Atto secondo

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Ricchissimo padiglione di Maometto nel quale si veggono riuniti tutti gli oggetti del lusso orientale.



Scena prima
Anna seduta su di un divano, nel massimo dolore e covrendosi con le mani il volto. Una schiera di donzelle musulmane magnificamente abbigliate la circondano, divise in vari gruppi: alcune sono inginocchiate dinanzi a lei, offrendole ricchi doni di ogni sorta: altre più indietro sostengono de’ vasi di profumi, altre finalmente canteranno il seguente coro.


Coro
E’ follia sul fior degli anni
chiuder l’alma a’ molli affetti,
e penar fra’ tanti affanni
d’una rigida virtù.
Finché april ci ride in viso
sol d’amor sien caldi i petti,
ché l’amar fra gioia e riso
è una dolce servitù.
Quando poi fia bianco il crine
cangerem, cangiando aspetto:
posto il cielo ha quel confine
fra ‘l diletto e la virtù.

Anna
(sorgendo sdegnata)
Tacete.- Ahimè! quai detti iniqui ascolto!
(aggirandosi sbigottita per la scena)
Anna infelice! ahi dove,
ove gli empi m’han tratta?.. ove! - Involarmi
a forza io vuo’ da questo infame albergo.
Libero il varco, olà...



Scena seconda
Maometto e detta



Maometto
T’arresta, e ascolta...
(Ad un cenno di Maometto si ritirano tutte le donzelle.)
Donna, fra l’armi il mio parlar fia breve.
Uberto amasti: ed or cangiato il vedi
in Maometto, nel crudel nemico
di Vinegia e de’ tuoi. Fero contrasto
quindi in te sorge fra discordi affetti:
nè in ciò ti biasmo, anzi laudarti io voglio.
Or di cagiar consiglio il tempo è giunto.
Io t’amo ancor: t’offro la destra... e il soglio.
Farti regina, e insiem felice io voglio.
Sì, d’Italia regina
tu meco sederai, ché tanto acquisto
già nella mnente, e non indarno, il volgo.
Germano e genitor teco felici
vivran pur essi e al fianco mio possenti:
or tu del tuo, del mio destin decidi.
Pensa però che sei già mia conquista,
e ch’io non trovo ancor chi a me resista.

Anna
Oggi il ritrovi alfin... quella son io.
Amava Uberto... un mentitor detesto:
Ricuso il soglio... la tua destra abborro.
Teco felice!.. Io!.. Regina io teco?
della mia patria a danno?.. Ad onta eterna
del padre e mia?.. Ma a consacrar tal nodo
quel Nume invocherai, se siam nemici
anco appiè degli altari?
(alquanto commossa)
A separarci... l’universo insorge.
(prorompe in pianto)

Maometto
E Maometto adunque
dell’universo a trionfar già sorge.
Anna... tu piangi? Il pianto
pur non è d’odio un segno:
non di superbo sdegno,
ma di pena... o d’amor.

Anna
(con l’accento della disperazione)
Sì: non t’inganni.. Ah, tanto
la pena mi s’addoppia,
che in petto or or mi scoppia
pel fero strazio il cor.
(poi, vaneggiando)
(Lieta, innocente, un giorno
del padre accanto io vissi:
ma poi mi venne intorno
forse da’ cupi abissi,
in lusinghiero aspetto
un più tenero affetto:
L’accolsi, incauta, in seno
contra il voler paterno...
Era feral veleno
che a me porgea l’inferno...
Solo or morir mi resta...
La mia speranza è questa.)

Maometto
(osservandola)
(A vaneggiar la misera
dal suo dolore è spinta;
e da’ suoi mesti gemiti
la mia fierezza è vinta.
Quel pianto ignoro io solo
se è duolo o infedeltà.)
Anna, rispondi almeno:
se Uberto avessi accanto,
lo stringeresti al seno?

Anna
Per me risponde il pianto.

Maometto
Basta.

Anna
Che dissi!..

Maometto
Assai.
Tu m’ami e mia sarai.

Anna
Signor... t’inganni... (Io gelo.)

Maometto
Vieni.
(vuole stringerla fralle braccia)

Anna
Ti scosta... (Oh cielo.
Non tanta crudeltà.)
Gli estremi sensi ascolta
d’un lacerato cor:
Amo... ma pria sepolta
che cedere all’amor.
Trionfan questa volta
il cielo e il genitor.
La voce estrema è questa
d’un lacerato cor.

Maometto
Gli accenti estremi ascolta
d’un disperato amor:
tu non sarai più tolta
del mondo al vincitor;
o pur cradrai tu, o stolta,
vittima al mio furor.
La voce estrema è questa
d’un disperato amor.

