Atto primo

Scene 1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 | 9 | 10 | 11 | 12 | 13 | 14 | 15



Sala regia. Trono.


Scena prima
Norfolc, Guglielmo, e cavalieri, situati in ordine, attendendo l’arrivo della Regina. Guardie.



Coro
Più lieta, più bella
apparve l’aurora;
malefica stella
dal cielo sgombrò.
Del raggio di pace
il sole s’indora;
di Marte la face
estinta restò.

Norfolc
(O voci funeste
che abborre quest’alma!
La rabbia m’investe:
più calma non ho.)
(Il suono de’ militari strumenti in distanza, che si avvicina di grado in grado, annunzia l’ingresso in città delle armi vittoriose condotte da Leicester.)

Coro
Udite... s’avanza
l’invitto campione,
de’ cori speranza,
d’Elisa sostegno,
delizia d’Albione,
del regno splendor.

Norfolc
(Che smania! che affanno!
Destino tiranno!
Avvampo di sdegno,
m’uccide il dolor.)


Guglielmo (tirando Norfolc in disparte)
Nel giubilo comun, signor, tu solo
parte non prendi in sì felice giorno?
Perché? Rimira intorno:
Vedi qual gioia a ognun siede sul ciglio.

Norfolc
(Importuno!) Guglielmo,
s’io godo al comun bene,
lo sa il Ciel, tu lo sai, che appien conosci
il sensibil mio cor.

Guglielmo
(Così potessi ignorar qual tu sei!)

Norfolc
Ma in veder che a’ trofei
dell’anglico valore parte io non ho,
mi reca affanno al core.


Scena seconda
Elisabetta entra con seguito di dame, cavalieri, paggi e guardie. I precedenti. Tutti s’inchinano.


Coro
Esulta, Elisa, omai
in giorno sì beato.
Cangiò sembianza il fato;
tutto cangiò per te.
L’invitto eroe vedrai
deporti i lauri al piè.

Elisabetta
Quant’è grato all’alma mia
il comun dolce contento!
Giunse alfine il bel momento
che c’invita a respirar.

Coro
Dopo tante rie vicende,
real donna, a pace in seno
tu ritorni a riposar.

Elisabetta
Questo cor ben lo comprende,
palpitante dal diletto.
(Rivedrò quel caro oggetto
che d’amor mi fa brillar.)

Coro
Possa ognor, felice appieno,
teco l’Anglia giubilar.


Elisabetta
Grandi del regno, è questo
il più bel giorno di mia vita. Alfine
coronò la vittoria agli Angli il crine.
Del forte duce, a cui
deve la patria ogni su ben, risuona
ovunque il nome, e tanta fama ei gode,
che al suo merto è minor qualsiasi lode.
Pur da noi non si lasci d’onorar la presenza
di sì nobil campion. Qui lo scortate.

Guglielmo
Ei s’affretta al tuo piè.

Elisabetta
(Qual gioia!) Andate.
(I Grandi vanno all’ingresso a ricevere il vincitore; Norfolc a stento li segue; Elisabetta assistita da Guglielmo, va sul trono.)


Scena terza
I precedenti, Leicester accompagnato da’ primari uffiziali, e seguito da più nobili scozzesi, tra i quali
sono Matilde, sotto spoglie virili, ed Enrico.


Coro
Vieni, o prode, qui tergi i sudori;
con gli olivi di pace, gli allori,
vieni il crine onorato a fregiar.
Tutto cede al tuo braccio possente;
per te riede ogni volto ridente;
per te cessa ogni lungo penar.


Leicester
Alta Regina, invano
lo Scoto altero al nostro ardir si oppose.
Col nome tuo sul labbro
gli Angli pugnaro, e al rimbombar dell’armi,
dal vincitor l’udìa
il nemico guerrier mentre perìa.
(depone sui gradini del trono il bastone del comando)
Esulti Elisa, e seco esulti il regno.

