi può del mio signore
gli arcani penetrar?
 
Califfo
Odi: quand’io,
guerrier privato e giovinetto ancora,
in Medina pugnava, arsi d’amore
per araba donzella, e sposa mia
farla giurai, ma prepotente fato
mi fece allora prigionier due lune
e quando ottenni libertade, ovunque
in traccia sua percorsi l’Asia intera
ma fu vana ricerca:
la misera, o fu spenta, o prigioniera.
 
Alì
Tristo caso mi narri.
 
Califfo
In seno impressa
sempre Zora portai; ma vidi Adina,
e in essa i vezzi, e tutto il brio di Zora,
e nuova fiamma accese il petto mio.
 
Alì
Ma come i pianti suoi
a tergere giungesti e destra e core
ad ottenerne? Tanto afflitta ell’era,
tanto il serraglio essa abborria da prima.
 
Califfo
Lasciai libero sfogo
al suo dolore, e mia pietà le piacque,
né in me vide chi prigion la tiene,
quindi felice io son... Ecco che viene.
(Si ritirano.)
 
Adina e Coro
Fragolette fortunate
pel mio ben io vi destino,
il suo labbro di rubino
voi ne andata a ristorar.
Io frattanto in quel volto
volgerò furtivo un guardo
ma la fiamma ond’io tutt’ardo
spero in vano di calmar.
No, non deve umile ancella
aspirar a tanto bene,
nuovi affanni e nuove pene
avrò sempre da provar.
Fragolette fortunate
io v’invidio e nol sapete,
voi quei labbri toccherete
che mi fanno delirar.
 
Coro
Vezzosa Adina, - de’ cor regina,
qui a voluttade - scevra d’amor
renda il tuo aspetto - più vago amor.
Al brio vivace - della tua face
ha in te virtude - nuovo splendor.
In ogni petto - desti l’ardor
Viva l’Adina, - trionfi onor.

Scena quarta
(Califfo e detta.)

Califfo
Quanto d’intorno vedi, o bella Adina
tutto da te dipende, e in questo giorno
comincia nel serraglio il tuo bel regno.
 
Adina
Del mio cor grato in segno
nulla poss’io darti, o signor,
che non vincan d’assai
i benefici onde colmata m’hai.
(Parte il Califfo. Adina l’accompagna in fondo al teatro.)

 

Scena quinta
(Adina, Mustafà, indi Selimo.)

Mustafà
(Coraggio, Mustafà! Questo è il momento
in cui l’ingegno tuo dimostri.)
(Adina ritorna e Mustafà gli si presenta.)
Signora, a’ piedi vostri
eccovi del serraglio il giardiniere,
che vi prega umilmente
d’unir benignamente i voti suoi.
(tenta di farle capire che deve parlarle)
 
Adina
(Qual mistero ha costui!) Sorgi: che vuoi?
 
Mustafà
Già che siete sì buona,
ascoltatemi senza testimoni:
quella gente mi mette soggezione.
 
Adina
(Che mai vorrà?)
(al coro, che si ritira) Partite.
Ebben, siam soli, appressati.
Parla liberamente.
 
Mustafà
Sì, signora.
Io parlerò, ma zitta, per pietà.
Politica ci vuol; Selimo è qua.
 
Adina
Selimo! oh ciel! che ascolto?
Ei vive? il ver mi dici? o sogno è questo?
Delirio del pensiero?
 
Mustafà
Altro che sogno!
Eccolo in carne e in ossa a voi davante.
(Esce Selimo.)
 
Selimo
Sì, mira: io vivo ancor, donna incostante.
 
Adina
Selimo... e sei pur tu?.. così d’Adina
vieni agli amplessi?
 
Selimo
Disperato io vengo
a rinfacciarti il tuo perpetuo scorno.
Ah! perché mai quel giorno
che i rapitori tuoi trafitto, esangue,
mi lasciarono al suol, non già qui spento?..
Risparmiato m’avria morte pietosa
il rossor di vederti a me infedele.
 
Adina
Ah tu non sai... che far potea, crudele?
 
Selimo
Fugir da queste mura.
 
Adina
        Io non potea.
 
Selimo
E se il potessi adesso?
 
Adina
        Lo farei.
 
Selimo
E sei pronta a seguirmi?
 
