Atto secondo

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Camera nell’istessa locanda.



Scena prima
Madame La Rose, Traversen, Alberto, Anselmo e Doralice


Madama La Rose
Ah. ah! che scena! Io moglie di Filippo?
Quanto, signor Anselmo, mi rallegro
che da Milan veniste
a me raccomandata.

Anselmo
Io più di voi, che non conoscendovi
di monsù Traversen vi ho dimandato
ed in voi l’ho qui subito trovato.

Traversen
Se vogliamo poi la nostra amicizia
passarla a parentela, vi domando
la vostra buona figlia per sposina.

Anselmo
(Evviva la franchezza parigina!)

Doralice
(Cosa costui pretende?)

Anselmo
Con tutto il mio piacer subitamente.

Doralice
(Ma io di questo non ne farò niente.)

Traversen
Andiamo adesso a stender il contratto.

Doralice
(Misera me!) Pian, pian...

Anselmo
Non c’è pian pian.
Figurati ch’è sua già la tua mano.

Madama La Rose
Certo il vostro papà non sbaglia in questo,
e più bei matrimonii
son quelli che si fanno presto, presto.
Sempre in amore - sono io così.
Se un cicisbeo - m’offre il suo cuore
io mai non faccio - la svogliatina,
ma colla grazia - che ci camina
l’accetto subito, - gli dico sì.
Pria l’alterigia - di donna bella
era dagl’uomini - tanto apprezzata;
ma adesso, credimi, - non è più quella,
la nostra regola - presto fallì.
(Viano. Traversen si porta Doralice pel braccio.)



Scena seconda
Alberto, che ha veduto Traversen a braccetto con Doralice, poi Monsieur Traversen che ritorna

Alberto
Or ve’, quella infedele
con che franchezza marcia a braccio a braccio
con Monsù Traversen? Ma a quel che vidi,
la donna non è lei della gazzetta!
Filippo m’ingannò! Ma sia chi sia,
impressa sempre l’ho nell’alma mia.

Traversen
Oh, voi qui siete, Alberto?

Alberto
Vi ho veduto a braccetto...

Traversen
Con mia moglie.

Alberto
Vostra moglie?

Traversen
Certissimo.
L’ho domandata al sior Anselmo, il padre,
e lui me l’accordò, ed or di fatto
verrà il notar per stendere il contratto.
(via)

Alberto
Un colpo sì crudele
avvilito m’ha già; il locandiere,
che intenta tante trappole,
sol mi potrebbe dar qualche consiglio
da poter dar riparo al mio periglio.
(via)




Scena terza
Filippo, poi Lisetta


Filippo
Non ancora ho potuto
sola veder Lisetta per poterla
disingannar! ma che mi giova? Il padre
sta per abbandonar la mia locanda.
E allor dir posso: mie speranze, addio.

Lisetta
(Quell’impostor! ma adesso
glie le voglio cantar come soglio io.)

Filippo
Cara Lisetta mia...

Lisetta
Qual confidenza?
Credevi veramente, ch’io t’amava?
Uh, sciocco! io mi spassava
con te, che uom sei tu! Cos’hai di bello?
Va’, va’; metti giudizio, pazzarello.

Filippo
Ciò lo dici per sdegno, già il so bene,
ma sappi che ammogliato io mai non fui,
finsi così per torre ogni sospetto
al tuo padre di me; tempo non ebbi
di avvertirtelo allora. Ero io capace
d’ingannar l’idol mio? Su, facciam pace.

Lisetta
No, da me pace più sperar non dei;
conosco ben chi sei; marcia, bugiardo,
né aver più ardir di rimirarmi in volto.

Filippo
Ma posso dirti almen...

Lisetta
No, non t’ascolto.

Filippo
Dunque addio, più Filippo non vedrai.

Lisetta
Queste son tutte grazie che mi fai.

Filippo
In bosco ombroso e folto
vo a darmi un colpo atroce,
e l’ultima mia voce
Lisetta chiamerà.

Lisetta
Figlio, non ho che farti,
cerca licenza a parti,
n’avrò qualche dolore
ma poi mi passerà.

Filippo
Barbara...

Lisetta
Olà creanza.

Filippo
Crudel...

Lisetta
Qual confidenza?

