Atto secondo

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Reggia di Baldassare.



Scena prima
Argene, Arbace e cori

Coro
Sì bell’alma soccorrete
voi che avete il cor pietoso:
vegga Amira il caro sposo,
e sollevi il suo dolor.

Argene
Deh vieni per pietà! Rattempra, Arbace,
dell’infelice Principessa il duolo.
Ciro di ferri stretto
geme in carcer oscuro;
Amira il chiede
né può vederlo; sol piange... sospira
la misera consorte,
e chiede esser compagna alla sua sorte.

Arbace
Perigliosa è la via: ma, se il consente,
di sotterraneo calle
a me noto è il sentier che là conduce
dove Ciro è in catene;
se può recargli speme
lo sposo riveder, farò che a lei
servan di fida scorta i passi miei.
(Partono.)



Prigione sotterranea.



Scena seconda
Ciro in catene appoggiato ad un sasso, ed im- merso nel più cupo dolore


Ciro
Dunque fia ver che il vincitor di Creso,
de’ Lidi domator di ferri cinto
penar debba così?.. Misero!.. ahi quanto
il destino crudele
ti persegue e t’opprime!..
E pur quello son io,
cui d’Israello il Dio
dee confidar la sua vendetta!.. Il giuro,
Nume, che pur ti sento entro il mio cuore,
vendicato sarai... Nel giorno istesso
ch’io vincerò per te, de’ fidi tuoi
sciolti saranno i ceppi e le catene,
libero il culto suo!.. Ma dove sono!..
A chi parlo infelice?.. e che ragiono?..
La consorte adorata
potessi un solo istante
almeno riveder... No, tal contento
io più sperar non oso.




Scena terza
Arbace che conduce Amira, e detto

Arbace
Io la guido al tuo seno.

Ciro
Oh sposa!

Amira
Oh sposo!
(Abbracciandosi con iscambievole tenerezza.)

Ciro
Nello stringerti al mio petto,
cara sposa, amato bene,
son men crude le mie pene,
trova pace il cor in te.

Amira
Quanta gioia in te ritrovo
non può dirlo il core oppresso;
questi sguardi e questo amplesso
te lo dicano per me...

Amira e Ciro
Di questo sen fra i palpiti
ti giura il labbro, il core,
che mai di fé, d’amore
per te non cangierò.

Amira
Ma quai voce?..

Ciro
Qual splendore?..
(Guardano entro la scena, e vedono lo splendor delle faci.)

Amira
Che fia mai?..

Ciro
Qualcun s’avanza.

Amira e Ciro
Di nostr’alme la costanza
quanto ancor soffrir dovrà!




Scena quarta
Baldassare seguito da soldati, parte de’ quali con fiaccole, e detti

Baldassare
Quivi uniti? ah qual dispetto!..
Schernire i voler miei
dunque così potete?
Perfidi, alfin dovrete
dell’ira mia tremar.

Amira e Ciro
Qual sopresa!..

Baldassare
Empi, tremate.
(Tutti rimangono estatici nella sorpresa.)

Amira e Ciro
Fiero nell’anima
terror si desta,
gli accenti arresta,
né so perché.

Baldassare
Sdegno nell’anima
fiero si desta,
l’amor m’arresta,
nè so perché.
(volto ad Amira e con espressione)
Ne dovrà piegar quel core
di quest’alma al bel desio!

Amira e Ciro
Il tuo/suo sdegno è il piacer mio,
il trionfo di mia/sua fé.

Baldassare
Verserò quel sangue, indegni!

Ciro
Io non temo.

Amira
Io non pavento.

Baldassare
(ad Amira)
Dunque invan?..

Amira
Piuttosto morte.

Baldassare
(a Ciro)
E vorrai?..

Ciro
Perir con lei.

Baldassare
Ah si tolga a me costei,
più non reggo al mio furor!

Amira e Ciro
Ah che il togliermi da lui/lei
è il maggior d’ogni dolor!

(Al comando di Badassare alcuni soldati s’avanzano circondando Ciro ed Amira, e li conducono entro la scena da parti opposte; e Baldassare seguito dalle sue guardie sorte per altra parte.)




Reggia come nell’atto primo.



Scena quinta
Zambri ed Argene

Zambri
Udisti Argene? è pronto il gran convito,
e Baldassare impone
che Amira, che tu stessa
badiate alle sue mense.

Argene
E qual piacere
nel tuo monarca è mai
d’opprimerci così? Mentre d’Amira
geme in carcer lo sposo e in ferri stretto,
ci vuol del suo diletto,
delle sue gioie a parte!