Adina
        Te lo giuro.
 
Selimo
Oh eccesso di piacer... tu dunque m’ami?
 
Adina
E sempre ti amerò, dolce mio bene.
(si abbracciano)
 
Mustafà
Del timore mi gelano le vene.
 
Selimo (a Mustafà)
Or vola, amico e tutto
disponi quanto è d’uopo al mio disegno.
Premio dell’opra degno
ne avrai se arride il cielo al nostro intento.
(Partono.)

Appartamento nel serraglio.

 

Scena sesta
(Adina e suo seguito.)

Coro
Il regio talamo - a te si appresta,
e torni mesta - a sospirar?
Qual nuovo palpito - ti può turbar?
 
Adina
Dove son io? Quale tumulto ho in seno
di contrari pensieri? Eccolo: io tremo...
 
 

Scena settima
(Il Califfo e detta.)

Califfo
Di te vengo in traccia,
tutto è disposto, o cara;
il tempio, il fuoco e l’ara, e a far compito
il sacro dolce rito
manchi tu sola: ma che vedo mai?
Tu non rispondi, e volgi altrove i rai?
 
Adina
Signor...
 
Califfo Favella: qual pensier funesto
turba il sereno del tuo bel sembiante?
 
Adina
Sappi... Fatale istante!
 
Califfo
Siegui.
 
Adina Che dir poss’io? de’ mali miei
la sorgente è inesausta; ah dona ancora
questa notte, signor, al mio dolore.
 
Califfo
Dolor! Che dici? mi trafiggi il core.
Se non m’odii, o mio tesoro,
se pur caro ancor ti sono,
perché mai mi nieghi il dono
del tuo cor promesso a me?
 
Adina
No, non t’odio, il ciel che imploro
a’ tuoi giorni ognor sereno
dica ciò ch’io provo in seno
quand’io son vicina a te.
 
Califfo
Ma se m’ami a che t’ostini
a deluder la mia speme?
 
Adina
Sappi, oh Dio! che il cor mi geme
ma non chiedermi perché.
 
Califfo
(Ah! che strano cambiamento
ch’io comprendere non posso!
Fiero dubbio il sen mi ha scosso,
né so dir, oh Dio! qual è.)
 
Adina
(All’affanno, oh Ciel! ch’io sento
più resitere non posso!
Nuovo affetto il cor mi ha scosso,
né so dir, oh Dio! qual è.)
 
Califfo
Se del cor mi nieghi il dono
dimmi almen, crudel, perché?
 
Adina
Sappi sol che oppresa io sono
ma non chiedermi perché.
 

Scena ottava
(Alì ed il Califfo.)

Alì
Che ti arresta, o signor? Già da gran tempo
il popolo affollato
ti attende al tempio, e la solenne pompa
con mille moti impazienti affretta.
 
Califfo
Del popolo l’amor invan m’aspetta.
 
Alì
Come?
 
Califfo Ricusa Adina
oggi all’altare di giurarmi fede
e l’indugio d’un giorno a me richiede.
 
Alì
Perdonate, signor, ma il mio sospetto
svelarvi io voglio: crederi tacendo
di mancarvi di fé.
 
Califfo
Numi! che intendo?
Quale sospetto è il tuo?
 
Alì
Segretamente
con uno schiavo favellar fu vista
oggi Adina in giardin; e a quel che parve
d’alto affar favellò.
 
Califfo
Con uno schiavo!
Chi fu l’audace, e chi guidollo a lei?
 
Alì
Intender nol potei; ma ben più grave
cagion m’induce a paventar che a voi
qualche inganno si trami. Appo il serraglio
ignoto pescator stava celato
siccome esplorator posto in agguato.
 
Califfo
Alì, le tue parole
di mille punte m’han frafitto il core.
D’intorno al serraglio
le porte guardate
le mura osservate
con tutto il rigor.
Ché incerta è quest’alma
fra i dubbi del cor.
Dolce Adina lusinghiera,
non tradire un dolce affetto.
Ah! che il cor fedel la spera,
grata al tenero mio amor.
Ah! se infida ritrovo colei
che sì pura sembrava a’ miei sguardi
di chi mai fidarmi potrei?
Dove amor, dove fede sperar?
Gelosia già m’infiammi, già m’ardi,
la mia fede già fai vaneggiar.
(parte con Alì)
 

 

Luogo remoto vicino al serraglio in cui scorgesi un ramo di fiume. È notte.