Filippo
Addio per sempre, addio.
Più a te non tornerò.

Lisetta
(Non so se a lungo, oh Dio!
resistere potrò.)

Lisetta e Filippo
(Qual fier contrasto, oh Dio!
mi sento ormai nel seno!
Affetti del cor mio
frenarvi più non so.)

Filippo
Da te m’involo...

Lisetta
Aspetta...

Filippo
E m’ami?

Lisetta
Non lo so.

Filippo
(in atto di partire)
Dunque...

Lisetta
Cos’è tal fretta?

Filippo
Ti lascio.

Lisetta
Adagio un po’.

Filippo
S’è vero che ancor m’ami
perché mi dici no?

Lisetta
Quel che ascoltar tu brami
adesso ti dirò.
Io son quell’ancora
tua cara Lisetta
che t’ama e t’adora,
che bramna, che aspetta
quel giorno, quell’ora
che amor ci unirà.

Filippo
E son quell’istesso
Filippo tuo caro
che, senza il possesso
d’un volto sì raro,
dolente ed oppresso
ognor si vedrà.

Lisetta e Filippo
Felici momenti
deh, quando giungete,
che lieti e contenti
amor ci farà?
Amor, quali amanti
più sperar mercede
se premio a tal fede
da te non si dà.
(viano)



Scena quarta
Alberto solo


Alberto
Chi creder mai poteva
che dolce e caro un mio nascente amore
cagionar mi dovea sì gran dolore?
In quanti rei pensieri
sta confuso il mio cor! freme, s’aggira,
smania, sbalza, delira, e in un momento
da mille furie tormentar mi sento!
Barbaro amore, ah tu lo stral dorato
vibrasti in me per darmi con inganni
brevissimo contento e lunghi affanni.
O lusinghiero amor,
se il caro ben m’involi
da me che più pretendi,
che sempre più m’accendi
colle tue fiamme il cor?
O lusinghiero amor,
se sordo ai miei lamenti
già ti mostrasti appieno,
toglimi omai dal seno
un sì ostinato ardor.
Tra cento furee e cento
palpita l’alma mia,
ma più mi da tormento
la fiera gelosia,
che il cor sta a lacerarmi
con barbaro furor.
Ma voce tenera
nel cor mi dice
che avrò per premio
quel dì felice,
che calma e giubilo
darà al mio cor.
(via)



Scena quinta
Filippo, poi Alberto


Filippo
Tutto sta ben disposto a maraviglia,
spero che questa volta,
mercé il novello inganno,
la mia Lisetta non mi sarà tolta...
Signor Alberto, che cos’è? Voi state
tutto smanioso.

Alberto
Per tante mensogne
che tu inventasti.

Filippo
Punto qua. Or meco
Doralice ha parlato. Ella vi adora
e sarà cura mia ch’ella ben presto
sposa vi sia! Volete più di questo?

Alberto
Caro Filippo, tu mi rendi il fiato.

Filippo
Ma s’ha da procurar... ch’oggi Pomponio,
come già ho risoluto,
oggi non parta dalla mia locanda;
e perciò artatamente
a duel nel giardin l’ho disfidato
e coraggiosamente ei l’ha accettato.
Vorrei lo disfidaste ancora voi
per dar tempo ai compagni di vestirsi
in altra guisa.

Alberto
Ma con qual pretesto
io l’ho da disfidar?

Filippo
Sulla ragione
che in sposa vi promise la sua figlia
e poi ve la negò. Com’io sfidato
l’ho, che per sua cagione
perdei di mia locanda il quakerone...
Ma non si perda tempo. Andiamo noi.

Alberto
Io tutto spero dagl’inganni tuoi.
(Viano.)





Giardino con casetta rustica con porta, prattticabile.



Scena sesta
Pomponio con un lacché che gli porta una spada di misura


Pomponio
Ad un mio pari un locandier disfida?
Ho dovuto accetta’, mio Tommasino,
sai già che i fogli girano?
Anzi potea pur dir Parigi istessa
«Pomponio il grande diventò n’allessa.»
Mo che me staje dicenno
ca non saccio da scherma? E ch’è, pe’ chesso?
Tu mo comme te cride
ca il duello se fa? No, te dico io,
perché lo locanniero
quanno ‘nguardia mme vede,
s’ha da mett’a fui’ comm’a ‘no lepero.
In altro caso, poi,
si non fuje isso, fuggiremo noi.
Tu ‘ntanto non me perdere de vista;
es si maje vide ca sto p’abbuscare
curre subeto, strilla e chiamma gente,
tu mo te figurasse
che chesta sia paura? Non signore,
auto non è che un poco di timore;
mo vene; va’, t’agguatta a quel cantone;
mettimmoce mo in aria de brottone.