Elisabetta
Giovane eroe, quanto per me facesti,
quanto a pro della patria usò finora
del tuo gran cor la fede,
d’ogni dono è maggior, d’ogni mercede.
Obbliarlo non so. Ti appressa. Intanto
abbiti questo pegno della grata alma mia.
(Leicester si prostra; Elisabetta togliendosi dal petto un ordine cavalleresco, ne fregia di sua mano il duce.)

Leicester
Oh generosa!

Norfolc
(Oh rabbia!)

Matilde
(Oh gelosia!)
(Al cenno di Leicester si avanzano gli scozzesi, e si prostrano alla Regina, presentandole i preziosi tributi che recano sopra de’ bacili coperti da un bianco velo.)

Leicester
Questi, sovrana eccelsa,
germi di chiara stirpe illustri ostaggi,
proni al tuo soglio vedi.
Que’ preziosi arredi
ch’oggi t’invia la sottomessa Scozia...
(sospende il discorso nel riconoscere tra gli ostaggi la consorte ed il cognato)
(Oh ciel!... che mai vegg’io!...
Stelle! Matilde!.. Enrico!.. E’ un sogno il mio?)

Elisabetta (agli ostaggi)
Sorgete. Entro la reggia
avrete asilo. All’onorevol grado
de’ paggi miei v’eleggo.
(scende dal trono)
Londra festeggi in così lieto giorno
delle nostre armi il fortunato evento;
sia partecipe ognun del mio contento.
(Elisabetta nel ritirarsi guarda benignamente Leicester, dandolgli la mano da baciare. Norfolc freme; Matilde fa lo stesso; Enrico, che se ne accorge, fa cenno alla sorella d’esser cauta. Ognuno ritirasi fuorchè Leicester, il quale va sull’ingresso ed ivi trattiene Matilde, ch’è l’ultima ad entrare, e fa che ella retroceda.)


Scena quarta
Leicester, Matilde


Leicester
Incauta, che festi!
Seguirmi perchè?
Gli affetti son questi
d’amore e di fe?

Matilde
La fede, l’amore
guidaro il mio piè;
di sposa al timore
ritegno non v’è.

Leicester
Ma in tanto periglio...

Matilde
Non basta consiglio.

Leicester
Ah! Trema per te!

Matilde
Sol tremo per te.

Matilde e Leicester
Che palpito io sento!
Che crudo tormento!
Perplessa/o, me stessa/o
non trovo più in me.


Leicester
Sconsigliata! e non sai che del tuo sangue
la nemica maggior qui si ritrova?
Chi mai ti trasse a questo
passo orribil, funesto?

Matilde
Ahi! sposo... appena
fosti da me diviso,
fama suonò che amore,
e l’amor più tenace, Elisabetta
per Leicester nutria. Qual fosse, oh Dio,
allor l’affanno mio,
chi spiegar mai potrebbe?.. Ah! viene Enrico.


Scena quinta
Enrico, i precedenti


Leicester
Tu, mio congiunto e amico,
di cotanta imprudenza
potesti mai complice farti?

Enrico
Ah! taci.
Usai ogni opra, ogni consiglio
per distorla, ma invan. Vedendo troppo
ostinato quel cor, volli seguirla,
sperando in queste mura,
colla presenza mia, farla sicura.

Leicester
Vana speranza! E non pensaste, incauti,
che di Maria Stuarda
qui proscritta è la prole?
Ch’Elisabetta vuole
del vostro sangue il germe appien distrutto?

Matilde
Oh Dio!

Enrico
Fa cor, diletta suora;
l’avvenir men funesto io spero ancora.

Leicester
Separarci convien. Destar sospetto
il favellar qui a lungo ora potria.
Seguila, Enrico; ad ambo
la prudenza or sia guida,
e poi di nostra sorte il ciel decida.
(parte)


Scena sesta
Enrico, Matilde


Enrico
Andiam. Vuole il destino,
che teco io resti al fianco di colei,
che degli affanni nostri
fu primiera cagion.

Matilde
Questo, o germano,
è il dolor che m’uccide.