Scena nona
(Selimo, indi Mustafà.)

Selimo
S’alza la notte. Ascosa
la luna è in ciel. Già copre i passi miei.
Del bell’astro il favor compite, Oh Dei!
Salva ed illesa guida a queste braccia
l’adorato mio ben, la bella Adina,
lei per cui solo respirar desio,
datele voi coraggio eguale al mio.
Giusto ciel, che i dubbi miei
tu conosci e appien intendi,
l’idol mio, deh! a me tu rendi,
deh mi calma, per pietà.
Ah! se al sen per un momento
il mio ben mi stringerà,
palpitar di bel contento
questo core allor potrà.
 
Mustafà (entrando spaventato)
Ahi! ahi!
 
Selimo
Che avvenne?
 
Mustafà
L’aria è così scura,
che in una sepoltura
mi par di passeggiare
e fredda è sì, che parmi di gelare.
 
Selimo
Silenzio. A questa volta
si appressa un calpestio.
 
Mustafà
Sarà la ronda.
È meglio ch’io m’asconda.
 
Selimo
Vieni meco:
nulla temer tu dei.
 
Mustafà
Signore, il palo
non usa a chicchessia
rispetto e cortesia. Va dove va.
 
Selimo
Vieni, sciocco.
 
Mustafà
Pian, pian, per carità.
(Entrano.)

Scena decima
(Adina esce furtivamente dal serraglio, indi ritornano Selimo e Mustafà.)

Adina
Nel lasciarti, o caro albergo
di quell’anima ben nata,
una voce ascolto a tergo
che mi grida e chiama ingrata!
Ah! parlò con più potenza
altra voce a questo cor.
Della mia riconoscenza
trionfò più forte amor.
 
Selimo (di dentro)
Qui vi è gente...
 
Adina
Alcun s’appressa.
 
Mustafà
Tosto indietro ritorniamo.
 
Adina
È Selimo.
 
Selimo
È Adina.
 
Mustafà
È dessa.
 
Adina
 
Adina e Selimo
Oh contento! Salvi siamo.
Corri, vola il pescatore
prontamente ad avvisar.
 
Mustafà
(Se mi scampo con onore
è una cosa da contar.)
(parte)
 
Adina e Selimo
Oh notte amica! - Addensa il velo,
stella nemica - non splenda in cielo,
la nostra fuga - non palesar.
(Mentre vogliono partire odesi un colpo di fucile. Mustafà ritorna spaventato.)
 
Adina
Ah qual colpo!
 
Mustafà
Aiuto! aiuto!
 
Selimo
Che mai fia?
 
Mustafà
Siam rovinati.
Il battello è trattenuto,
pieno è il lido di soldati.
 
Adina e Selimo
Sorte avara! Ove nasconderci?
 
Mustafà
Prepariamoci a morir.

 

Scena undicesima
(Il Califfo, Alì, soldati. [I precedenti.])

Califfo
Arrestate; invano, o perfidi,
procurate di fuggir.
(ad Adina)
Tu non osi, o donna ingrata,
di fissarmi il ciglio in volto...
E tu, vile quanto stolto,
sei coperto di pallor...
Sì, tremate: già vi ho colto,
già vi opprime il mio furor.
 
Selimo
In non tremo, un ferro solo
porgi a me, ché mille n’hai.
S’io son vile allor saprai,
chi son io ti mostrerò.
 
Califfo
Temerario! Olà, costoro
tolti sian dal mio cospetto.
 
Adina
Ah signor, pietà di loro.
Vibra il ferro in questo petto.
Solo in me la rea tu vedi,
solo Adina ti oltraggiò.
 
Califfo
Tu pregar ancor mi puoi?..
Tu per lui?.. perfidia estrema!
Va’, non t’odo: iniqua, trema,
d’ambedue vendetta avrò!
 
Adina
Ah crudele!
 
Califfo
Sian divisi.
 
Selimo
Oh dispetto! oh furor mio!
 
Adina
Vana speme!
 
Mustafà Testa addio!
 
Califfo
L’ira mia frenar non so.
 