Filippo
Io son qua.

Pomponio
E ccà sto io.
(Serii e minacciosi.)

Filippo
Io nella mia locanda v’ho alloggiato.

Pomponio
E io t’aggio pagato.

Filippo
Per le vostre maniere stravaganti
si sono di qua i quakeri partiti,
e m’avete levato il pan di bocca.

Pomponio
E che me preme de li guaje tuoje?

Filippo
Perciò dobbiamo duellar fra noi.
Su, fuor le spade.

Pomponio
Chià... (mmalora, chisso
non se mette paura.) Tu ‘sta spata
la vide quant’è longa?

Filippo
La vedo, e che perciò?

Pomponio
E mmo ammolata
me l’ha n’ammolafuorfece, te pozzo
fa’ male assaje, che buo’ fare. Cercame
scusa, ca te perdono.

Filippo
Che scusa? che perdono?
Che se non vi battete per viltate,
da voi se ne va al diavolo
di galantuomo il nome.

Pomponio
(E se mi batto
se ne va po’ a malora
la vita e il galantuomo.)

Filippo
Su, all’armi!

Pomponio
(E Tommasino è stato acciso!)

Filippo
Cosa andate guardando?

Pomponio
Aspetto ilmio patino...
Vi’ ca mo è chello, curre, Tommasino!

(Viene il servo)

Filippo
Che! in due adesso? Oh tradimento. Entrambi
vi uccido...
(snudando la spada)

PomponioAll’armi, alò... ma chiano,
armistizio pe’ mo’, sientemi primmo,
e ripigliammo po’ l’ostilità.
(Io non c’aveva maje da veni’ ccà.)
Vi’ ca io songo n’uosso
che non saccio si tu te lo puo’ agliottere.
Io so’ nitroso, so’ bituminoso,
so’ sulfureo, so’ elastico;
e te consigliarria
de non t’arreseca’.

Filippo
No, ho già deciso.

Pomponio
‘Nzomma, vuo’ esse acciso?
E fa’ comme vuo’ tu... Vi’ ca tu muore,
no io, sa’? (Ca già so’ muorto miezo
de sfunnolo.)

Filippo
Su, in guardia.

Pomponio
Ecco ccà... vanne
nelle stigie locanne...
Ma, testemmonia toja, ca tu si’ chillo
che buo’ mori’... gnernò, no mme commene:
io ‘no coniglio di ammazzar non oso,
bacia la mano al vincitor pietoso.

Filippo
Che vincitor? vi voglio
passare a parte a parte, presto...

Pomponio
E priesto...
(E che priesto, si già ‘mbraccia a Patano
sta il mio valor. E ch’accossì succede,
se spacca, e pesa. Se fa il guappo e poi
così vanno a fenire i grandi eroi.)



Scena settima
Alberto e detti


Alberto
A che coll’armi in mano?
Tu, Filippo, non devi
attaccar brighe col signor Pomponio,
io prendo impegno per la sua persona.

Pomponio
(St’acquarella de maggio è stata bona.)
Lo siente? Chisto è stato
sempe ‘no galantommo;
Va’, ringrazia la mia misericordia,
che no ha boluto stennerle ccà ‘nterra,
io son guerrier di pace, e non di guerra.

Filippo
Ma perché il sior Alberto
m’impedisce il duello?

Alberto
Perché devo
io con il sior Pomponio prima battermi
sino all’ultimo sangue:
o mi uccide o l’uccido.

Pomponio
Comme? (St’auta vigilia
non nci stea ‘ncalannario.)

Filippo
Voi a torto
con lui vi batterete, ed io a ragione
che lui di qua partir fe’ il quakerone.

Alberto
Non non a torto; a battermi con lui
la ragion mi consiglia,
ché mi promise e poi negò la figlia.