(Al finir del duetto la musica indicherà un lontano crescente tumulto.)

Maometto
Ma... qual tumulto ascolto? Olà! Che avvenne?

(Entrano alcune guardie con Selimo.)

Selimo
Signor, non liete nuove io reco.

Maometto
Oh rabbia!
Parla; che fu?

Selimo
Dalla rocca respinto
Acmet si vide, e in fuga vil rivolta
la sua foalange. Un veneto drappello
s’inoltra audace, e all’apparir suo primo,
al primo grido, da ben cento ignoti
asili balzan fuori, rotando il ferro
con disperato ardir, gli ascosi avanzi
de’ già vinti nemici. I lor compagni
raggiungono veloci, ed alla rocca
si traggon salvi; lungo stuol de’ nostri
lasciando sul sentier morti, o mal vivi.
Al triste evento con feroci strida
corre all’armi l’esercito, e si sparge
per le vie furibondo; ed ogni ostello
esplorano col ferro...

Anna
(Ahi padre!)

Selimo
Indarno
si frappongono i duci: ampia è la strage,
il disordine estremo; ognun dimanda
d’Erisso il sangue, quasi autor primiero
dell’improvviso assalto, e ingiurie acerbe
scaglian pur contra te per la tua troppa
ed incauta pietà...

Anna
(prostrandosi a Maometto)
Signor!..

Maometto
T’acceta.
(snuda furiosamente il ferro)
Schiudansi quelle tende.

(Il fondo del padiglione si apre, e si scuopre la piazza della città, già veduta nel primo atto, ingombra di soldati che si aggirano in disordine con le spade ignude.

Fermate, indegni.
(avanzandosi fra’ soldati, i quali alla sua voce rimangono immobili e sbigottiti)
Se desio di sangue
anco in voi ferve, negl’inermi petti
ad appargarlo qual viltà vi tragge?
Dalla rocca fuggiste... e qui pugnate?
Il mondo conquistar così sperate?
Alla rocca, codardi, ed io primiero
indicarne saprò l’arduo sentiero.
All’armi.

Coro di fuori
All’armi...

Coro di dentro
All’armi...

(Si ascolta da diversi luoghi un crescente battere di tamburi che chiamano i soldati, i quali si schierano in fretta.)

Maometto
E tu donna, fa cor. Finché m’avanza
di possederti ancor l’alta speranza,
il padre tuo securo
ognor vivrà, lo giuro.

Anna
Tu parti, ahi lassa! intanto. E mal represso
ancor mi sembra il soldatesco sdegno...
Lasciami almen di securtade un pegno.

Maometto
Bastò finora a Maometto... un cenno...
Pur... farti pago io voglio.
L’imperial suggello, ecco, t’affido.
Del mio poter con questo ad altri io soglio
commeter parte; e non indarno... mai,
arbitra or tu del genitor sarai
e del fratell pur anco: e obbedienti
guerrieri e duci ad ogni cenno avrai.
D’amor l’ultima prova,
Anna, il vedi, io ti porgo.
Trema però se al rieder mio non cangi
il disperato tuo consiglio... trema...
Non io più allor... ma parlerebbe il brando.

(Entrano nel padiglione i duci musulmani, ed annunciano a Maometto che l’esercito è in ordine.)

Coro
A che più tardi ancor?
Frementi - impazienti
le schiere or solo attendono
il cenno tuo, signor.

Maometto
All’invito generoso
riconosco i miei guerrieri
che si sdegnan del riposo
e lo chiamano viltà.
Dunque il piè volgiamo al campo
della gloria su’ sentieri.
Delle nostre spade il lampo
la vittoria desterà.
Dell’onta - l’impronta - fugace
nel veneto sangue - impavido, audace,
appien laverò.
O esangue - sul brando, - sfidando
la morte, - da forte - cadrò.

(Incomincia il suono delle musiche militari e l’esercito s’incamina.)

Maometto
(al guerriero che tiene lo stendardo)
L’invitto vessillo - mi porgi, guerriero.
Slanciarmi fra l’armi - io primo saprò.

(L’esercito prosiegue a sfilare fra canti guerrieri, e lo strpito delle musiche militari.)

Coro
Dell’araba tromba - già intorno rimbomba
lo squillo - foriero - di stragi e d’orror.

Anna
(a parte)
Qual voce celeste - al cor mi ragiona?
Qual foco m’investe - e a compier mi sprona
bell’opra d’onor.
(parte sollecitamente)





Ampio sotterraneo del tempio, tutto sparso di sepolcri, fra’ quali sarà notabile a dritta dello spettatore quello della moglie di Paolo Erisso.