Zambri
Chi sa? forse potria
fra il piacer delle feste e l’allegria
la tua Regina con accorti modi
per il figlio, per sé, per il consorte
trovar pietà nel Re; forse... ma vanne:
nunzia del regal cenno a lei ti rendi,
teco l’adduci; addio.

Argene
Colà m’attendi.

(Partono.)



Gran sala illuminata adorna di sontuosi drappi e di vasellami ricchissimi per servizio della mensa imbandita, con coppe,
fiori e vasi sul lato sinistro della scena: le guardie ed i cori musicali vi stanno intorno.




Scena sesta
Baldassare, Zambri, Amira, Argene, Arbace con altri principi, e donne babilonesi

Coro
Intorno fumino
gli arabi odori,
le tazze versino
grati liquori;
e in tuon festevole
musici cori
contento spirino
letizia, amor.

Baldassare
Meco s’allegri ognuno: è questi il giorno,
in cui di Belo il nume
s’onora fra le tazze e fra i conviti.
Bando ai tristi pensier: le meste cure
vadan lungi dal soglio;
qui sol amor, beltà e contento io voglio.

(Li convitati siedono intorno al Re.)

Coro
In tuon festevole
musici cori
contento spirino
letizia, amor.

Baldassare
Son questi, o Zambri, i vasi
che trasser gli avi miei dal tempio odiato
del Nume degli Ebrei?

Zambri
Come imponeste, o Sire,
qui recar li feci io...

Baldassare
Ricolmi tosto
di fumoso liquor ne sugga il labbro
grata bevando, ed alle nostre menti
Gerosolima torni, e le sue genti
da noi sconfitte e vinte,
e lo scorno del Dio
che mal da lor difeso
perdette un giorno in quel tremendo scempio
il trono, l’are, i sacerdoti, il tempio.

(Tra lo scroscio del tuono e dei lampi apparisce una mano, che imprime sul muro a caratteri di fuoco MANE, THEGEL, PHARES; ed alla vista di tale prodigio s’alzano i commensali dalla tavola, e tutti rimangono nell’atteggiamento della più trista costernazione.)

Baldassare
Qual tetro orror m’assale! E chi può mai
svelar a me del Ciel le cifre ignote?
Vengan i Magi tosto, e ognun che seco
delle divine cose i sensi intenda...

(Una guardia parte al comando di Baldassare.)

Al terribile aspetto
di quella vision nel petto io sento
acerba smania, ignoto turbamento...
Sogna larve la mente?..
Oppure videro il ver questi occhi miei?..
Dove son io!.. Ma voi, che a me d’intorno
confusi e taciturni omai restate,
perché mesti così... perché tremate?..




Scena settima
Magi, preceduti dal Profeta Daniele, e detti


Baldassare
(A Daniele, che si avanza maestosamente in faccia ad esso)
E tu chi sei, che a me terribil tanto
ti presenti al mio sguardo?.. a che ne vieni?

Daniele
Daniello io son, cui d’Israello al Dio
svelar piacque talor le arcane cose:
Di qui venir m’impose
alcun de’ tuoi, né invano,
ché ben scioglier poss’io
quel che t’agita il cor dubbio tremendo,
mentre il voler del Ciel spiegarti intendo.
Ingrati al Dio d’Abramo
tu fosti e gli avi tuoi;
per lor dispersi, oppressi
furono i fidi suoi;
distrutto il tempio e profanati i vasi,
che tua preda rimasi
serviron a’ tuoi vizi e all’empie mense.
Or stanco Iddio di tollerarti omai,
t’annuzia in quello scritto
la pena meritata al tuo delitto.
Giunto è il fin di tue colpe: andrà diviso
tra Medi e Persi dell’Assiria il trono;
di Babilonia infida
spariranno le mura e la memoria;
i nemici vittoria
avran sopra di te: tu stesso e i tuoi
spersi qual polve al vento.
Il nuovo sol a nascer non vedrai,
fian l’armi tue sconfitte, e tu morrai.

Baldassare
Misero me, che intesi!.. E tanto irato
meco fia dunque il Ciel, che orrido lutto
sparger fra noi minaccia?..
Qual fredda man m’agghiaccia,
e mi restringe l’alma!.. il piè vacilla...
in me ricerco invan l’ardire usato...
Oh rimorso del cor!.. oh mano!.. oh fato!
Qual crudel, qual trista sorte
m’empie il sen d’atro cordoglio!
Penso ai figli, al regno, al soglio,
e non vedo che terror!
Alla vista orrenda e fiera
tremo, gelo e mi spavento:
cede l’alma al rio tormento,
e si perde in tanto orror!