Pomponio
E te la dongo mo.

Alberto
E or non la voglio.
Dissetar mi vogl’io col vostro sangue.

Filippo
Ed il tuo sangue bevermi vogl’io.

Pomponio
Sarà vino de Somma il sangue mio!

Filippo
Il duello non vel cedo.

Alberto
Né io lo cedo a te.

Filippo
Verremo all’armi
pria fra di noi.

Alberto
Son pronto:
decideranno prima i nostri brandi.

Pomponio
Ah, sì, chessa è la soja.
Mo parlate da uommene.

Filippo
Approvate
voi dunque il mio progetto?

Pomponio
Manco Seneca
lo potea pensa’ meglio, a senno mio.
Comm’avite da fa’ mo ve dico io.
Primmo fra voi coll’armi
il punto sia deciso,
ca co’ chi resta acciso
io poi mi batterò.

Alberto
Quando quel cor malnato
dal sen gli avrò diviso...

Filippo
Quando l’avro mandato
a passeggiar l’Eliso...

Alberto e Filippo
Fra noi vedrem se ucciso
a torto io l’abbia, o no.

Filippo
Andiamo.

Pomponio
(ad Alberto)

(A te, ch’aspiette?)

Alberto
Su via.

Pomponio
Su, dalle ‘mpietto.

Filippo
Andiam.

Pomponio
(Chisso s’ammola!)

Alberto
Non più.

Pomponio
(Chiss’auto grida.)

Alberto e Filippo
Ebben, l’affar decida
chi prima ha da pugnar.

Pomponio
(Principio a risciata’.)

Alberto e Filippo
Ecco i soliti saluti
del duello inaspettato.
(Si consola il maledetto
e non sa che per diletto
lo faremo ancor tremar.)

Pomponio
(Chilli fierre so’ appuntute,
fa’ potriano un bell’effetto!
Se sfonnassero lo pietto,
e fenesco de tremma’.)

Filippo
Con permesso.

Alberto
Io fo l’istesso.

Pomponio
Che d’è mo, che nova nc’è?

Filippo
Il padrone della casa
ceder deve al forestiero,
e con lui pugnar primiero
tocc’a voi, non tocc’a me.

Pomponio
Non è bero, non è bero.

Alberto
Questo è vero, questo è vero.

Pomponio
Mme protesto, si è pe’ me.

Alberto
Senza dubbio tocc’a me.

Pomponio
Dico io mo, non se potria
aggiusta’ chesta facenna?

Filippo
Per esempio si potria...

Alberto
Presto, a noi, non più pensar.

Pomponio
Ma lassammolo pensa’.

Filippo
Quando il forte a noi si arrenda
si potria capitolar.

Alberto
Capitolar!

Pomponio
Bravissimo.

Alberto
Per me son contentissimo
di usar facilità.

Filippo
In termine brevissimo
l’affar si aggiusterà.

Pomponio
Remmedio cchiù bellissimo
non se potea trova’.

Filippo
Per prima condizione
segnam ch’egli è un poltrone.

Pomponio
S’accorda.

Alberto
Un uom bestiale.

Pomponio
S’accorda, non nc’è male.

Filippo
Un viaggiator ridicolo.

Pomponio
S’accorda il terzo articolo.

Filippo
Un sciocco gazzettante.

Pomponio
No chesso...

Alberto
Avante, avante.

Pomponio
Mettiam testa gloriosa...

Alberto e Filippo
Sconnessa in ogni cosa.

Pomponio
O pur...

Alberto e Filippo
Che dir vorresti?

Pomponio
Che articoli sì onesti
non pozzo ricusa’.

Alberto e Filippo
Gli articoli son questi,
né vi è da replicar.

Alberto e Filippo e Pomponio
Fra tante disfide - la piazza è già resa.
Giammai non si vide - più nobile impresa;
D’accordo noi siamo, - cantiamo, balliamo,
la gioia nel viso - ritorni a brillar.(viano)



Camera.



Scena ottava
Lisetta e Doralice, poi Madama la Rose


Lisetta
Fatemi, signorina, capir meglio...

Doralice
Filippo detto m’ha che noi dobbiamo
mascherarci alla turca
con due abiti eguali
che son pronti di già; poi nel festino
verrà lui con Alberto anco vestiti
da signori africani, e noi con essi
ce ne dobbiam fuggir.