Scena terza
Erisso e Calbo. All’alzarsi della tela Erisso e Calbo si scorgeranno sugli ultimi gradini della scala, e s’inoltreranno lentamente
.


Erisso
Seguimi, o Calbo. Fra’ muti sepolcri
de’ barbari al furor per poco almeno
involarci potrem. Non ch’io paventi
quella morte, che sfido.
Ma finché speme di vendetta avanza
amar lice la vita: ed io la serbo,
la serbo ancor questa speranza estrema.
Gli avidi sguardi a quella rocca io sempre
volgo e sospiro... Oh se potessi in quella
volar sull’ale de’ pietosi venti,
e rivestir l’usbergo... e a questa mano,
render quel brando, che le tolse il fato!
Tu taci?

Calbo
Io taccio, e fremo.

Erisso
(si volge, e vede la tomba dell’estinta consorte)
Ahimè!.. qual tomba io veggo!
Della mia sposa il cenere s’asconde
in quella, o Calbo. Ahi, duol!
(s’inginocchia innanzi la tomba)
Tenera sposa!
In ciel riposi or tu. Così seguito
pur io t’avessi!.. D’una iniqua figlia
or non vedrei gli scelerati ardori....

Calbo
Lasso! che dici! E di qual colpa è rea
la misera tua figlia?
Uberto amar credea: né fu mai colpa
l’esser credulo troppo.

Erisso
Ed or non siede
di Maometto al fianco?

Calbo
Tratta a forza vi fu. La vidi io stesso
divincolarsi da’ feroci sgherri
per ben tre fiate: e vinta alfin, le palme
ergere al cielo quasi fuor si senno;
e mille volte profferia tuo nome;
e pur da lunge ripeteami... addio!

Erisso
Vedesti?.. udisti?.. Ma chi sa se poi
non cangiò di consiglio
all’aspetto d’un trono e del periglio?
(rimane in sommo abbattimento assiso sulla tomba della sposa sua)

Calbo
Non temer: d’un basso affetto
non fu mai quel cor capace.
Né saprebbe la sua pace
mai comprar con la viltà.
Del periglio al fiero aspetto
ella intrepida già parmi
impugnar lo scudo e l’armi
d’una bella fedeltà.
E d’un trono alla speranza
dir, con placida sembianza,
basso affetto - nel mio petto
nido aver non mai potrà.

Erisso
Oh, come al cor soavi
mi giungono i tuoi detti!
Voglia propizio il ciel che sien veraci.
Oh figlia! ahi dolce figlia! E a me per sempre
i barbari t’han tolta?

Calbo
Ah! ti conforta.

Erisso
Confortarmi potrò quando fia morta.



Scena quarta
Anna, Erisso, Calbo


(Anna discende precipitosamente nel sotterraneo, seguita da un servo che reca due turbanti e due mantelli turchi.)

Anna
Padre...

Erisso
Qual voce!..

Calbo
Chi vegg’io!..

Anna
(correndo al padre)
M’abbraccia.

Erisso
Scostati.

Anna
Ahimè!

Erisso
Tu sei?.. sogno o son desto!

Anna
Mi discacci! E perché?

Erisso
Pria che risponda,
dimmi, torni mia figlia o mia nemica?

Anna
Questa impavida fronte a te lo dica.

Erisso
Di quella tomba appiè dunque lo giura.

Anna
(prostrandosi alla tomba)
Madre... dal cielo in questo cor tu leggi.

Erisso
(intenerito corre ad abbracciar la figlia)
Crederti voglio.

Anna
E il ver tu credi, o padre,
e a darne prova alta solenne io vengo.
Questo mirate imperial suggello
che or or mi porse Maometto, ond’io
schermo a voi ne facessi, ov’uopo il chiegga.
E ben già vidi quanto in essa è posta
quasi arcana possanza. Egli la rocca
si volse intanto ad assalir, traendo
oste immensa a tal pugna. Or se v’accende
desio d’onor... tenete.
(offre l’anello al padre)
Al fuggir vostro
non fia chi opporsi ardisca.

Erisso
Intendo: oh figlia!
Oh immensa gioia! Porgi.
(prende l’anello)

Anna
Un Dio m’ispira,
e maggior di me stessa oggi m’ha fatta.

Calbo
E tu a perir qui resti? Oh duol!

Anna
Costanza,
o Calbo. Il suo dover compia ciascuno.

Calbo
Seguirci è forza.

Anna
Ahimè! nol posso.

Calbo
E come?