Adina, Selimo e Califfo
Oh qual notte orrenda è questa!
Qual momento, oh Dei! d’orrore.
Fiera in sen mi fan tempesta
tra l’affanno, sdegno, amore,
e a vicenda, a brani a brani,
io gli sento il cor spezzar.
 
Mustafà
Ah! l’ho detto che la festa
non finiva con onore.
Ah! per me di già s’appresta
qualche palo traditore.
Ah! qual mai dovrò domani
fiero ballo incominciar.
(partono)

Scena dodicesima
(Il Califfo seduto e pensativo, indi Adina.)

Adina (di dentro)
Lasciatemi, crudeli,
morir al regio piè.
 
Califfo
Guardie: all’iniqua
sia vietato l’ingresso.
 
Adina (esce)
Il crudo cenno
tardi lo desti... Ah tu, signor, mi udrai,
o svenar mi farai.
 
Califfo
Che tenti, ingrata?
Da me che speri ancor?
 
Adina (gettandosi ai suoi piedi)
Il tuo perdono.
 
Califfo
Scostati, parti, irremovibil sono.
 
Adina
Quei che a morte condanni,
dall’infanzia il conobbi e l’adorai:
a lui la vita e libertade io deggio,
ed ora imploro grazia a te per lui.
 
Califfo
Ed a vantarmi in faccia
venisti il mio rival? Di tua costanza
a far pompa venisti a me davanti?
Trema: fra pochi istanti
vendicato sarò. Tosto si affretti
il suo supplizio estremo...
 
Adina
Ah no, pietade!
Un’altra volta a’ piedi tuoi l’imploro.
 
Califfo
Non è più tempo! Ite, volate.
 
Adina
Io moro.
(s’abbandona fra le braccia del coro)
 
Califfo (correndo a lei)
Adina! Il duol l’oppresse.
Soccorretela voi. Numi! a tal vista,
qual mi sento in petto
risvegliarmi di pietà senso novello?
Ma che monile è quello?
Porgetelo. Che vedo? Il dono è questo
ch’io feci a Zora?.. Ecco il ritratto mio.
Ma quai note vegg’io? D’Adina il padre!
Ella è mia figlia, oh Dei!.. Zora l’è madre.
Oh cara figlia! ma frattanto more,
morì l’amante suo... Corrasi presto,
e si sospenda la fatal sentenza
se n’è pur tempo ancora...
Su lei vegliate. Oh istante! oh figlia! oh Zora!
(parte velocemente)
 

Scena tredicesima
[Adina e coro.]

Coro
Apri i begli occhi, Adina,
conforta il core.
Non ti oscurar così,
raggio d’amore.
 
Adina (ritornando in sé)
Dove sono? Ancor respiro?
Egli è spento, oppur deliro?
Ah dov’è l’amante mio?
Chi dal sen me lo strappo?
Voi tacete... intendo... oh Dio!
Il tiranno lo immolò.
Ah! che per piangerlo
com’io vorrei
non han più lagrime
questi occhi miei.
Non basta il pianto
al mio dolor.
 
Coro
Deh! spera, e calmati, serena i rai.
Fose potrai vederlo ancor.

 

Scena ultima
(Selimo, il Califfo e gli altri.)

Selimo (di dentro)
Cara Adina!
 
Adina
Oh ciel! qual voce.
 
Coro
Egli è desso.
 
Adina (correndo)
Oh mio diletto!
Chi ti rende a questo petto?
 
Selimo (additando il Califfo)
La pietà del genitor.
 
Adina
Come! tu?
 
Califfo
Sì, a te son padre,
se il natal da Zora avesti.
 
Adina
Ah! tal nome avea mia madre.
 
Califfo
Tu da me, da lei nascesti.
(l’abbraccia, indi l’unisce a Selimo)
Vieni, o cara, al sen paterno,
e da qusto in sen d’amor.
 
Adina
Ah! che angusto a tal contento
sento, o cari, in seno il cor.
Oh Dio! che comprendere
sì lieti momenti
non sanno quell’anime
avvezze ai contenti,
che mai compresero
che cosa è penar.
Per poco lasciatemi
almen respirar.
 
Tutti
Per sempre dimentica
gli scorsi momenti;
per tutti cominciano
bei giorni contenti,
ti appresta sol teneri
affeti a provar.

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© DRG, 5. Feb. 1999