Lisetta
Fuggir, che dite?

Doralice
Cos’è? v’impallidite? e che la fuga
fosse qualche demonio?
Dopo la fuga viene il matrimonio.

Lisetta
Non vorrei...

Doralice
Non vorresti
uscir da sì penosa tirannia?
Se ne volete uscir questa è la via.

Lisetta
Basta, ci penserò.

Madama La Rose
Invan Filippo
stga preparando maschere e festino:
or lei deve partir.

Lisetta
Che fier destino!



Scena nona
Pomponio e dette


Pomponio
Presto, alò, ca i cavalli
stanno attaccate già; muove le gamme,
addio Parigi, e servitor madame.

Lisetta
E per dove volete più portarmi?

Pomponio
Nell’Arabia petrea.

Lisetta
Dov’è l’Arabia petrea?

Pomponio
E’ ‘no paese addo’ nasceno le prete
che non ti può mancare al primo istante
‘no prencepe de llà petreazzante.

Lisetta
Oh vedete il cervello
or dove vi è saltato!

Pomponio
E che buo’, che sto ccà ‘nfra i miei nemici?
Io mo proprio ho dovuto
capitola’ e dir potria la Francia,
quanno se sa ‘sta cosa,
ch’aggio fatta ‘na pace vergognosa.
Alò, vieneme appriesso.

Madama La Rose
(Digegli tanto un no.)

Lisetta
No.

Pomponio
No, e tu chi si’, che dice no?
Del territorio mio matrimoniale
tu auto non sei che una patata
della quale fu’ io l’agricoltore.
Se dice no a lo gnore? Oh cattarinola,
non te nc’ arresecare n’auta vota
ca de le carne toje, figlia guavina,
mme ne faccio porpete craje matina.
Jammo, su, alò.

Madama La Rose
(piano a Lisetta)
(Piangete.)

Lisetta
Uh, uh.

Doralice
La fate piangere.

Madama La Rose
Troppo la strapazzate.

Pomponio
O chiagne, o ride.
Avimmo da parti’.
E pe’ signo de ciò, mo pe’ ‘na recchia
la porto a ‘ncarrozza’.

Madama La Rose
(Fatevi adesso
venire un svenimento.)

Lisetta
Ahi; ahi; aita... oimè! morir mi sento.

Doralice
Oh povera fanciulla!
Slacciamola.

Madama La Rose
Sediamola.
Non dà segno di vita.

Doralice
Non ha più moto, è tutta raffreddata.

Madama La Rose
Acqua, aceto... vedete
che avete fatto? Uh povera Lisetta!

Pomponio
(Sta’ a bede’ ch’è fenuta la gazzetta!)
Ne’, gue’? rispunne a me, figlia de tata.

Doralice
E’ inutile.

Madama La Rose
Non fiata.

Pomponio
(E biva io, l’ho fatta la rapata!)

Doralice
Zitto, zitto, mi par che già rinviene.

Madama La Rose
Signorina, su, datevi
animo, respirate.

Doralice
Papà vi vuole bene, è ragionevole.

Madama La Rose
Non partirete, no.

Pomponio
E mo n’è cosa
sicuramente; po’ muri’ pe’ strata.

Madama La Rose
(Come bella il babbeo se l’ha imboccata.)

Lisetta
Ove son? perché torno
quest’aure a respirar! E chi ha diviso
lo spirto mio dal fortunato eliso?
Nella selva de’ mirti appena entrata,
qual d’amorosi spirti
folla mi vidi intorno, ed io con grazia
con bocca a riso, ed occhi ognor ridenti,
riverenze rendeva ai complimenti.
Eroi più galanti
vennero a farmi onore,
Romolo mi diè un fiore,
Enea mi diè il caffè.
Con basso mormorio
parlavan poi di me.
E’ questa la Lisetta,
colei della gazzetta,
figlia infelice e semplice
di un pazzo genitor.
In me son poi tornata,
e qua mi son trovata,
e a dirvi il ver, mio padre,
vi guardo con orror!
Scacciate il pregiudizio,
abbiate più giudizio.
Vedete che dell’asino
vi danno i spirti ancor?
Volete ch’io mi sposi
colui che serbo al cor?
Sì, sì...