Enrico
D’uopo abbiam di coraggio.
Forse di speme un raggio il ciel pietoso
fia che vibri per noi.

Matilde
Sperar non oso.

Sento un’interna voce,
che in lagrimevol suono
dice che nata io sono
a piangere e penar.
Ah! se tolto un sol momento
tanto orror da me sarà,
palpitar di bel contento
questo core allor potrà.
(parte)


[Scena settima]


Appartamenti reali.


Scena ottava
Norfolc, Leicester


Norfolc
(Che intesi!) In queste stanze, inosservato
puoi, dolce amico, favellar. (Qual gioia!)
Prosegui.

Leicester
Un dì, dopo ostinata pugna,
terribil uragan sorge improvviso.
Da’ miei prodi diviso,
in umile capanna
m’è d’uopo ricovrar; quivi m’accoglie
vecchio pastor; Matilde,
che sua figlia credei,
si offerse agli occhi miei; vederla, amarla
è l’opra d’un istante. Al nuovo giorno
in campo io fo ritorno.
Tutto in breve a me cede;
ma, oh Dio! del vincitore
in dolce schiavitù rimane il core.

Norfolc
E come di Matilde
sposo ti festi?

Leicester
Grato all’amistade
di quel pastor, m’offersi
contro all’ostil furor d’essergli schermo.
Sento che illustre Scoto
in lui si nascondea; allor gli chiedo
la figlia in moglie, il vedo
al mio discorso impallidir; comprendo
che grave arcano ci cela; prego, insisto;
di Matilde e d’Enrico allor mi svela
l’origine real... Puoi figurarti
qual fu la mia sorpresa. All’amor mio,
tanto tenace amor quanto funesto,
pietà s’aggiunse... Io già ti dissi il resto.

Norfolc
A grave rischio, amico,
i giorni tuoi, la gloria tua ponesti;
ma fu colpa d’amore,
e amor fa la tua scusa. (Esulta o core!)

Leicester
Sant’amistade
tra gli affanni che io provo,
almen qualche conforto in te ritrovo. (parte)


Scena nona
Norfolc


Norfolc
Stolto! t’inganni. Ah! Meglio
saria stato per te chieder aita
al mar fremente, alle voraci belve,
alle furie d’averno,
che non ad un nemico,
qual io fui, qual ti son...
(vedende giungere Elisabetta)
M’offre vendetta
la total tua ruina.


Scena decima
Elisabetta, Norfolc


Norfolc
Colmo di duol, Regina,
d’un così lieto dì son io costretto
la gioia a funestarti.

Elisabetta
Come!

Norfolc
Oh Dio!
Favellar non poss’io... No: forza tanta
in me non è.

Elisabetta
Spiegati.

Norfolc
Orrendo arcano,
misera, udrai... Deh! lascia...
Sì, lasciami tacer.

Elisabetta
Parla, l’impongo.

Norfolc
T’ubbidirò. Leicester...

Elisabetta
Che! Leicester...

Norfolc
Avvinto in nodo coniugal...

Elisabetta
Che parli?

Norfolc
Il ver.

Elisabetta
Possibil mai!...
Ah! t’ingannasti.

Norfolc
No, non m’ingannai.
D’un degli ostaggi sotto finte spoglie
la sua sposa si asconde;
l’accompagna il germano... Ambo son figli...

Elisabetta
Prosegui... Ohimè!

Norfolc
Mi manca al dir la voce.

Elisabetta
Figli di chi?

Norfolc
Ti nuoce il mio parlar.

Elisabetta
Tutto saper io voglio.

Norfolc
Figli a colei, che sì t’offese il soglio.
(Elisabetta, a queste ultime parole, cade sopra una sedia ed ivi rimane immobile e come fuori di sé. Norfolc, con volto ipocrita, si avvicina.)

Perchè mai, destin crudele,
costringesti il labbro mio!...
Ma fedele a te son io
mentre accuso un traditor.

Elisabetta
Con qual fulmine improvviso
mi percosse irato il ciel!
Qual s’addensa orrendo velo,
che mi colma di terror!

