Atto secondo

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Appartamenti.

Scena prima
Norfolc



Norfolc
Perché tremi, o mio cor?
A te finor la pace
invidia tolse; or che soccombe a un tratto
l’idolo del Tamigi;
or che di corte puoi
ambire a’ primi onori,
mancherari di coraggio e di costanza?


Scena seconda
Guglielmo, Norfolc


Guglielmo
La Regina, signor, la tua richiesta
ricusa d’appagar.

Norfolc
Come!..

Guglielmo
Il consiglio talor nuoce, non giova. (parte)


Scena terza
Norfolc


Norfolc
Temerario! - Si vada. Il tempo e l’arte
compir potran l’impresa,
e sulle altrui ruine
farmi afferrar della fortuna il crine. (parte)


Scena quarta
Elisabetta, Guglielmo


Elisabetta
Dov’è Matilde?

Guglielmo
Attende colà i cenni tuoi.

Elisabetta
A me si guidi, e poi venga Leicester.

Guglielmo
Di pietà potresti? Ah! sì, pietade è in te...

Elisabetta
Vanne: intendesti?
(Guglielmo entra dov’è Matilde.)


Scena quinta
Elisabetta, Matilde, guardie


Elisabetta
T’inoltra. In me tu vedi
il tuo giudice, o donna.

Matilde
Ho un cor bastante
per ascoltare, intrepida il mio fato.

Elisabetta
Vuole ragion di stato,
che tu, nemica mia, che il tuo germano,
che un vassallo sleale
sovra palco ferale
d’un’odiosa trama
la pena abbiate. Ma pietà favella
d’Elisabetta in sen. Scrivi. Rinunzia
ad ogni dritto tuo
di Leicester sul cor. Così da morte
vi potrete sottrar... (Matilde freme)
Cedi alla sorte.

Matilde
Ah! più d’ogni supplizio
è questa tua pietade.

Elisabetta
Non cimentar la tolleranza mia.
Siedi, scrivi, rinunzia.

Matilde
Invan...

Elisabetta
Custodi...

Matilde
Ah! senti...

Elisabetta
Scrivi...

Matilde
Sfoga sol contro me tutti gli sedgni tuoi;
ma il consorte, il german...

Elisabetta
Scriver non vuoi?
Pensa che sol per poco
sospendo l’ira mia;
quanto più tarda fia,
più fiera scoppierà.

Matilde
Salva il german, lo sposo,
s’è ver che giusta sei;
puoi troncar i giorni miei,
tel’ chiedo per pietà.

Elisabetta
Resisti ancora?

Matilde
Oh Dio! Ti mova il pianto mio.

Elisabetta
Non bastan quelle lagrime
a impietosirmi il cor.

Matilde
Vorrei stemprarti in lagrime,
mio desolato cor.
(Elisabetta con gesto imperioso accenna a Matilde di sedere al tavolino e di scrivere. Matilde tremante si accosta, siede, pensa e si alza per retrocedere; Elisabetta è in atto di chiamare le guardie; Matilde la trattiene, e si pone a scrivere; in questo comparisce sull’ingresso Leicester non veduto dalle due donne.)


Scena sesta
Leicester, guardie. Le precedenti.


Leicester
(Misero me!... la sposa
dolente ed affannosa!...
Che mai sarà quel foglio?
S’accresce il mio penar!)

Matilde
Qual è il dolor che uccide,
s’io reggo al mio dolor?
(Elisabetta vede Leiscester)

Elisabetta
Debitor le sei di vita;
leggi, o duce, e poi l’imita.
Dell’error, del tradimento
pentimento io voglio in te.

Leicester (va al tavolino e legge)
Oh ciel!

Elisabetta, Matilde e Leicester
(L’avverso mio destino
sì fiero io non credei.
Quanto crudel tu sei!
Quanto mi costi amor!)

Leicester (a Matilde)
Sconsigliata, che facesti!
(ad Elisabetta)
Ah! comprendo: in lei sapesti
violentar l’amor, la fè.
Ma t’inganni...

Matilde
Odi...

Elisabetta
Rifletti...

Leicester
A tal prezzo non vogl’io...
conservare il viver mio.
Serbo un cor che vil non è.
(Lacera il foglio)

Elisabetta
Ah! fra poco, in faccia a morte
cesserà cotanto orgoglio,
ed allor quell’alma forte
fia costretta a vacillar.