Pomponio
No, no.

Lisetta
E perché?
Vi prego.

Pomponio
Ed io tel nego.

Lisetta
Io l’amo.

Pomponio
E io gnernò.

Lisetta
Io non vi obbedirò.

Pomponio
Ed io ti batterò.

Lisetta
Ma non sapete voi
di poi che n’avverrà?

Pomponio
Sentiam che n’avverrà.

Lisetta
Domani direte: dov’è la Lisetta?
Lisetta qui voglio... chiamate Lisetta.
Si cherchi di qua, si vada di là.
Ma sa che gli dico, mio caro papà?

Madama La Rose
Che lei la Lisetta mai più non vedrà.

Doralice
Notate e marcate, sior caro papà?
Doman la Lisetta qui non ci sarà.

Pomponio
E sa’ che ve dice ‘sto caro papà?
Ca mo mme la porto pe’ farve schiatta’.
(viano)



Scena decima
Filippo, poi Pomponio


Filippo
Sì, vada a incarozzarsi, che a fermarlo
per le scale già sta l’impedimento;
i finti turchi a stento
lo faranno tornar pien di paura;
il pover merlotto
fra poco si vedrà pelato e cotto.

Pomponio
Chesso che mmalor’è? Si nun fujeva
una e n’auta n’aveva
de sciabolate! Ne’, Feli’? addo’ stammo
ccà? Comme ai passaggiere
s’impedisce d’asci’? A ‘sta locanna
schitto nc’ho bisto tanta cose strane:
Comme nc’alluogge turche e cristiane?

Filippo
Come alloggio negare io mai poteva
senza essere ammazzato, a un gran signore
d’Africa, qui venuto
a vedere Parigi? Avete voi
mai sentito parlare
di Abdallid Falzul Carababà.

Pomponio
Che diavolo de nomme songo chisti;
va’, piglieme Lisetta,
vi’ che nu stesse mmano a qua’ mametta.

Filippo
Ci sta sicuramente,
ma non me la daranno,
ché han bisogno di donne.

Pomponio
Tu che dice,
voglio figliema intera, e no nce n’ave
da mancare nu ruotolo, altrimenti
tu mme nne daje cunto.

Filippo
Non temte di niente,
ve ne posso far io la sicurtà;
voglion le donne i turchi
a solo oggetto di farle ballare
a un festino di maschere; del resto
Ahirel bis Falsal Carababà
E un signor tutto garbo ed onestà.

Pomponio
Io che saccio Stuzzul Scarababà?
Subeto che la trovo
mme la piglio; e mo vavo a ricorrere.

Filippo
(Oimè!) Piano, l’avrete
senza ricorso, e in questo
posso io ben secondarvi; so che vonno
mascherar vostra figlia
alla turca; ho per voi
giusto un abito turco: nel festino
mascherato entrerete,
e ve la prenderete senza liti.
(Quando egli giunge sarem già fuggiti.)

Pomponio
E io me song’ommo de fa’ ‘ste figure?

Filippo
E cosa ci trovate
di mal? Se poi volete
un consiglio da me, pregate il cielo
che faccia innamorare
il turco di Lisetta, che fareste
un matrimonione.

Pomponio
Tu si’ pazzo,
chillo è turco...

Filippo
Ma non maomettano.
Egli è dell’Etiopia, ed ha gran feudi
per tutta l’Abissinia: oh che rumore
farebbe il votro nome per il mondo,
sentendo sol che vostra figlia avete
maritata a un parente
del Pretejanni, o sia del gran Senapo.

Pomponio
(Vi’ quanta cose che mme mette ‘ncapo!)

Filippo
Quando la fama altera,
con tromba ben sonora,
pei regni dell’aurora
a pubblicarlo andrà,
affé che più d’un principe,
insin nel suolo ausonio
a riverir Pomponio
sollecito verrà.
E questi chi saranno
Filippo or vi dirà.
Dal Pekin l’Ohangtessè
dalla Persia il gran Sofì,
dall’Egitto il Califé,
il Mogollo dal Chilì.
E da Libia verran poi
coi lor baffi i primi eroi,
di Marocco Alzul Balà,
Alì dal Baldugerì,
di Guinea Micazirà,
e di Tripoli il Beì;
tutto un tal cerimoniale
stamperassi nel giornale,
e dal giù sino alle sfere
Don Pomponio sbalzerà.
(Ma, con poco suo piacere,
or burlato resterà.)