Norfolc
Deh! rammenta...

Elisabetta
Taci... Oh Dio!

Norfolc
Pensa al regno...

Elisabetta
Oh Dio! mi lascia.

Norfolc
Sventurata!

Elisabetta
Fiera ambascia!

Norfolc
Per te geme questo cor.

Elisabetta
Lacerar mi sento il cor.

(Misera! A quale stato
mi riserbò la sorte!
Stato peggior di morte:
più fiero non si da.)

Norfolc
(Reggimi: in tale stato,
deh! non tradirmi o sorte!
Vada il rivale a morte:
Pago il mio cor sarà.)

Regina, omai decidi.

Elisabetta
Sì, perirà l’indegno.

Norfolc
(Sorte, a’ miei voti arridi.)

Elisabetta
Sgombri da me pietà.

Elisabetta e Norfolc
Quell’alma perfida
non vada altera;
del fallo orribile
la pena avrà.
Fra cento spasimi
l’iniquio pera,
a eterno esempio
d’infedeltà. (partono da lati opposti)


Scena undicesima
Guglielmo


Guglielmo
Ma non è quegli il superbo Norfolc?
Veloce il passo ei di qua move... Forse
qualche affanno crudel recò costui
d’Elisabetta al cor. Chi sa per prova
quanta doppiezza cova
il perfido nel seno... [Ma, dolente,
la Regina ritorna a questa volta...]
Oh ciel! che mai sarà? ]


Scena dodicesima
Elisabetta, Guglielmo


Elisabetta
Guglielmo, ascolta.
Pronte ad ogni mio cenno, sull’ingresso
sien le reali guardie. Ma pria
qui Leicester invia... Trattienti... (Oh affanno!
Dove io mi sia non so.) Di Scozia i paggi
tutti raduna in questo loco.

Guglielmo
Il cenno vado a compir. (Parte)


Scena tredicesima
Elisabetta, seduta


Elisabetta
Che penso, desolata regina?...
A che mai serve aver doma la Scozia
e salvo il trono se un’infelice io sono?
Sconoscente! Ei pur vide
l’amor d’Elisabetta,
e in laccio coniugal stringer pur volle
della maggior nemica sua la figlia!
Oh delitto!... Ma tremi
l’iniqua coppia. Son Regina e amante.
Doppia vendetta... Ecco l’indegno... Oh istante!


Scena quattordicesima
Leicester da un lato; Matilde e Enrico co’ giovani scozzesi dall’altro. Elisabetta. Leicester, che si sarà presentato con premura,
nel veder la moglie si ferma ad un tratto; Matilde e Enrico vedendo Leicester fanno lo stesso;
Elisabetta riconosce da’ moti e dalla confusione del volto la sua rivale ed il fratello.


Leicester
(Matilde!)

Matilde
(Oh cielo!)

Enrico
(Oh incontro!)

Elisabetta
(È dessa... Oh rabbia!
T’avanza, o duce... A che t’arresti?
Io voglio men sommesso vederti.
Ben ti è noto che il primo
de’ miei fidi tu sei, che tal ti estimo.

Leicester
Regina... (che dirò?) Regina... (Oh Dio!)
L’umil tuo servo... a tanta
magnanima bontà... (Mi perdo...)

Matilde
(Oh pena!)

Enrico
(Germana, ah! ti raffrena.)

Elisabetta
Non prosegui?
Eh! lascia omai quell’importun ritegno...
(Geme, trema l’indegno.
Oh piacer di vendetta!...) Ma coraggio
or ti darà la stessa tua regina.
Vieni, giovane eroe.

Matilde
Ah!

Elisabetta
(al sospiro di Matilde, benchè sommesso, si volta a guardarla; poi dice a Leicester:)
T’avvicina.
Se mi serbasti il soglio
al campo dell’onor,
darti mercede io voglio
degna del tuo valor.
(Al cenno d’Elisabetta si avanza una guardia; la regina le parla in segreto.)