Anna
Havvi lassù nel tempio alcun che veglia
su’ miei passi severo. Ignoto è ad esso
che ambi qui siate; e in quelle spoglie ascosi
ingannarlo fia lieve.
Ma noto il mio sembiante,
oh ciel! già troppo a’ Musulmani è fatto.
La patria io servo con salvar due prodi;
se me salvar procuro, io la tradisco.
Morir m’è forza: ed io morrò...
(a Calbo)
Ma tua.

Calbo
Che parli?

Anna
Odimi, o padre:
A lui consorte or dianzi
me destinavi, e, lassa!
la prima volta il voler tuo m’increbbe.
Or chieggo, e prego, e imploro
che il tuo desio pria di partir tu compia.
Ara non v’ha, né sacerdote in questo
muto albergo di morte;
ma sacro è un genitor d’innazi al cielo:
ara pe’ figli è la materna tomba
e i decreti d’un padre Iddio conferma.
Vieni, non più dimore:
degna almeno di te morir vogl’io.
(spingendolo dolcemente verso la tomba)

Erisso
(Parlar non posso... ché m’affoga il pianto.)

Anna
Calbo, ti stringi al genitor d’accanto.

(Erisso immerso nel pianto, né potendo profferir parola per la commozione, stringe insieme le destre di Anna e di Calbo, poi le accosta al suo cuore, appoggiandosi sulla tomba ed ergendo gli sguardi al cielo. Durante questa breve azione, la musica darà principio al ritornello del seguente:)

Anna, Calbo ed Erisso
In questi estremi istanti
è tanto acerbo e nuovo
l’affanno, il duol ch’io provo,
ch’esprimerlo non so.

Anna
(facendo cenno che partano al padre ed allo sposo)
Coraggio.

Erisso
Io tremo.

Calbo
(Io gelo.)

(Al nuovo invito di Anna s’incaminano. Anna è sulla scena: Calbo ed Erisso ascendono la scala.)

Erisso
Ahi figlia!

Calbo
Oh sposa!

Anna, Calbo ed Erisso
A rivederci... in cielo.



Scena quinta
Anna, costernata e taciturna, va a sedere sulla tomba materna. Breve silenzio
.

Anna
Alfin compiuta è una metà dell’opra.
L’altra a compier ne resta:
un sacrificio è questa,
e la vittima... io son. L’ultimo sfogo
t’abbi or nel pianto, o debole natura.
Ora verrà, che fia viltade il pianto.
[Ecco del mondo che mi resta! Un muto,
un gelido sepolcro... e oh me felice
se chiusa in questo con la madre io fossi!
O patria mia, forse avverrà che un giorno
quanto io feci per te saprai tu alfine,
e il mio cenere allor, dovunque ei giaccia,
spontaneo esulterà di esserti sacro.]
(sorge e spinge alcuni passi per la scena)
Or da me lungi ogni terreno affetto:
o morte, il giugner tuo tranquillo aspetto.

(Ascoltasi ad un tratto su nel tempio il seguente:)

Coro di donne
Nume, cui ‘l Sole è trono,
Nume, cui brando è il tuono,
a noi rivolgi il ciglio
nell’ultimo periglio.

Anna
Pregan nel tempio le mie dolci amiche.

Coro
Il fulmine, deh! accendi;
i figli tuoi difendi:
rivolgi ad essi il ciglio
nell’ultimo periglio.

Anna
Ferve dunque la pugna... Ah! vinca il padre,
e lieta allor raggiugnerotti, o madre.
Volar nel tempio io pur... No: qui s’attenda
l’ultima ora tremenda.
Mi sento assai più forte
qui fralle tombe ad affrontar la morte.

Coro
Nume, cui ‘l Sole è trono:
Nume, cui brando è il tuono,
il fulmine, deh! accendi:
i figli tuoi difendi.
Rivolgi ad essi il ciglio
nell’ultimo periglio,
e un soffio struggitor
disperda il vincitor.

Anna
Taccion le preci omai. Chi sa che avvenne?
Chi sa se vinse il genitor?.. Che parlo,
stolta! Chi sa s’ei prima in salvo
col mio sposo non giunse?..
Ahi penosa incertezza, i miei tormenti
tu sol mancavi a render più possenti!

Coro
(dal tempio)
Anna, ove sei?

Anna
Quai grida?

Coro
Anna, rispondi.

Anna
Chieggon di me!.. Che fia?

(Alcune del coro appariscono sull’alto della scala dicendo:)

Coro
Dove t’ascondi?

(Il coro delle donne discende nel sotterraneo.)