Sala vagamente illuminata per festa di ballo.


Scena undicesima
Coro di maschere; Lisetta mascherata da turca, poi Alberto mascherato dell’istessa maniera, indi Doralice con abito simile a quello di Lisetta; in seguito Filippo vestito come Alberto, e per ultimo Pomponio vestito ridicolamente ancor lui.


Coro
Amor la danza mova,
presieda ai suoni Amor.
Solo piacer ritrova
quando è commosso un cor.
Se in mezzo ai suoni, ai canti
il cieco nume appar,
son cieche ancor le amanti,
si lasciano predar.

Lisetta
Filippo ancor non vedo!
Tra tanta gente ancora
non lo posso trovare!.. ove sarà?

Alberto
(Non so s’ella è Lisetta o Doralice!
Gli abiti lor son simili
mi deggio assicurar.)

Lisetta
(Se sia Filippo
colui, nol posso dir, eguale al suo
è l’abito di Alberto.)

Alberto
(Animo.) O leggiadrissima turchetta,
domando, poichè abbiamo
ambi sotto le maschere i sembianti,
se Doralice sei.

Lisetta
Passate avanti.

Coro
Amor la danza mova,
presieda ai suoni Amor.
Solo piacer ritrova
quando è commosso un cor.

Doralice
(Lì è Lisetta, lo so; ma se sia quello
o Filippo o il mio Alberto
sto nel dubbio, ch’entrambi
vestono d’un sol modo!
Starò a vedere un poco;
ma tremo che mio padre
non si portasse anch’esso in questo loco.)

Coro
Se in mezzo ai suoni, ai canti
il cieco nume appar,
son cieche ancor le amanti,
si lasciano piegar.

Filippo
(Or chi sarà Lisetta: questa o quella?
Egualmente degli abiti
sono i colori. A noi!) Signora maschera?
acciò invan non si perdano gl’istanti,
siete Lisetta voi?

Doralice
Passate avanti.

Filippo
Ho capito, va’ lì, signor Alberto
lì sta la robba tua.

Alberto
E qui la tua.
Ed io sinora non l’avea veduta.

Filippo
Mia Lisetta adorata.

Lisetta
Io sto tremando
che mio padre non venga.

Filippo
E sempre tarda
sarà la sua venuta. Dalle mani
tu non mi scappi più.

Lisetta
Non so se questa può mandarla giù.

Alberto
Cara mia Doralice, perché tremi?

Doralice
Ché mai mi son trovata
in simili perigli.

Alberto
Amore e il tempo ci darà consigli.

Pomponio
Eccome ccà; la primma vota è chesta
che faccio ‘sti spreposete.
Jastemmarria quanne me ‘nzoraje
ca mo pe’ chessa figlia
non mme nce trovarria mmiezo a ‘sti guaje.
Ma mo già saccio comme va vestuta,
mme l’acchiappo de botta,
e il turco restarrà comm’ ‘a marmotta.
E bidetella llà
comme se vrucculea co’ Mustafà.
Vavo... ma chià, sbagliasse!.. è chella o chessa!
Chesta pur è la stessa!
E ‘no simmele turco ha porzì allato,
o poveriello me, mme so’ ‘mbrugliato.
Oh vedite ch’accidente!
Non conosco cchiù mia figlia,
si se lassa, si se piglia,
chella o chessa, io non lo so.

Alberto
(No, partir da qui non posso,
senza voi, mia Doralice.)

Doralice
(Se mi viene il padre addosso,
che dirà quell’infelice?)

Filippo
(Deh partiam, Lisetta mia,
che mia sposa ti farò.)

Lisetta
(Ah, so ben qual pena ria
n’averà il mio genitor!)

Doralice e Alberto
(Deh seconda, amor pietoso,
l’innocente inganno mio;
ah se cara/o a te son io
altro ben bramar non so.)

Lisetta e Filippo
(Deh raffrena, amor pietoso,
tanti affetti nel cuor mio;
ah se cara/o a te son io
altro ben bramar non so.)