Coro di magi
Non dar fede al labbro insano,
che t’annunzia tristi eventi:
sol vittorie e sol contenti
presagì la mano a te.
Voglion sangue i Numi, è vero,
ma per toglierti al periglio:
Cadan Ciro e sposa e figlio,
ché in tua mano il Ciel li diè.

Baldassare
E fia pur ver, che sia
dello scritto funesto
questo, o saggi, il voler?

Coro
E’ questo, è questo.

Baldassare
Abbian morte e Ciro e’l figlio,
s’eseguisca il voler mio...
sol d’Amira il sangue, oh Dio!..

Coro
Deve Amira ancor perir.

Baldassare
Ad un cenno si crudele
non resiste l’alma amante,
non sa il labbro palpitante
la sua morte proferir.

Coro
Deve Amira ancor perir.

Baldassare
Dunque vada anch’essa a morte:
Qual dolore!.. ahi quanto affanno!..
Sarai pago, o Ciel tiranno,
del mio barbaro penar!

Coro
Non temer, ché il tristo affanno
saprà il Cielo terminar.
(Tutti partono fuor che Daniele, e lo scritto sparisce dal muro.)




Scena ottava
Daniele solo

Daniele
Va’ pur crudele! è l’ora omai vicina
della vendetta orrenda...
A te pende sul capo
la spada di quel Dio, che in van non coglie.
Sazia l’empie tue voglie,
e bramin teco pur e sangue e morte
d’un profano saper ministri indegni:
l’avran fra poco, e’l verseran piangendo
con te suo Re malvagio,
e coi sudditi tuoi...
A questo suolo intorno
va già fischiando l’orrida procella:
colpirà il fulmin ratto; e quell’istesso
ch’oggi tu credi al suo morir vicino,
fatto ministro dell’eterno sdegno,
domani vincitor avrà il tuo regno.
De’ nemici le spade, le faci
struggeranno le torri, le mura,
e de’ rettili e serpi l’impura
cruda stirpe sol qui regnerà.
D’atra polve e di cenere asperso
rimarrà questo suolo infecondo,
né avrà alcun più memoria nel mondo
dove fosse l’ingrata città.
(parte)




Scena nona
Arbace con guardie, Amira ed Argene

Arbace
Perdona o Principessa, odioso incarco
pur m’è forza eseguir: guidarti deggio
al carcere di Ciro... il cor ne geme,
ma non dispera ancor... il Ciel clemente
che vede i mali tuoi
veglia alla tua salvezza,
e quanto a te il periglio è più vicino,
tanto cambiar può in lieto il tuo destino.

Amira
Più lieta son se unita a Ciro anch’io
seco potrò spirar... Timor non sente
nelle sue crude pene
quest’alma avvezza alle sventure.

Argene
Oh quanta
pietà mi desti in sen! Teco vogl’io,
seguace ognor fedele,
o vivere, o morir...

Amira
Ah! vivi, amica,
più felice di me; così potessi
salvar lo sposo e’l figlio... è questi il duolo
che mi lacera il cor, che mi tormenta.
Deh! tu se m’ami ancora
qui ti rimani, Argene: ogni tua cura
poni a salvar quegli adorati oggetti,
in cui sol vivo... Impetra a lor pietade:
a ognun ne chiedi; e piangi, e prega, e tenta
d’impietosire il Re. Nei numi io spero,
che s’io potessi udir ch’essi vivranno,
io morrei senza pena e sanza affanno.
Deh! per me non v’affliggete,
ma per lor, che piango anch’io:
è di madre il pianto mio,
è di sposa il mio dolor!
(volta al cielo)
Tu Numi de’ numi,
signor de’ viventi,
che vedi, che senti
de’ miseri il duolo
l’affanno crudel,
ascolta i miei voti,
mi salva pietoso
col figlio lo sposo,
e al duol di quest’alma
soccorri dal Ciel.

(Partono.)



Reggia.