Leicester
Donna real, deh! frena
sì generosi accenti...

Leicester, Matilde ed Enrico
(Oh Dio, resisto appena
a’ palpiti frequenti
del mio dubbioso cor.)

Elisabetta
(Benchè fra’ suoi tormenti,
avrà vendetta amor.)
(Ritorna la guardia, recando un bacile coperto un drappo.)

Leicester, Matilde ed Enrico
(La mia perversa stella
sempre divien peggior.)
(Elisabetta che avrà furtivamente osservato i moti di Leicester, di Matilde e d’Enrico, ed i loro sguardi d’intelligenza, freme in segreto; si alza, poi, forzando se stessa, e dice:)

Elisabetta
Eccoti, eroe magnanimo,
d’un grato core il pegno:
Te riconosca il regno
per mio consorte e re.
(Scopre il bacile indicato, che contiene lo scettro e la corona. Leiscester ed i suoi congiunti rimangono a tal vista oltremodo confusi ed abbattuti. Elisabetta gode del loro turbamento.)


Matilde, Leicester ed Enrico
(Qual colpo inaspettato
a noi serbava il fato...
Il gelo della morte
tutto s’aduna in me.)

Elisabetta
(Al colpo inaspettato
che lor serbava il fato
il gelo della morte
impallidir li fe’.)
(dopo qualche pausa)
Duce, in tal guisa accogli
d’una regina il dono?

Leicester (tremante)
(Oh Ciel!) Deh! scusa... al trono
vassallo umil non osa...

Elisabetta
(Empio!)

Enrico (piano a Matilde)
(Ti frena.)

Matilde
(Che affanno!)

Elisabetta
(Anima rea!)

Elisabetta, Matilde, Leicester ed Enrico
(Spiegar il duol ch’io sento
possibile non è.)
(Dopo breve scena muta, in cui andrà crescendo l’agitazione de’ due congiunti e d’Enrico, Elisabetta, non potendo più raffrenarsi, proromperà come segue:)

Elisabetta
Ah! che più tollerar non poss’io
un vassallo fellon menzognero.
Or la benda dileguisi al vero:
Ecco l’empia che infido ti fa.
(Nel dire quest’ultime parole, corre a Matilde, la prende per un braccio, strascinandola nel mezzo della scena.)

Leicester
(Che mai vedo!)

Matilde
(Deliro!)

Enrico
(Son desto!)

Matilde, Leicester ed Enrico
(Disvelato è l’arcano funesto...)
Ah! regina, perdono, pietà.
(cadono in ginocchioni a’ piedi di Elisabetta)

Elisabetta
Guardie, olà!


Scena quindicesima
Guglielmo, guardie, cavalieri e dame. I precedenti.


Elisabetta
Quegl’indegni sien serbati
al mio giusto furore.
(Sol di rabbia si pasce il mio core:
sol vendetta conforto gli dà.)

Guglielmo e Coro
Come! il duce! l’eroe vincitore!...
Oh stupor!... Giusto ciel! che sarà?

Matilde, Leicester ed Enrico
Scherno siam d’un perverso destino...

Elisabetta
Traditori, sien divelti l’un l’altro dal seno.

Leicester
Sposa...

Matilde
Sposo...

Guglielmo e Coro
Sposi!

Enrico (abbracciandosi)
Germana...

Matilde, Leicester ed Enrico
(Disvelato è l’arcano funesto...
scherno siam d’un perverso destino)
Ah, regina, perdono, pietà.
(Vengono a forza separati.)

Elisabetta
(Sol si pasce il mio cor di veleno:
Sol vendetta conforto gli dà.)

Coro
Fatal giorno! impensata ruina!
Surse il sole ridente, sereno,
or declina turbato, languente,
e di lutto coprendo si va.
(Le guardie conducono a forza i congiunti da parti opposte ed ognuno confusamente ritirasi.)

 

2. Akt Zurück zu: Libretto

Atto secondo ritorna a libretto



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© DRG, 13. September 2001