Pomponio
Mo compiango chillo padre
che sta in dubbio de ‘na figlia.
Llà cerreano a maraviglia,
e ‘ncampana io me ne sto.

Alberto e Filippo
Dunque seguitemi.

Lisetta e Doralice

Ebben son teco.

Pomponio
E io, sior asino, - faccio lo cieco!

Lisetta, Doralice, Alberto e Filippo
Andiamo.

Pomponio
Sbignano. - Fermi, alto là.

Alberto
Cosa domanda? - cosa desia?

Doralice
Ai fatti suoi - attento stia.

Filippo
(Pomponio è questo, - venite presto.)

Lisetta
(Ah sento il cuore - pien di timore!)

Pomponio
Fermi, per Bacco, - ca taglio e spacco
porzì Maometto. - Lisa addo’ sta?

Lisetta, Doralice, Alberto e Filippo
A che vi date - tanto strapazzo?

Pomponio
Figliema voglio.

Tutti e Coro
Quale schiamazzo?
In altro loco - la troverà.

Pomponio
Da ccà nisciuno - se ne jarrà.

Lisetta, Doralice, Alberto, Filippo e Coro
Con tal chiasso, veramente,
può far correre la gente;
zitti, zitti, andiamo fuori
pria che n’abbia a cimentar.

Pomponio
Ah! maumma, tu pigliate
t’aje la carne meje ‘ncerate...
ma sentiteme a mmalora,
ma lassateme sbafa’.

Coro
Questo matto maledetto
smania, grida, fa dispetto.
Zitto, zitto, andate fuora.

Lisetta, Doralice, Alberto, Filippo
Ei fa chiasso... lo sentite?
Ci convien da qui scappare:
A tenetelo... impedite.
(Idol mio, non dubitare.)
Non è quella, non è questa,
lei s’inganna, è la sua testa
che l’immagina fra lor.

Coro
Siete matto... ma sentite,
non si viene a disturbare,
sarà vero quel che dite,
ma per or lasciate stare.
Non è quella, non è questa,
lei s’inganna, è la sua testa
che l’immagina fra lor.



Scena ultima
Anselmo, Traversen, poi Pomponio da scene opposte; indi Mada la Rose, ed in ultimo Filippo con Lisetta, ed Alberto con Doralice


Anselmo
Hai trovata mia figlia?

Traversen
Non hai vista mia moglie?

Pomponio
Ne’, sapite
addo’ è ghiuta Lisetta?

Anselmo
Doralice
io vo’ saper dov’è.

Traversen
Dov’è mia moglie?

Pomponio
Bonanotte a l’amice,
è fatto il caso, nc’avarranno mmano,
per quanto va a capire il mio talento,
chiantate a tutte treje tre’ntorcie a biento.

Anselmo
Oh povero onor mio!

Pomponio
No, veramente no mme lo credeva
ch’a lu munno era io tant’animale.

Traversen
Oh! questa sì la sento troppo male.

Madama La Rose
Non vi rammaricate;
le vostre figlie son già maritate.
E a domandar perdono
vedetele, sen vengono pian piano
coi loro cari sposi a mano a mano.

Pomponio
Co’ Felippo?

Anselmo
Con quello.

Traversen
Veh s’è cosa che possa mai soffire.

Madama La Rose
Il fatto è fatto, e più non c’è da dire.

Doralice e Alberto
Caro padre, perdonate.

Anselmo
Dirmi padre ardisci ancora?

Lisetta e Filippo
Caro padre, non gridate.

Pomponio
Cara figlia va’ a mmalora.

Doralice, Lisetta, Alberto e Filippo
Morirò se voi volete,
ma mi avete a perdonar.

Madama La Rose
Se il perdon non gli darete
vi potriano criticar.

Anselmo
(a Pomponio)
Che più adesso ci facciamo?

Pomponio
Nc’ abbesogna d’accozza’.

Anselmo e Pomponio
Dunque noi vi perdoniamo,
e trionfi la pietà.

Tutti
Anzi, anzi, or che ci siamo
il festin facciam durar.

Tutti e Coro
Canti, balli, suoni e spassi
risuonar facciam d’intorno,
ci vogliamo in ogni giorno
la gazzetta rammentar.


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© DRG, 18. März 2001