Scena decima
Zambri

Zambri
Troppo l’ira de’ numi è manifesta.
In quelle orrende note
chi mai legger potrà felici eventi?..
Dal lungo assedio stanche son le genti,
né cessan l’armi Perse
d’assalirci ogni dì... Fremon di sdegno
pei regi prigionieri
i nemici guerrieri...
Crescono a noi d’intorno armi ed armati,
e sangue oggi si versa in queste mura.
Terribile sciagura
minaccia un uom divino: in ogni aspetto
sta dipinto il terror, né trovo un solo,
cui non regni nel cuor spavento e duolo.




Scena undicesima
Argene e detto

Argene
Deh! tu m’aita, o Zambri; al Re mi guida:
gettarmi ai piedi suoi, pregarlo io voglio
per Ciro, per la tenera consorte
pietà impetrar da lui...

Zambri
Vano desio
tu nutri, o donna... In sé raccolto giace
il mesto Re, né parla altrui, né ascolta.
Tristo, pensoso e nel suo duolo oppresso,
vieta a ognun Baldassare, e a me l’accesso.

Argene
Quanto infelici siam!.. Ma tu non puoi...

Zambri
Nulla poss’io...

Argene
Barbaro!.. E dunque ognuno
fra queste indegne soglie
ha più crudel di tigre il cor nel petto?..
No, che pietoso affetto
degl’infelici il pianto in voi non muove.
Ma verrà forse il giorno,
in cui sdegnati i numi
puniran sì feroci, empi costumi.
Chi disprezza gl’infelici,
chi il suo pianto non ascolta
sa punire il Ciel talvolta
dell’indegna crudeltà.
Cangia aspetto al suo destino,
e infelice il disumano,
chiede altrui pietade invano
se fu sordo alla pietà.
(Partono.)




Gran piazza di Babilonia. Sulla dritta, sfondo che lascia vedere la reggia di Baldassare;
sulla sinistra arco trionfale, che mette alla porta maggiore della città.




Scena dodicesima
Arbace con duci e soldati che scortano la famiglia di Ciro al luogo destinato al supplizio; tra i soldati, Ciro ed Amira in catene col figlio, Baldassare e Zambri accompagnati dalle guardie, Argene nell’atteggiamento della maggior tristezza sieguono il convoglio.
Aprendosi le file permettono d’avanzarsi nella scena a Ciro, ad Amira ed al figlio, che restano in mezzo fra Baldassare e Zambri da una parte, Arbace ed Argene dall’altra

Coro
Dunque in oggi i nume irati
voglion tanta crudeltà?..
Infelici... sventurati...
quanto mai ci fan pietà!

Ciro
Oh delle pene mie, de’ miei contenti,
fin che piacque agli Dei dolce compagna,
giunto è l’amaro istante, in cui conviene
dividerci e morir!.. Morte non teme
quest’alma, no, che ancor a morte innante
serbano gl’innocenti il cor costante;
ma fissandoti in viso...
pensando alla tua fede...
veggendomi la sposa e’l figlio accanto
regger non so, non so frenare il pianto!
(volgendosi con trasporto ad abbracciare il figlio)
T’abbraccio, ti stringo,
mio tenero figlio
col pianto sul ciglio,
coi baci d’amor.
Quel sangue che un giorno
nel sen ti versai,
tu sparger dovrai
dal misero cor.

Baldassare
Che si tarda?

Tutti
Oh quanto affanno!

Ciro
Sì vedrai, crudel tiranno
me, la sposa e’l figlio esangue,
ma innocente è questo sangue,
e dal Ciel vendetta avrà.

Coro
Pur versar dovrà quel sangue,
pur morir, oh Dio, dovrà!

Ciro
Deh! tergi, sposa, alfine
quelle lacrime amare...
Tu mi laceri il cor!.. Se m’ami ancora,
se abborri, quant’io t’amo, il Re nemico,
siam vendicati assai.
S’incontreran di Lete
colà nel guado estremo
dell’amor nostro gli ultimi sospiri;
e si diran contenti
in quel punto crudele:
spira quest’alma, o cara, a te fedele.
E lieto e contento
nel placido Eliso
lo spirto indiviso
beato sarà.
Di morte desio
nell’alma s’accende,
ché grata la rende
la tua fedeltà.

Coro
Qual pietade in sen ci desta
così rara fedeltà.

Baldassare
Ma si vada...

Tutti
Ah! non v’è scampo.
Quanto, oh Dio, quel cor è oppresso!

Ciro
(al figlio ed alla sposa)
A te un bacio... a te un amplesso,
e poi vadasi a morir.

(Il convoglio che scorta la famiglia di Ciro segue la sua marcia verso la sinistra; Baldassare e Zambri seguiti da alcune guardie s’avviano verso la reggia.)