Leicester
Quell’ardir che in faccia a morte
ti difese e vita e soglio,
serberà quest’alma forte,
non avvezza a vicillar.

Matilde
Ah! s’affretti pur la morte,
Affrontarla io deggio e voglio;
non sarà quest’alma forte
più ridotta a vacillar.
(Leicester e Matilde partono, scortati dalle guardie)


[Scena settima]


Scena ottava
Guglielmo, Elisabetta


Guglielmo
Chiede Norfolc a te l’acceso.

Elisabetta
Oh indegno!
Va: digli che al su labbro
debbo gli affanni miei; digli che in premio
di sua finta amistade
verso d’un infelice, ancorché infido,
disgombri al nuovo sol da questo lido. (parte)


[Scena nona]


Atrio contiguo alle carceri.

Scena decima
Coro di popolo e di soldati


Popolo
Qui soffermiamo il piè...
Il tetro asil quest’è
dove un barbaro fato condannò
chi la patria salvò da fiera sorte.

Soldati
Miseri noi! chi sa
se involarsi potrà
il nostro duce amato a tant’orror?
Forse colpa d’amor lo spinge a morte.

Tutti
Qui soffermiamo il piè,
Il tetro asil quest’è
dove un barbaro fato condannò
chi la patria salvò da fiera sorte.
(Il popolo ed i soldati si avvicinano all’ingresso delle carceri.)


Scena undicesima
Norfolc. I precedenti.


Norfolc
(Che intesi!.. Oh annunzio!.. Questa
è la mercè ch’io merto?.. Anche fra’ lacci
mi nuocerà costui!.. Norfolc, che pensi?
L’ingiusto esilio sopportar potrai?
Come a tanto rossor resisterai?)

Soldati
Oh nostro duce amato!

Norfolc
(Duce!... Ah! comprendo appien...)

Popolo
Barbaro fato!

Norfolc
(Qui si compiange il mio nemico...
Tutto congiura a’ danni miei...
Che risolvo?... Oh vendetta,
col manto di pietà ti copri. All’arte!)

Amici, io vengo a parte
d’un così giusto affanno.
E sarà ver che il prode
salvator della patria
perir debba così? Lo soffrirem?

Coro
Non mai.

Norfolc
Ebben, m’udite. Assai
può giovarvi Norfolc. Già cade il sole:
Al prigionier men vo. Se non poss’io
sottrarlo a’ ceppi suoi fra brev’istanti,
del carcere l’accesso
vi schiuderete, amici,
colla forza e il valor.

Coro
Signor, che dici!
Mancar di fede al trono
saria cotanto ardir.

Norfolc
Ah! troppo ignora
del duce sventurato
Elisabetta il cor; lo crede reo
di lesa maestà, mentre quel core
colpevole non è: lo scusa amore.

Deh! troncate i ceppi suoi;
deh! serbate a Elisa, al regno,
il più grande fra gli eroi,
il più degno di pietà.
Non ha core chi non sente
la possanza d’amistà.

Coro
Or ci guida. Ogni alma fida
pronta aita a lui darà.

Norfolc
(Vendicar saprò l’offesa;
di furor questa alma accesa
quell’ingrata punirà.)
Si vada. Andiamo, correte.

Coro
Pronta aita a lui darà.
Si vada. Andiamo, corriamo.
(Il popolo ed i soldati partono seguendo Norfolc.)



Interno di un ampio carcere a volte, rischiarato in parte da un lampione; scala a sinistra, che conduce ad una chiusa porta nell’alto;
altra piccola porta murata in fondo, che a suo tempo vien diroccata; ingresso comune da un lato.


Scena dodicesima
Leicester


Leicester
Della cieca fortuna un triste esempio,
lasso! in me trovo. In questo giorno il sole,
testimonio di gloria,
sorgeva a rischiarar la mia vittoria.
Tramonta appena il sole, e in lutto
per me si cangia il tutto. (siede)
Ma d’uopo han di conforto
dopo lungo vegliar, le stanche membra,
e, mio malgrado, al sonno
sento che gli occhi miei regger non ponno.
(si addormenta e parla in sogno)
Sposa amata... respira...
Cessan gli affanni nostri... è il ciel placato...
Tergi quel pianto ormai...
Matilde... ascolta... non fuggir... t’arresta.
(Si sveglia e si alza ad un tratto.)
Ohimè!...dove son io?... larva fu questa.