Coro
Sventurata! fuggir sol ti resta
il fuor di vicina tempesta.
Già sul punto di vincer la giostra
sulla rocca Maometto si slancia.
Ecco Erisso improvviso si mostra:
Ecco splende di Calbo la lancia.
Odi un grido di gioia fra’ vinti:
cadon mille de’ barbari estinti,
e al fuggir del superbo signor,
tutto è strage sconfita ed orror.
Sventurata! fuggir sol ti resta
il furor di vicina tempesta;
ognun chiede, fremendo, tua morte:
a supplicio crudel ti destina,
che per te sol cangiata è la sorte,
per te avvenne cotanta rovina.
Or deh! cedi al pietoso consiglio:
Deh! ci siegui, t’invola al periglio;
in noi fida; la nostra pietà
coronata dal cielo sarà.

Anna
Vinto i Veneti han dunque?
Trionfa il genitor?.. lo sposo?.. Oh gioia!
E ch’io fugga chiedete?
Io che la prima gloria
ho di tanta vittoria?
Fuggir? ma dove? E per salvar me sola
espor voi tutte all’ultimo periglio?
A’ codardi serbate un tal consiglio.
Quella morte che s’avanza
io sospiro e non pavento,
ché l’uscire di speranza
è il più barbaro tormento,
e dell’unica mia speme
non mi resta che il rossor,
onde in queste angosce estreme
la mia vita è nel dolor.
Il dover compiuto omai
ho di figlia e cittadina;
la mia fronte, o ciel piegai
alla voce tua divina;
Ma l’iniquo e dolce affetto
non è spento nel mio cor.
Nella morte il fine aspetto
degli affanni e dell’amor.

Coro di donne
Sarai dunque, ahimè! reciso
vago fior di gioventù?
Vago fior che il Paradiso
adornò di sue virtù.
Quai strida orribili!
Le ascolti o misera?
Già qui s’appressano
furenti i barbari.

Coro di musulmani
(dal tempio)
Invan la perfida -invano ascondesi:
sia pur nell’Erebo - la nostra rabbia,
il suo supplizio - schivar non può.

Anna
Ed io non pavida - gli affronterò.

Coro de’ musulmani
(che discende nel sotterraneo)
Ecco la perfida... - Su via, trascinisi
fra mille strazi - a spirar l’anima.
(si slanciano furibondi colle spade ignude per trucidarla)

Anna
Ferite...
(presentando ad essi il petto)

Coro delle donne
Ahimè!

(I musulmani si arrestano quasi sbigottiti dal di lei contegno.)

Coro di musulmani
Qual forza incognita - ci arresta il piè?
E pur quest’empia - diva non è.

Anna
Sì, ferite: il chieggo, il merto;
quelle spade in me volgete,
ché di gloria i più bel serto
già m’appresta amico il ciel.
Madre, a te che sull’Empiro
siedi in placida quiete,
sacro è l’ultimo sospiro
di quest’anima fedel.

Coro delle donne
(A que’ detti si pietosi
chi frenar potrebbe il pianto?
Fia d’Italia eterno il vanto
per si bella fedeltà.)

Coro di musulmani
(A que’ detti generosi
lo stupor c’ingombra il petto.
Su que’ labbri, in quell’aspetto
qual dolcezza e maestà!)



Scena ultima
Maometto, seguito da Selimo ed altri suoi capitani, giunge precipitoso nel sotterraneo col furore dipinto sul volto. Si avanza e resta immobile per alcun poco, tenendo gli occhi fissi su di Anna. Ella non ardisce guardarlo. Silenzio universale
.


Maometto

Già fralle tombe?.. O perfida,
vana è la tua speranza,
di vita assai t’avanza
all’infamia e al dolor.

Anna
(A prevenirti, o barbaro,
mi resta un ferro ancor.)

Maometto
Ciò ch’io ti porsi or rendimi.

Anna
Non te ‘l rendea fra l’armi
lo sposo e il genitor?

Maometto
Che? Lo sposo! Ad insultarmi?
Lo sposo tuo?
Dì, chi è questi?

Anna
Calbo.

Maometto
Calbo dicesti?
Consorte, e non german!

Anna
(mostrando il sepolcro della madre)
Sul cenere materno
io porsi a lui la mano,
il cenere materno
abbia il mio sangue ancor.
(si ferisce col pugnale che teneva celato)

Maometto, Coro di donne e Coro di musulmani
T’arresta! T’arresta!
Che istante orribile,
oh giorno di dolor!
Già muore, oh Dio, la misera,
oh giorno di dolor!

(Anna cade morta al piè del sepolcro della madre)



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