Reggia.



Scena tredicesima
Un sordo rumore di voci e di spade annuncia combattimento e strage: le guardi vanno confusamente fuggendo per la scena,
Zambri in atto di disperazione.

Zambri
Abbia fin l’atra strage, o Dei pietosi!
Mentre in profondo sonno
sta Baldassare, han la città sorpresa
le falangi nemiche... Abbassan l’armi
vinte le nostre schiere... il sangue scorre
dentro la reggia istessa... ahimé! che fia
del Re, di noi?.. In si crudel conflitto
tu ne soccorri, o Ciel, tu ne difendi!
(snuda la spada e va per partire, ma s’incontra in Ciro)




Scena quattordicesima
Ciro ed Arbace con spada snudata, e seguito di soldati persiani e medi

Ciro
Empio! cedi quel ferro, e a me t’arrendi.

Zambri
E Ciro vive ancor!..

Ciro
Sì: vive, indegno!
Troppo nel ferir lenti
furo i ministri infami
del Re crudel, che omai qui più non regna:
e di tanti delitti il Ciel sdegnato
me soccorse pietoso e lor distrusse;
egli armò le mie schiere, ei mi condusse
a vincere, a ferir... Tu corri, Arbace,
guida i soldati miei. Del Re gli amici,
la famiglia, i congiunti abbiano morte,
né si risparmi il sangue... un Dio m’ispira:
d’un Nume irato la vendetta è questa;
compi i miei cenni, e’l mio trionfo appresta.
(Ciro parte seguito da una porzione di guardie che scortano Zambri; seco lui Arbace con l’altra porzione di guardie va dall’opposta parte.)




Scena quindicesima
Amira, Argene

Argene
Gioisce alfine, Amira: i voti tuoi
ascoltaron propizi i sommi Dei.
Gli affannosi tormenti
compensano in tal giorno; e un solo istante
rende a te, per mostrar che giusti sono,
e figlio e sposo e libertade e trono.

Amira
Col più devoto cor grazie vi rendo
Numi clementi: son per voi felice
se Ciro è vincitor e salvo è il figlio.
Tu cara Argene il sai,
se in lor sol confidai;
se del tiranno ancora
in faccia al tristo aspetto
sempre sperai dal Ciel pace e conforto.
Ora, diletta Argene,
sarai tu pur d’ogni mia gioia a parte.




Scena sedicesima
Arbace e dette

Arbace
Di lieto annunzio apportator poss’io
pur rivedervi: Ciro a sé vi chiede
ad abbellire il suo trionfo. Uscito
Dario di Babilonia,
a scorrer la Caldea spinge le schiere:
già son in suo potere
dell’Eufrate le sponde;
e da’ suoi duci invase,
d’Assiria le provincie
cedono l’armi al suo valor guerriero,
ed accrescon potere al vasto impero.

Amira
Oh quanti lieti eventi!..
A te pur grato, Arbace, e alle tue cure
è il nostro cor.

Arbace
Son pago: i miei desiri
volle compiuti il Ciel; ma dimmi, Argene,
sperar poss’io, che dopo tante e tante
prove che omai ti diei di pura fede,
in amor non sarai meco sì fiera?

Argene
Tutto vince virtù, sii fido e spera.

Amira
A Ciro, amici, andiam: clemenza e pace
in lui trovino i vinti; e la memoria
de’ perigli che a noi stavano intorno,
ci renda più gradito un sì bel giorno.
(Partono.)




Gran piazzo di Babilonia.



Scena ultima
Marcia de’ soldati che entrano per l’arco trionfale e precedono il carro su cui stanno Ciro ed Amira, seguito da duci e guardie persiane; Zambri ed altri schiavi babilonesi incatenati sieguono il suo trionfo.

Ciro, Amira, il figlio, Argene, Arbace e Zambri

Coro
Al vincitor clemente
cede l’Assiria il trono:
invoca il suo perdono,
spera da lui pietà.

Ciro
Sento che un dio m’ispira
l’insolito vigore,
per sé di Ciro il core
tanto valor non ha.

Amira
Contenta alfin respira
quest’alma in tant’orrore,
e sposo e figlio al core
tornan felicità.

Zambri
Del Ciel placata è l’ira,
speriam nel vincitore;
grande è di Ciro il core,
felice ognun sarà.

Tutti
Fra lieti evviva e cantici
di questo dì l’onore
ridoni ad ogni core
calma e felicità.

 

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© DRG, 9. Januar 2001