Fallace fu il contento,
certa è la mia sciagura.
Immerso, oh Dio! mi sento
nel primo affanno il cor.
Saziati, o sorte ingrata:
Apriti o terra, e invola
quest’alma desolata
a tanto suo dolor.


Scena tredicesima
Norfolc, due guastatori. Leicester.


Norfolc
Amico...

Leicester
Ciel!... ti scosta.

Norfolc
Così m’accogli!

Leicester
Dimmi, non deggio
il presente mio stato
al tradimento tuo?

Norfolc
Che parli? Ingrato!
Mi conosci sì poco? Eccoti il ferro:
Vieni, m’uccidi, toglimi pur la vita,
ma l’onor mio così non oltraggiar.

Leicester
Ma Elisabetta...

Norfolc
Scoperse il ver, nè so dir come.
Voglio salvarti,
felice io voglio farti,
e ad ogni costo.

Leicester
E come?

Norfolc
Odi... Matilde e il suo german divide
da te quel chiuso varco.

Leicester
Oh ciel!

Norfolc
(a’ guastatori, che si accingono ad atterrare il muro della piccola porta nel fondo)
[Quanto vi dissi, si eseguisca.]
(a Leicester) Tra poco
stringerli al sen potrai.

Leicester
Oh generoso! Oh degno...

Norfolc
Del tradimento mio sia questo un segno.

Leicester
Deh scusa i trasporti
d’un misero oppresso;
errai, lo confesso;
pentito son già.

Norfolc
(Costui di vendetta
mi schiuda la via;
poi vittima sia:
estinto cadrà.)

Leicester
Non parli?

Norfolc
L’offesa a te perdonai.
quest’anima è accesa
di pura amistà.

Leicester e Norfolc
Ritorna al mio seno,
confortami/ti appieno;
felice mi/ti renda
la tua/mia fedeltà.

Norfolc
Unita alle schiere,
la plebe dolente,
attorno fremente
scorrendo sen va.

Leicester
Che narri!... E pretende?

Norfolc
Troncar tue ritorte.
Suo duce t’attende...

Leicester
Che ascolto!

Norfolc
La sorte per te cangierà.

Leicester
Non sia! Va...

Norfolc
Ma senti...

Leicester
Ribelle del soglio!...

Norfolc
Soccorso a momenti...

Leicester
Non curo, non voglio;
orrore mi fa!

Norfolc
Al fato crudele
soccombi, infelice,
se troppo fedele
quell’alma sarà.

Leicester
Il fato crudele
può farmi infelice;
ma sempre fedele
quest’alma sarà.


Scena quattordicesima
Elisabetta, Matilde, Enrico. I precedenti.

(I due guastatori, avvendo diroccato il muro della porta, s’inoltrano nella medesima, indi escono e si ritirano in dove son venuti.
Nell’atto che Norfolc vuol far nuove premure a Leiscester, si sentono stridere i cardini dell’altra porta nella sommità della scala, da cui discende Elisabetta, preceduta da una guardia che porta una face. Norfolc, scorgendo la Regina, timoroso a tal vista, è in atto di partire, ma cangiando pensiero, si cela dietro ad un pilastro in corta distanza dell’ingresso aperto poco prima, sul cui limitare si mostrano Enrico e Matilde. L’oscurità del luogo del fondo non fa distinguerli da Norfolc nè dagli altri. Leiscester, maravigliato in vedere la sovrana,
rimane confuso mentre ella scende. La guardia, dopo aver posato la face, si ritira al cenno d’Elisabetta.)

Leicester
Tu, regina!... deh! come...

Elisabetta
Taci.

Norfolc
(Io tremo...Che mai sarà?)

Matilde (sotto voce ad Enrico)
Cielo! ella stessa!

Enrico (come sopra a Matilde)
Il piede non inoltrar.

Matilde (c.s., vedendo Norfolc)
Costui perchè celato?

Enrico
Udiam; t’accheta omai.

Elisabetta (giunta al basso)
Misero, ascolta. Ecco l’ultima volta
che ti è dato il vedermi. A’ danni tuoi
favellaron le leggi, e i Grandi a morte
ti condannaron già. La tua Regina
approva la sentenza:
Elisabetta far non lo potria.
(accennando la scala)
Per quella ignota via
ella t’offre uno scampo; va, t’affretta;
la Regina or non v’è, ma Elisabetta.

Leicester
Oh eccelsa donna!... Amore
mi fece reo, ma non ribelle al trono.
[S’io m’involassi alla mia pena, il mondo
tale mi crederia.] Lascia ch’io pera.
Mostrati generosa
a Enrico, alla mia sposa;
li salva; altro non bramo.

Elisabetta
Un impossibil chiedi.
L’empio Norfolc che ti accusò...

Leicester
Che dici! Norfolc!

Norfolc
(Oh ciel!)

Elisabetta
Matilde e suo germano,
al cospetto de’ Grandi,
nomò complici tuoi contro lo stato.

Leicester
Norfolc!

Elisabetta
Scellerato. Tardi il conobbi;

Leicester
Il traditore qui poc’anzi sen venne;
a me fingea fida amistà; volea
farmi capo alla plebe. Ah! pensa...

Elisabetta
Oh Dio!

Norfolc
(Ah! perduto son io!)

Leicester
Deh! corri!

Matilde (ad Enrico accennando Norfolc)
Mira...

Enrico (vedendolo posar la mano sulla spada)
Lo vuò uccidere!

Elisabetta (dopo aver pensato)
L’empio sì preverrò.
(in atto di ascendere la scala)

Norfolc
(avventandosi colla spada ad Elisabetta)
Ma pria la morte avrai.

Elisabetta
Cielo!...

Matilde ed Enrico
Fermati!...

Norfolc
Ohimè!

Leicester
Mostro! che fai!
(Enrico e Matilde disarmano Norfolc; Enrico gli pone al petto la punta della spada, afferrandogli il braccio destro; Matilde gli afferra il braccio sinistro; Leicester si para d’innanzi ad Elisabetta.)

Elisabetta
Olà. Guglielmo!...

Leicester
Guardie!...


Scena quindicesima
Guglielmo e guardie con faci, dalla scala. I precedenti.



Guglielmo
Mia sovrana...

Matilde ed Enrico
Vivi, o regina.

Leicester
Vivi, e vivi al regno.

Norfolc
Oh destin!

Matilde ed Enrico
Traditor!

Leicester
Barbaro!

Elisabetta
Indegno!

Fellon, la pena avrai
dovuta a tanto eccesso.
Dove s’intese mai
più scellerato cor!
S’aggravi di ritorte;
vada l’iniquo a morte;
terribil fia l’esempio
d’un empio traditor.

Norfolc
Saziati, iniqua sorte,
appaga il fuo furor.
(Norfolc è condotto dalle guardie)

Matilde ed Enrico
Deh! calmati.

Leicester, Guglielmo
Respira.

Matilde, Leicester, Enrico e Guglielmo
E il ciel pietoso ammira
de’ regi difensor.

Elisabetta
Bell’alme generose,
a questo sen venite.
Vivete, omai gioite;
siate felici ognor.
(Dopo aver abbracciato Matilde ed Enrico, li fa avvicinar a Leicester.)

Matilde, Leicester, Enrico e Guglielmo
Oh grande!

Elisabetta
Sorgete.

Coro (di dentro)
Leicester!...

Elisabetta, Matilde, Leicester,
Enrico e Guglielmo
Quai grida!

Coro
Vederlo vogliamo.
Morire al suo piè.
(Vedonsi spalancare le porte del carcere)


Scena ultima
Coro di soldati e popolo. I precedenti.


Leicester
Audaci! rispetto, frenate...

Elisabetta (alle guardie che vogliono opporsi alla moltitudine)
Fermate... Sì tenero affetto
punibil non è.

Coro
La regina!... A’ piedi tuoi
imploriam pietà, perdono...

Elisabetta
Ecco il duce: il rendo a voi,
rendo al trono il difensore.

Coro
Viva Elisa! l’eroina,
lo splendor di nostra età.

Elisabetta
(Fuggi amor da questo seno,
non turbar più il viver mio.
Altri affetti non vogl’io
che la gloria e la pietà.)

Matilde, Leicester, Enrico,
Guglielmo e Coro
Viva Elisa! l’eroina
lo splendor di nostra età.




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© DRG, 13. September 2001